ROMA, martedì, 24 luglio 2012 (ZENIT.org) – Il responsabile della comunicazione di Caritas Internationalis, Ryan Worms, ha denunciato la situazione nella regione africana del Sahel, dove 18 milioni di persone si confrontano quotidianamente con la fame, e ha lanciato un appello ai cattolici per continuare a dare il loro sostegno alle popolazioni colpite.
In un’intervista rilasciata all’agenzia ACI Prensa, Worms ha spiegato che, anche se il lavoro della Caritas viene molto apprezzato dagli abitanti della regione, bisogna continuare gli aiuti perché “per i cattolici, tutti siamo fratelli e sorelle, non importa il Paese, non importa la religione, e neppure il colore della pelle”.
“Quando qualcuno soffre, dobbiamo aiutarlo, perché questa gente soffre veramente. Immaginate il dolore di una madre, di non sapere ogni mattina se potrà dare qualcosa a mangiare al suo bambino, questa è una sofferenza che non si può tollerare, quindi bisogna essere solidali con queste popolazioni”, ha detto.
La situazione nel Sahel è allarmante. Questa fascia di terra – la parola araba sāhil significa del resto “costa” o “riva” – a sud del deserto del Sahara registra infatti una significativa diminuzione delle risorse alimentari per la mancanza di pioggia e l’avanzamento del deserto.
Burkina Faso, Camerun, Ciad, Gambia, Mauritania, Mali, Niger, Nigeria e Senegal sono i Paesi in cui la Caritas sta realizzando un grande lavoro, alimentando e promuovendo l’autosostentamento di un totale di 700.000 persone, “anche se comunque molto rimane ancora da fare”, ha proseguito Worms.
Inoltre, l’ONU ha annunciato la scorsa settimana che un’epidemia di colera sta aggravando ulteriormente la già insostenibile situazione dei bambini e degli sfollati in fuga dalla violenza e dall’instabilità politica in Mali.
Secondo i dati dell’UNICEF, l’epidemia di colera ha ucciso quasi 700 persone nell’Africa occidentale e centrale, dove sono stati registrati più di 29.000 casi. In una sola settimana, sono stati diagnosticati nel nord del Mali 34 casi di colera, molti dei quali bambini, di cui due sono deceduti.
Da metà giugno, il numero di persone colpite da questa malattia è aumentato fortemente nella zona, specialmente nelle regioni del Niger dove, secondo il ministero della Sanità di Niamey, il numero dei malati è quasi triplicato nella prima metà del 2012 rispetto all’anno scorso.
Un ulteriore problema – ironia della sorte – è l’arrivo della stagione delle piogge, che ha gravemente peggiorato l’accesso ai campi profughi, in particolare in Niger e Burkina Faso.
Worms ha spiegato che “oggi la Caritas sta fornendo assistenza a 700.000 persone nella regione, ma, naturalmente, serve più aiuto”.
“Fino ad oggi, i cattolici hanno dato già 11 milioni di dollari per aiutare la popolazione, ma serve molto di più. Il modo migliore per aiutare è quello di mettersi in contatto con Caritas Internationalis e vedere come si può fare una donazione per la crisi nel Sahel”, ha aggiunto.
Il portavoce di Caritas ha proseguito dicendo che il lavoro dell’organizzazione è molto ben accolto dagli abitanti della regione, “è molto importante, secondo la mia esperienza in Nigeria – un Paese a maggioranza musulmana – in tutti i villaggi dove siamo stati ci è stato detto: ‘Caritas è sempre al nostro fianco, ci accompagna sempre, non solo un momento, per andare lì, stiamo a distribuire cibo e già ce ne andiamo, no. È un gran lavoro’”.
Caritas “ha volontari, professionisti che sono sempre dalla parte del popolo, e che hanno un rapporto di fiducia con questa popolazione, e quindi l’accettazione è molto grande”. Per questo, la solidarietà dei cattolici “è qualcosa di estremamente importante”.
Il lavoro della Caritas nel Sahel consiste in primo luogo nel dar da mangiare a chi ne ha più bisogno, ovvero i bambini al di sotto dei 5 anni e le loro madri. Per fare questo, mette a disposizione delle persone dei centri alimentari, dove i bambini malnutriti possono essere assistiti e seguiti. Anche le mamme ricevono cibo affinché producano il latte necessario per i loro bambini.
Un’altra campagna mira a distribuire delle sementi autoctone agli agricoltori locali, che permette ai contadini che non trovano i semi da piantare, specialmente adesso che sta arrivando la stagione delle piogge.
Altri esempi di programmi sviluppati dalla Caritas sono quello chiamato “cibo o denaro in cambio di lavoro”, cioè lavorare per ripristinare il suolo o i sistemi di irrigazione per raccogliere l’acqua piovana. In cambio di questo lavoro, Caritas offre denaro ai lavoratori, se c’è cibo disponibile sui mercati locali o, se non c’e, offre direttamente il cibo.
“La fase in cui ci troviamo adesso – ha proseguito Worms – è la distribuzione gratuita di cibo, perché i contadini che inizieranno a lavorare nei campi hanno bisogno di mangiare bene, per avere la forza per andare a lavorare. E dunque qui distribuiamo direttamente cibo”.
“Quando vediamo popolazioni come nella regione del Sahel, che soffrono tanto, non possiamo essere indifferenti e non essere presenti sul terreno”, ha concluso Worms.