Essere in grazia di Dio abbellisce l'anima

Il fondatore dei Francescani dell’Immacolata spiega il significato dell’Eucaristia

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di padre Stefano Maria Manelli

ROMA, martedì, 31 luglio 2012 (ZENIT.org) – L’Eucaristia è la sintesi del mistero dell’Incarnazione e del mistero della Redenzione. Gesù, il Verbo Incarnato e Redentore universale, si è fatto “Pane” e “Vino”, si è fatto cibo e bevanda per donare ad ogni uomo tutto Se stesso in Corpo, Sangue, Anima e Divinità.

Ancora: l’Eucaristia è la sintesi del mistero di Maria Santissima, Madre di Gesù, e del mistero della

Chiesa, Corpo di Cristo, di cui Ella è la Madre. Il Corpo e il Sangue di Gesù, infatti, sono da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo. Le membra del Corpo di Cristo costituiscono la Chiesa dei redenti, per cui«l’Eucaristia edifica la Chiesa», come ha scritto il Papa  Giovanni Paolo II nella Enciclica “Ecclesia de Eucharistia”, ove spiega che la Chiesa è costituita, vive, si nutre, opera e cresce per l’Eucaristia (cf. nn. 21-33).

L’istituzione dell’Eucaristia, che è Sacrificio e Sacramento, viene contemplata nel quinto “mistero della luce”, ossia al centro e al cuore, può dirsi, dell’intero Rosario di Maria. Con gli occhi e con il cuore di Maria Santissima, quindi, durante la recita del Rosario, noi siamo spinti a meditare sull’Eucaristia, contemplando il mistero dell’amore di Gesù che supera ogni limite, che arriva «all’eccesso», ossia, può dirsi, alla «follia» dell’amore (cf. Gv 13,1).

Nella vita di san Gerardo Maiella leggiamo che stando il Santo davanti all’altare del Santissimo, capitava che non si contenesse più, a volte, nel parlare a Gesù con sospiri ardenti e con parole brucianti di amore. Un giorno Gesù gli disse: «Ma sei proprio un pazzerello, Gerardo!..».

E san Gerardo, di rimando: «Gesù mio, il pazzerello siete Voi che ve ne state qui per amor mio».

Recitando il quinto “mistero della luce” del Rosario, Maria Santissima vuole animarci ad accogliere in noi l’Eucaristia con il suo stesso Fiat di fede e di amore, pronunciato all’Annunciazione e confermato sul Calvario, ai piedi della Croce. Con la sua immacolatezza e pienezza di grazia, Maria Santissima accolse il Verbo nel suo cuore e nel suo corpo verginali; con la sua “compassione” di amore redentivo, Ella immolò e offrì anche se stessa con il Figlio Redentore per la salvezza nostra.

Meditando il quinto “mistero della luce” e guardando l’Immacolata Corredentrice, quale non dovrebbe essere la nostra disposizione interiore di fede e di amore, di purezza e di sacrificio nel partecipare alla Santa Messa e nel ricevere la Santa Comunione? Con quali desideri ardenti non dovremmo accostarci all’altare per nutrirci e saziarci dell’Agnello immolato?

«E lo sguardo rapito di Maria – scrive il Papa Giovanni Paolo II – nel contemplare il volto di Cristo appena nato e nello stringerlo fra le sue braccia non è forse il modello inarrivabile di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra Comunione eucaristica?» (n. 55).

Alla scuola di Maria Santissima si può dire che tutti i Santi hanno coltivato il desiderio più ardente dell’Eucaristia di cui nutrirsi. San Filippo Neri soffriva visibilmente se non poteva celebrare la Santa Messa o ricevere la Santa Comunione alle prime ore del mattino. E quanti non ricordano san Pio da Pietrelcina che celebrava alle quattro del mattino? San Pietro Giuliano Eymard, all’età di cinque anni, diceva a sua sorella: «Te fortunata, che puoi comunicarti! Fa’ la Comunione anche per me».

San Giuseppe Moscati, medico, alle cinque del mattino partecipava in ginocchio alla Santa Messa per ricevere la Comunione. E che cosa dire dei desideri eucaristici di san Pasquale Baylon, di santa Margherita M. Alacoque, di sant’Alfonso M. de’ Liguori, di santa Bernardetta Soubirous, di san Pio X e di santa Gemma Galgani? 

Se guardiamo a noi, invece, quanto grande non è la nostra indifferenza e freddezza verso l’Eucaristia! Lo dimostrano le Chiese vuote nei giorni feriali, con i sacerdoti che spesso devono celebrare ai … banchi! Lo dimostra il calo spaventoso della partecipazione alla Santa Messa domenicale. Lo dimostra l’insensibilità e la trascuratezza nei riguardi del culto eucaristico. Quanta tristezza dovremmo provare!

Non meno importante, inoltre, è meditare con Maria, nel quinto “mistero della luce”, sul valore sacrificale dell’Eucaristia, come si esprime il Papa Giovanni Paolo II, affermando, testualmente, che «Maria fece sua, con tutta la sua vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione sacrificale dell’Eucaristia» (n. 56).

Se è vero, infatti, come è verissimo, che «il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio», come insegna il “Catechismo della Chiesa Cattolica” (n. 1382), non può non essere vero che i fedeli «partecipando al Sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con essa», come insegna il Vaticano II (Lumen gentium 11). Partecipare all’Eucaristia, quindi, significa farsi partecipe del Sacrifico di Cristo, come Maria ai piedi della Croce.

E proprio a Lei, alla Madre purissima, chiediamo di farci meno indegni del Sacrifico eucaristico e di avere sempre la grazia di Dio nell’anima prima di accostarci alla mensa del Sacrificio. Per non commettere un orribile sacrilegio, perciò, quando fossimo consapevoli di una colpa grave, anche se pentiti, ricordiamoci che è sempre necessario «premettere la confessione dei peccati» e ricevere l’assoluzione dei peccati, come ribadisce il Papa Giovanni Paolo II, e come conferma con chiarezza il “Catechismo della Chiesa Cattolica”: «Chi è consapevole di avere commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione» (n. 1385).

Essere in grazia di Dio, anzitutto, è abbellire l’anima con atti di amore e di sacrificio: così si partecipa al Sacrificio eucaristico e ci si prepara a ricevere bene la Divina Eucaristia. È così, infatti, che la piccola santa Teresa di Gesù Bambino si preparò alla sua Prima Comunione, come scrisse ella stessa: «Facevo ogni giorno un bel numero di atti di sacrificio e di amore, che si trasformavano in altrettanti fiori, ora in mammole, ora in rose, ora in fiordalisi, in pratoline, in una parola in tutti i fiori della natura, perché essi dovevano comporre in me la culla per Gesù».

Meditando l’Eucaristia, alla scuola di Maria Santissima e sull’esempio dei Santi, vogliamo imparare ad amare l’Eucaristia per arrivare a nutrirci ogni giorno del “Pane degli Angeli”, del “Pane dei forti”, e così essere trasformati anche noi in Ostie di amore eucaristico.

Virtù da praticare: Amore all’Eucaristia. 

* Per ogni approfondimento: Padre Stefano Maria Manelli, “O Rosario benedetto di Maria!” (Casa Mariana Editrice)

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ZENIT Staff

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