Divenire terra buona che dà frutto

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio

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ROMA, venerdì, 27 luglio 2012 (ZENIT.org).

Vangelo

Matteo 13,16-17

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».

Lettura

C’è un dettaglio, nella spiegazione che Gesù dà della parabola del seminatore, che rischia di sfuggire, ma è significativo: il frutto non è uguale nella sua resa (cento, sessanta, trenta), ma ciò non sminuisce il suo essere comunque vero frutto. In questo particolare appare tutta la differenza tra il modo di agire di Dio e quello dell’uomo. Dio accoglie e conduce ciascuno per quello che è e ne gioisce. L’uomo no, e la sua volontà di volere sempre il massimo lo rende cieco su di sé e sugli altri.

Meditazione

Gesù sceglie non a caso l’immagine del seminatore: evidentemente, essa è in grado di veicolare prima di tutto qualcosa di lui, della sua umiltà e mitezza di cuore, della sua volontà di essere vicino e di ristorare gli affaticati e gli oppressi, perché è in tutto questo che si rivela la natura e la grandezza del regno di Dio ormai vicino. Il seminatore, infatti, ha un unico scopo: che la terra produca i suoi frutti. Da questo punto di vista, egli è un servitore: si mette a servizio della terra dando l’unica ricchezza che egli possiede, il seme. Inoltre, egli “getta” il seme. In questa immagine, non si parla dell’aratro, perché esso assomiglierebbe a qualcosa che “ferisce” la terra. Gesù, invece non vuole “ferire” nessuno: la sua parola non può, non vuole e non deve essere usata come un’arma “contro”. Proprio perché l’azione del seminatore è un servizio, un “gettare” senza arare, essa ha come controparte quella di rivelare la “verità” del terreno su cui il seme cade. Proprio perché si tratta di un terreno non precedentemente preparato, l’arrivo del seme non fa che certificarne l’idoneità o meno a riceverlo e a farlo fruttificare. Su questa linea si muove la spiegazione della parabola data da Gesù, in cui il terreno che dà frutto riceve questa sua capacità da quel che è, non dal lavoro di qualche contadino. La parola del regno è un evento che rivela quel che realmente c’è nel cuore umano che la ascolta, senza che esso si possa nascondere dietro maschere di comodo e di convenienza. Solo grazie a questa rivelazione è possibile la conversione. L’immagine del seminatore così intesa si salda quindi con l’immagine del pastore utilizzata dal profeta Geremìa: Gesù raduna e riscatta i suoi servendoli, donando loro la possibilità di non seguire più la caparbietà del cuore malvagio, ma di produrre piuttosto opere di giustizia, con scienza e intelligenza.

Preghiera

Signore Gesù, la tua parola potente, viva ed efficace, abbatte ogni maschera e ogni falsità, rivelando il cuore di chi ascolta, perché sappia dove si trova rispetto al regno di Dio ormai vicino. Donaci il tuo Spirito, perché susciti in noi la volontà di essere terreno buono che porta frutto, nel rispetto del cammino e dei frutti di ogni fratello e sorella, a gloria del Padre.

Agire

Oggi non voglio aver paura che la parola di Dio riveli quel che sono veramente. 

La meditazione quotidiana è un servizio offerto dal Regnum Christi. Le riflessioni sul vangelo del giorno sono tratte da Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART.

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ZENIT Staff

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