di Maurizio Moscone
ROMA, venerdì, 20 luglio 2012 (ZENIT.org).- Ernesto Galli della Loggia, in un editoriale sul Corriere della Sera del 13 luglio 2012, evidenziava come la classe politica attuale non si senta affatto responsabile delle scelte operate nel passato dai partiti che hanno governato lo Stato e gli Enti locali dal dopo guerra ad oggi. Scelte che hanno determinato la crisi finanziaria, economica, istituzionale in cui versa oggi il nostro Paese.
Galli della Loggi scrive: “Oggi […] nessuno sembra essere responsabile di nulla. Una perfetta impudenza appunto. Debito pubblico cresciuto a livelli vertiginosi. Spesa pubblica oggetto di sprechi di ogni tipo e misura. Un’amministrazione di inefficienza conclamata. […] La lottizzazione partitica dominante dappertutto. Un welfare costruito a tutela dei più forti. […] Una giustizia di cui i cittadini diffidano. Carceri in condizioni orripilanti. Sì, questo è il panorama vero e angoscioso dell’Italia di oggi. Ma è un panorama orfano di padri. […] Tutti innocenti. A cominciare dai partiti che fino a novembre dell’anno scorso hanno governato in ambito locale e nazionale”.
Nessuno esponente di partito ha riconosciuto le proprie responsabilità riguardo alla fallimentare gestione passata della cosa pubblica, che ha causato la crisi attuale.
Infatti, soprattutto l’enorme debito accumulato dallo Stato è la conseguenza di decenni di sprechi nella spesa pubblica e di disonesta amministrazione effettuati da una classe politica che non si è mai seriamente interrogata sulle conseguenze future delle proprie scelte economico-finanziarie.
E’ mancata, usando il linguaggio di Hans Jonas, un’”etica del futuro”. Questo filosofo criticava l’etica tradizionale, che “aveva a che fare con il qui e l’ora” , e non si occupava delle conseguenze future delle azioni umane, poiché i rapporti umani si svolgevano in tempi e spazi delimitati e le scelte morali non “erano oggetto di pianificazione a distanza” .
La responsabilità per il futuro, che è al centro della riflessione etica di Jonas, è stata assente nel mondo politico, per cui è oggi necessaria una presa di coscienza perché non si ripetano gli errori del passato, ma si compiano scelte di carattere economico e sociale che favoriscano la ripresa del Paese e il benessere delle nuove generazioni.
Questa presa di coscienza riguarda tutti i politici e, in particolare, i cattolici che per decenni hanno governato l’Italia tramite la Democrazia Cristiana, perno della vita politica dal dopo guerra agli anni Novanta. Essi sono più responsabili di altri dell’attuale crisi.
La Democrazia Cristiana è stata sicuramente la massima artefice della ricostruzione dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale ed è merito di De Gasperi, alla guida di un governo centrista dopo le elezioni vinte dalla DC nel 1948, se la Nazione si è emancipata dalla condizione di miseria e di arretratezza causate dal conflitto bellico e si sono affermati i valori della democrazia e della libertà..
De Gasperi fu alla guida del governo fino al 1953. Nel campo economico adottò una politica liberista e antistatalista. Dopo la morte di De Gasperi si sono succeduti governi centristi fino al 1961. Tali governi hanno assicurato lo sviluppo del Paese, favorendo il “miracolo economico”, che ha condotto l’Italia da una condizione di povertà a una di benessere.
Nel 1963 la Democrazia Cristiana formò un governo di centro-sinistra, insieme ai repubblicani, ai socialdemocratici e ai socialisti. I governi di centro-sinistra che si sono avvicendati nel Paese fino al ’68 sono stati caratterizzati da una politica economica statalista, che favorì la nazionalizzazione delle industrie, come nel caso dell’industria elettrica e comportò un aumento abnorme del debito pubblico.
Questo debito è aumentato nel tempo fino a raggiungere i livelli attuali. Dall’attuale crisi economico-finanziaria non si può uscire se alla guida del Paese ci saranno politici che hanno di mira soltanto il “proprio particulare”, come diceva Guicciardini.
E’ necessaria la formazione di una nuova generazione di politici che abbiano a cuore il bene del Paese e che orientino le proprie scelte in campo economico e sociale per favorire lo sviluppo e il progresso della Nazione.
La Chiesa non è indifferente a questo genere di problemi. Infatti, il Presidente della C.E.I. Cardinale Bagnasco ha affermato (il 23 maggio 2011) che la Conferenza Episcopale Italiana è impegnata a “preparare una generazione nuova di cittadini che abbiano la freschezza e l’entusiasmo di votarsi al bene comune”, e il Papa, durante un convegno ecclesiale svoltosi ad Aquileia (7-8 maggio 2011), ha chiesto alla Chiesa “l’impegno a suscitare una nuova generazione di uomini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in particolare in quello politico” e ha ricordato la tradizione del cattolicesimo di “testimoniare Dio anche attraverso la promozione del bene comune”.
Oggi nella Chiesa sono presenti molti giovani che, soprattutto nei movimenti e nelle nuove comunità, vivono in modo autentico la propria fede e l’appartenenza ecclesiale, la loro presenza è di per sé una buona notizia e un motivo di ottimismo per il domani, perché da loro potranno provenire i futuri politici cattolici.