di Anne Kurian
ROMA, venerdì, 13 luglio 2012 (ZENIT.org) - La Chiesa incoraggia i cristiani a formarsi per essere “presenti nella società” e a “rendere conto della loro fede” in modo credibile, in una prospettiva di “ricerca del ben comune per l'intera società”.
Lo ha dichiarato in un'intervista a ZENIT il segretario generale della Conferenza Episcopale di Francia (CEF), monsignor Antoine Hérouard, che, dal 29 giugno al 2 luglio scorso, ha partecipato al 40° Incontro dei segretari generali delle conferenze episcopali, tenutosi in Scozia.
Qual era lo scopo di questo incontro?
Mons. Antoine Hérouard: È stato in primo luogo un incontro di riflessione comune e di condivisione. Le esperienze, le situazioni, variano da un Paese all'altro ed è sempre interessante ed arricchente poter condividere e conoscere quello che succede altrove. È anche importante poter spiegare come le cose vanno nel proprio Paese. Per me è stata l'occasione per testimoniare la vitalità della Chiesa in Francia che, anche se conosce delle difficoltà, ha un dinamismo reale, compreso nell'espressione della fede dei cristiani nella società.
Cosa ha imparato dall'incontro?
Mons. Antoine Hérouard: Il tema generale della riunione era il modo in cui i cristiani possano collocarsi nella società odierna, nella prospettiva della Nuova Evangelizzazione. Ho imparato che è necessario che la Chiesa e i cristiani, sia al livello dei responsabili che dei fedeli, siano presenti nella società ed esprimano quello che pensano, in una prospettiva di ricerca del bene comune per l'insieme della società. Non significa che i cristiani debbano essere una sorta di “super-lobby” attiva che vuole imporre un certo numero di cose alla società, ma che permettano all'insieme dei cittadini di riflettere sulle sfide fondamentali, in particolare la dignità umana, il rispetto per i più piccoli, i valori della solidarietà.
La dichiarazione finale rivolge un appello a tutti i fedeli di crescere nella “virtù dell’eccellenza”, e in particolare dell’“eccellenza intellettuale”. Cosa significa?
Mons. Antoine Hérouard: Viviamo in Europa, in una società segnata dalla perdita di fede e dalla secolarizzazione. Di fronte a questo, varie soluzioni sono state indicate, specialmente per quanto riguarda la relazione con il mondo politico, l'espressione pubblica nei diversi Paesi europei, ma anche riguardo la relazione con il mondo della cultura. Abbiamo sollevato la necessità di un'espressione della fede che sia radicata e che possa essere in dialogo con i pensatori di oggi. Bisogna sottolineare, a tal proposito, la difficoltà per un certo numero di cristiani di essere capaci di rendere conto in modo credibile e semplice del loro proprio percorso di fede. Ecco quello che intendiamo con “eccellenza intellettuale”.
È dunque un appello ad approfondire la propria fede?
Mons. Antoine Hérouard: Sì. Si tratta anche della capacità di dire qualcosa sulla propria fede, di esprimerla, di mostrarne la sua coerenza, e dimostrare che non sono degli elementi a cui si crede vagamente. Si tratta di costruire una “colonna vertebrale cristiana”, per così dire.
Quali sono gli strumenti per costruire questa “colonna vertebrale ?
Mons. Antoine Hérouard: Penso che molto avviene nella formazione. Sia nel percorso catechetico che nella formazione complementare, sia biblica, teologica o altra. Si tratta di tutto ciò che permette ai cristiani di riflettere sulla loro fede. Le omelie domenicali hanno anche questo ruolo. Oggi, siamo in un mondo in cui è comune, nei luoghi di lavoro ad esempio, formarsi per tutta la vita. In questo contesto, non è molto normale che, a livello di fede, si rimanga ad espressioni che risalgono all'infanzia. Dobbiamo approfondire la fede.
Qual è la situazione in Francia?
Mons. Antoine Hérouard: Molte iniziative vengono lanciate in questo campo. Moltissimi cristiani si formano, sia negli istituti cattolici che nell'ambito della pastorale diocesana. Alcuni si formano in vista di una missione affidata loro dalla Chiesa. Altri lo fanno in modo più personale, per la loro propria comprensione della fede. Dobbiamo aiutare i cristiani francesi a rendersi conto del fatto che la fede non debba essere completamente privatizzata, che non ne sono i proprietari. Al contrario, anche loro devono esprimerla, condividerla, saper renderne conto, non in modo aggressivo, né sentendosi accusati o perseguitati dagli altri, ma in un dialogo. E i cristiani devono essere credibili in questo dialogo.
[Traduzione dal francese a cura di Paul De Maeyer]