Un mistero che da secoli affascina le folle

Il Messaggero di sant’Antonio di febbraio dedica un ampio dossier al 750° anniversario del ritrovamento della lingua incorrotta del Santo

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Un viaggio alla scoperta di un segno divino, tra storia, devozione e spiritualità. Potremmo definirlo così il dossier, intitolato «Un mistero lungo 750 anni», che il «Messaggero di sant’Antonio» di febbraio (rivista diffusa nei cinque continenti con nove edizioni in sette lingue per un totale di circa un milione di copie) dedica alla solenne ricorrenza dei 750 anni del ritrovamento della lingua incorrotta di sant’Antonio.

Così, ancora integra, quasi appartenesse a un uomo ancora vivo, apparve la lingua del Santo a Bonaventura da Bagnoregio – allora Ministro generale dell’Ordine francescano – e alla numerosa folla di fedeli che l’8 aprile 1263, a 32 anni dalla morte di sant’Antonio, assistettero all’apertura della cassa che ne conservava i resti mortali. Lo stupore nel trovare incorrotta una parte del corpo tanto delicata fu inevitabile.

Oggi, a distanza di 750 anni da quell’episodio, la reliquia della lingua custodita nella Basilica del Santo continua ad attirare migliaia di pellegrini da tutto il mondo. 

Un dato: dei quattro milioni di persone che ogni anno affollano la Basilica del Santo, pellegrini e turisti da tutti i continenti, ben 798 mila hanno visitato, nell’ultimo anno, la cosiddetta cappella del tesoro, dove tra le reliquie più preziose figura proprio quella della lingua del Santo.

Il dossier, a cura di Alberto Friso e Giulia Cananzi, offre così un itinerario che porta il lettore a conoscere più da vicino questa reliquia tanto cara ai devoti, con una serie di servizi firmati dai giornalisti Nicoletta Masetto, Luisa Santinello e Laura Pisanello. Il dossier ospita anche i contributi di Aldo Maria Valli, giornalista vaticanista del Tg1 Rai, e di Francesco Jori, editorialista dei quotidiani locali del gruppo Espresso. 

Anche il direttore del «Messaggero di sant’Antonio», padre Ugo Sartorio, interviene nel dossier declinando la parola «Evangelizzare», così legata alla realtà della lingua incorrotta. 

Per Antonio essa «significa annunciare il Vangelo con la sua passione e competenza. La passione viene dall’amore verso Cristo, dalla preghiera costante, dall’attenzione ai bisogni dei fratelli, in particolare dei più poveri. La competenza viene dallo studio amoroso e instancabile della parola di Dio. Ricordiamo che i 77 Sermoni che il Santo scrisse negli ultimi anni di vita contengono circa 6 mila citazioni scritturistiche.

“Chi non conosce la Scrittura è un’analfabeta” sentenzia Antonio di Padova, poiché solo guardando a noi stessi nello specchio della Parola possiamo capire chi siamo realmente: “Lo specchio – continua – significa la Sacra Scrittura, nel cui splendore appaiono le nostre fattezze: donde siamo nati, quali siamo nati, a che fine siano nati”. Come sant’Antonio – aggiunge padre Sartorio – dobbiamo evangelizzare restando all’altezza del nostro tempo e, insieme, all’altezza del Vangelo».

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ZENIT Staff

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