Chi può parlare di Dio?

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio

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ROMA, mercoledì, 18 luglio 2012 (ZENIT.org).

Vangelo

Matteo 11,25-27

In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Lettura

L’apostolo Paolo ricorda ai Galati e a noi che il Vangelo non è modellato sull’uomo: non corrisponde, cioè, ai suoi deliri di grandezza e di onnipotenza, che il più delle volte sono un mezzo per tacitare le paure che si agitano nel cuore. Esso è patrimonio dei piccoli, di coloro, cioè, che sono disposti ad accettare la condizione umana come esperienza aperta all’amore nonostante siano violentati ed oppressi.

Meditazione

Le letture presentano oggi le figure del “grande” e del “piccolo” a confronto con Dio. Il profeta Isaìa descrive il “grande” e quello che è il suo peccato “originale”: mettersi al posto di Dio, facendo della propria forza e della violenza il segno di ciò che è divino. È vero che Dio è il grande e il forte, ma egli non è il violento. La violenza non può mai aspirare ad essere un segno della presenza e dell’azione di Colui che è grande e forte. Il violento, quindi, anche se proclama l’annuncio fondamentale dei credenti, “Dio è con noi”, ponendosi come suo profeta, non lo potrà mai essere. Il Vangelo racconta invece il “piccolo” e quella che è la sua santità “originale”: riconoscere che la forza e la grandezza di Dio si esprimono nella benevolenza e nella cura per colui e colei che vengono ingiustamente esclusi, calpestati, violentati, emarginati, assassinati. Il “grande”, volontariamente rinchiusosi nel suo peccato “originale”, non può riconoscere Gesù e la sua reale potenza, perché nulla di violento e di mortifero si trova in essi: è questo il peccato contro lo Spirito Santo, il peccato di cui Gesù dice apertamente non esserci remissione. Il “piccolo”, al contrario, è colui che sa riconoscere la verità di Gesù e della sua onnipotenza («tutto mi è stato dato dal Padre mio»), perché entrambi sono posti sotto il segno della benevolenza divina, della cura e dell’amore per i viventi. Grazie a questo riconoscimento, il “piccolo” può quindi accogliere Gesù come il Signore e il Rivelatore ed esserne il testimone fedele davanti agli uomini: egli è così colui che, al contrario del “grande”, è pieno di Spirito Santo, vive dello Spirito, agisce e opera nello Spirito. Il “piccolo”, allora, è, per utilizzare le parole del Vangelo di ieri, il vero penitente, perché in stato di continua conversione da tutto ciò che, in un modo o nell’altro, scambia il Dio vivente con gli idoli fatti da mano d’uomo.

Preghiera

Signore Gesù, tu benedici il Padre perché egli ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti e ciò che è nulla per ridurre al nulla chi pretende di essere il tutto a scapito degli altri; donaci il tuo Spirito, perché ci insegni la via della piccolezza che non è pusillanimità, ma impegno evangelico serio affinché la benevolenza divina sia il motore del progresso e della storia.

Agire

Oggi non voglio lasciarmi guidare da qualsiasi forma di violenza. 

La meditazione quotidiana è un servizio offerto dal Regnum Christi. Le riflessioni sul vangelo del giorno sono tratte da Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART.

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ZENIT Staff

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