di Luca Marcolivio
CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 13 novembre 2012 (ZENIT.org) – A margine della conferenza stampa di stamattina in Sala Stampa Vaticana, durante la quale è stata presentata la XXVII Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, Zenit ha posto alcune domande ai tre relatori principali: monsignor Zygmut Zimowski, monsignor Jean-Marie Mupendawatu, e padre Augusto Chendi, M.I., rispettivamente presidente, segretario e sotto-segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.
Interpellato sul numero di ospedali e strutture sanitarie cattoliche nel mondo, monsignor Zimowski ha parlato di circa 120mila unità, precisando che è in corso un’indagine da parte del Dicastero, al fine di aggiornare i dati, attraverso questionari, inviati a tutte le conferenze episcopali del mondo.
A tal proposito monsignor Mupendawatu ha commentato: “Lo Spirito Santo fa un lavoro che ancora ci sfugge dal punto di vista statistico”. Infatti “ogni giorno, forse ogni ora, nel mondo nasce un dispensario, una casa per bambini o un ambulatorio”.
La realtà mondiale della sanità cattolica descritta dai due presuli è molto variegata: in Africa, ad esempio, “senza il contributo dei religiosi e delle religiose cattolici, la cura della salute sarebbe molto povera”, ha dichiarato Zimowski.
Al tempo stesso, ha aggiunto Mupendawatu, in un paese come il Senegal vi è “un solo ospedale cattolico” con “un 99,9% di operatori sanitari non cattolici, mentre dello stesso totale il 99,5% sono musulmani”. Al tempo stesso in Indonesia, dove l’Islam è a larghissima maggioranza, sono diffuse molte strutture sanitarie cattoliche di varie tipologie, alcune delle quali molto efficienti ed avanzate.
Sul tema della cura del corpo che, secondo l’etica cattolica non va disgiunto dalla cura dell’anima (mentre nell’etica contemporanea secolare ed utilitarista le due pratiche tendono ad essere separati), monsignor Mupendawatu ha ricordato che gli ospedali sono stati sostanzialmente “inventati dalla Chiesa” e che personaggi come San Giovanni di Dio o San Camillo de Lellis sono i veri precursori della “sanità moderna”.
Pertanto la salus animarum, deve accompagnarsi sempre alla cura del corpo: si può parlare, infatti, di “anima e corpo in senso spirituale”, ha detto il segretario del Dicastero vaticano per la sanità.
Al tempo stesso, ha aggiunto, in molti ospedali scarseggiano figure sacerdotali e cappellani, fondamentali per la distribuzione del viatico o dell’eucaristia o per l’amministrazione del sacramento della penitenza.
Secondo padre Chendi “in una concezione moderna, le due dimensioni di corpo e spirito devono trovare una nuova integrazione. In questo senso, credo che la l’operatore sanitario e il cappellano costituiscano due figure fondamentali ai fini del recupero della dignità umana, ovvero della sacralità della vita”.
Il sotto-segretario del Dicastero vaticano per la sanità ha poi sottolineato l’importanza della formazione degli “operatori spirituali” di cui il Pontificio Consiglio preposto da sempre si occupa.
Un ulteriore aspetto con cui le pastorali sanitarie di tutto il mondo hanno a che fare è la dimensione della conversione e della più o meno forte miscredenza di molti pazienti. In tal senso l’ospedale è un “luogo delicato” di cui usufruiscono pazienti e famiglie spesso “lontane da Cristo, da Dio, dalla Chiesa”, ha osservato monsignor Zimowski.
“Ci vuole una buona preparazione non solo teologica ma anche psicologica dei cappellani e dei gruppi pastorali, per aprire il cuore di un malato – ha detto il presule -. È necessario, tuttavia, che sia aperto anche il cuore dei medici e dei sacerdoti per donare questa ‘goccia d’ulivo’ che aiuti ad aprirsi alla trascendenza”.
Ovviamente in questa pastorale è fondamentale “pregare per questi malati, se davvero vogliamo aiutarli”. Ed è decisivo che “tutta l’atmosfera dell’ospedale aiuti i pazienti a riscoprire la fede”, ha poi concluso Zimowski.
[Ha collaborato Antonio Gaspari]