di Giuseppe Adernò
ROMA, lunedì, 9 luglio 2012 (ZENIT.org) – La situazione economica nazionale è nel segno rosso e tutto è determinato dalla politica dei tagli e delle riduzioni nella spesa pubblica, a scapito purtroppo dei servizi e dei cittadini.
La recente polemica in coincidenza con la spending review che condizionerà l’organizzazione funzionale del servizio scolastico ha fatto travisare il finanziamento di 200 milioni di euro alle scuole paritarie, previsto dalla Legge 62/2000 concepita come attuazione dell’Art. 33 della Costituzione. L’annunciato finanziamento risulta notevolmente ridotto rispetto alle previsioni, in relazione ai servizi prestati e se verrà confermata l’assegnazione per il 2013 di 200 milioni di euro la scuola paritaria subirà l’ennesimo taglio, pari a 60 milioni di euro, rispetto al contributo storico, pur continuando ad accogliere nelle scuole dell’infanzia circa 660.000 bambini, cioè il 43% di tutto il servizio nazionale.
In questa situazione, non poche scuole dell’infanzia, associate alla FISM (Federazione Italiana Scuole Materne), si vedranno costrette a cessare il servizio, con grave disagio nell’ambito delle 600.000 famiglie, alle quali, anche per il delicato momento storico di crisi economica generale, non si possono chiedere incrementi di rette.
A ciò si aggiunge anche il rischio della perdita del posto di lavoro tra i 44.000 addetti delle scuole della Federazione e alla chiusura di tante scuole cattoliche anche storiche.
In un momento di crisi generale occorre anche fare i conti con obiettività
La spesa annua dello Stato per le scuole dell’infanzia nella scuola statale per un posto alunno è superiore a € 6.500,00, mentre nella scuola paritaria il contributo economico medio per alunno lo scorso anno scolastico è stato pari a € 451,25.
Dinnanzi a tale differenza di costi cosa conviene fare? Il contributo alle scuole paritarie fa certamente risparmiare al momento ben quattro miliardi di euro.
Risulta poco produttiva la discussione sul “senza oneri per lo Stato” e la ripresa dei discorsi del Calamandrei circa la difesa della scuola statale, che indubbiamente occorre sempre difendere e garantire nel servizio e nella qualità.
La riduzione del personale scolastico costituisce certamente una grave perdita e segno tangibile di una crisi generale, specie dopo gli anni dell’abbondanza e del surplus.
Ora riesce difficile rientrare nel contenimento della spesa e nella garanzia di una significativa qualità dell’istruzione e della formazione.
Non si consideri l’intervento di sostegno alle scuole paritarie una “umiliazione” delle scuole statali, come ha scritto Nadia Urbinati su La Repubblica, occorre, invece, una fattiva cooperazione e positiva crescita nella prestazione del servizio scolastico e formativo. Di contro, si legge su Italia oggi: ”103 milioni per i libri gratis agli alunni delle scuole statali e 260 milioni in meno alle scuole paritarie” ed i giornalisti sembrano quasi voler fare i cronisti di una gara tra chi vince e chi perde, mentre si tratta sempre di ragazzi che vanno a scuola ed hanno il diritto all’istruzione,che certamente vengono privati o mortificati nell’esercizio pieno del diritto all’istruzione.
Occorrerebbe far maturare tra i cittadini il senso della corresponsabilità nella gestione della educativa e formativa della scuola che va ben oltre i formali “organi collegiali” e dovrebbe investire tutti i cittadini fruitori del servizio scolastico nel garantire qualità ed efficienza, ricorrendo, ove necessario al “contributo volontario” delle famiglie, anche delle scuole statali, garanzia di successo per determinati servizi, quali il tempo prolungato, la refezione scolastica, e le attività di ampliamento dell’offerta formativa.
La scuola appartiene a tutti, ed è prospettiva e garanzia di una società migliore, quindi non ci dovrebbero essere barriere ed ostacoli a garanzia del suo buon funzionamento.
Quando lo Stato o gli Enti locali non rispondono, occorre intervenire per sollecitare e reclamare i diritti, ma nello stesso tempo, a garanzia dei servizi necessari per gli studenti, occorre darsi da fare per assicurare ai propri figli un banco, una sedie ed un’aula scolastica pulita ed ordinata. I tempi della scuola non corrispondono ai tempi delle amministrazioni ed il primo settembre comincia il nuovo anno scolastico, anche se ancora manca la delibera per gli arredi scolastici. E allora cosa fare? I ragazzini si siedono per terra perché rimasti senza banchi?
Oltre a lamentare la cattiva attenzione verso la scuola, che senza “c” si legge “suola” e quindi viene calpestata e trascurata, occorre risolvere i problemi e la cooperazione dell’intera comunità scolastica, di cui i genitori sono parte attiva, è quanto mai urgente e indispensabile, risolvendo anche con azioni di supplenza le carenze delle amministrazioni locali.
Il beneficio di ciò ricade sui ragazzi, i quali non hanno alcuna colpa della crisi e della cattiva gestione della res publica, ma ne potranno costruire una nuova, anche grazie ad una formazione integrale e ricca di un forte senso civico.