ROMA, martedì, 12 novembre 2012 (ZENIT.org) – Sette cortometraggi, girati tra il 1957 e il 1969, per raccontare uno spaccato di quello che fu lo sforzo dell’industrializzazione nel Mezzogiorno negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Questo è il contenuto della rassegna cinematografica: Memoria contesa/Memoria condivisa. L’industrializzazione nel Mezzogiorno: tra il nuovo e l’antico, che si svolgerà a Roma, giovedì 22 novembre (10.00-13.00) presso la sede della Fondazione Giulio Pastore, via del Viminale, 43.
La rassegna – inserita negli eventi della XI edizione della Settimana della cultura d’impresa di Confindustria (19-25 novembre 21012) – è curata da Costantino Coros, promossa dall’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa e la Fondazione Giulio Pastore, in collaborazione con Museimpresa. In quegli anni, imprese come Eni, Montedison, Montecatini, investirono nella siderurgia, nel petrolchimico, nel minerario e nella produzione di materiali in Moplen utili al lavoro quotidiano, altre, come l’Olivetti, nelle macchine calcolatrici.
La speranza era di poter fermare il flusso migratorio, dando lavoro alle genti del Sud, attraverso grandi insediamenti industriali. Fu un racconto quasi epico, descritto mettendo a confronto il vecchio e il nuovo; ovvero, la necessità dello sviluppo industriale con la forte volontà di una cultura contadina che non voleva perdere le proprie radici.
Cinema e industria. A cominciare dalla metà degli anni Cinquanta il sistema produttivo italiano si sentiva pronto ad assumere la guida di una stagione che trovava il proprio punto di riferimento nel rimodellamento dei legami fra economia e società. L’industria usciva dal suo guscio e iniziava a permeare la società, attirando a sé forze lavoro lontane dai tradizionali bacini. Allargava i suoi confini sociali per interessare territori che non erano ancora stati toccati dalle logiche operative delle grandi imprese del Nord, come il Mezzogiorno d’Italia.
Le zone rurali subirono un continuo spopolamento fungendo da fornitrici di manodopera per l’industria in espansione. La velocità con cui si compì il processo di modernizzazione materiale non andò di pari passo con quello culturale della società. Per questo negli anni Sessanta era possibile trovare diversi accenti di contrapposizione tra gli antichi punti di riferimento culturali tipici di una società contadina e i nuovi orizzonti di visione globale del mondo introdotti dalla trasformazione tecnologica.
Questo patrimonio d’immagini, da un lato consente di ripercorrere l’evoluzione della produzione industriale, dei rapporti sociali, dell’economia e del lavoro e dall’altro permette di cogliere molti aspetti e sfaccettature che le fonti scritte alle volte non mettono bene a fuoco. Nei filmati prodotti dalle imprese, i valori di riferimento sono soprattutto la laboriosità finalizzata alla produttività, con lo scopo d’incentivare i consumi, veri nuovi punti di riferimento della società industriale nata dalle ceneri del secondo dopo guerra.
Al servizio dell’uomo. Questa trasformazione epocale non passò inosservata agli occhi della Chiesa, infatti, è del 7 dicembre 1965 la promulgazione della Costituzione pastorale Gaudium et Spes, sul mondo contemporaneo, uno dei documenti più significativi elaborati dal Concilio Vaticano II. In esso si affrontano questioni legate alla condizione dell’uomo nel mondo contemporaneo, come il matrimonio, la famiglia, la promozione della pace, ma anche la vita economico-sociale e lo sviluppo economico. I progressi della tecnica sono accolti con favore a patto che non siano soltanto diretti al profitto fine a se stesso, ma secondo il disegno di Dio, siano al servizio dell’uomo per costruire un mondo di pace.
Al punto 64 si afferma che: “[…] sono da favorire il progresso tecnico, lo spirito d’innovazione, la creazione di nuove imprese e il loro ampliamento, l’adattamento dei metodi dell’attività produttiva e dello sforzo sostenuto da tutti quelli che partecipano alla produzione, in una parola tutto ciò che possa contribuire a questo sviluppo […]”, ma allo stesso tempo, si precisa che: “[…] il fine ultimo e fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni prodotti, né nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensì nel servizio dell’uomo: dell’uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto della gerarchia dei suoi bisogni materiali e delle esigenze della sua vita intellettuale, morale, spirituale e religiosa; di ogni uomo, diciamo, e di ogni gruppo umano, di qualsiasi razza o continente. Pertanto l’attività economica deve essere condotta secondo le leggi e i metodi propri dell’economia, ma nell’ambito dell’ordine morale, in modo che così risponda al disegno di Dio sull’uomo”. Continuando la riflessione, il punto 67 si sofferma sulla figura dei lavoratori, ai quali “[…] va assicurata […] la possibilità di sviluppare le loro qualità e di esprimere la loro personalità nell’esercizio stesso del lavoro. Pur applicando a tale attività lavorativa, con doverosa responsabilità, tempo ed energie, tutti i lavoratori debbono però godere di sufficiente riposo e tempo libero, che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa […]”, infine, nella parte dedicata alle conclusioni, al punto 92, viene ricordato che in quanto uomini e donne: “[…] essendo Dio Padre principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a una sola e identica vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace”.
Proiezioni.
Gela antica e nuova di Giuseppe Ferrara, Eni, 31’, 1964.
Quattro volte Brindisi di Giovanni Cecchinato, Montecatini, 17’, 1964.
Qualcosa di nuovo fra gli olivi di Giovanni Cecchinato, Montecatini, 8’, 1965.
Sud come Nord di Nelo Risi, Olivetti, 15’, 1957.
Un Mestiere per Tutuzzo di Giovanni Cecchinato, Montedison, 12’, 1961.
Buon lavoro sud di Giovanni Cecchinato, Montedison, 16’, 1969.
A Gela qualcosa di nuovo di Fernando Cerchio, Eni, 18’, 1969.
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