"Il Clero si preoccupi della salvezza delle anime e non di questioni socio-politiche"

Il cardinale Cipirani, arcivescovo di Lima, commenta il conflitto di Cajamarca in Perù e il ruolo della Chiesa

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di Sergio Mora

ROMA, lunedì, 9 luglio 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito l’intervista che il Cardinale peruviano Juan Luis Cipriani Thorne ha concesso a ZENIT, dove il porporato racconta il conflitto tra le compagnie minerarie e gli agricoltori a Cajamarca e Celendín, in Perù.

Secondo il cardinale Cipriani, i membri del clero devono essere umili e non trattare questioni che non sono di loro competenza, ma devono fare riferimento a quella dottrina sociale elaborata durante il XX secolo dall’insegnamento papale, basata sulla dottrina della Chiesa radicata nei Vangeli.

L’intervista è stata realizzata il 5 luglio.

***

Eminenza, in Perù ci sono diversi conflitti sociali a causa di investimenti minerari, in particolare in Cajamarca. Cosa fa la Chiesa a riguardo?

Card. Cipriani: Bisogna stare attenti quando si parla della Chiesa in relazione a qualsiasi situazione temporanea, perché la Chiesa ha una missione che trascende le realtà terrene, concentrandosi sulla salvezza delle anime. La Chiesa ha credibilità tra la gente nella misura in cui predica la Parola di Dio. I membri del clero dovrebbero essere umili e non preoccuparsi di parlare di questioni che non sono di nostra competenza. Vescovi e sacerdoti servono, infatti, a formare bene le coscienze, in modo che siano libere nella verità e responsabili nella giustizia.

Se pensiamo che la Chiesa è un’istituzione politica o sociologica stiamo sbagliando la sua stessa realtà, la sua essenza che è soprannaturale e che va osservata alla luce della fede. Inoltre, a partire dalla dottrina della Chiesa radicata nel contenuto dei Vangeli, l’insegnamento papale ha elaborato nel XX secolo una dottrina sociale, a cui dobbiamo ricondurci ogni volta che incontriamo una situazione come appunto  il conflitto di Cajamarca.

I vescovi e i sacerdoti, però, hanno qualcosa da dire sui conflitti specifici che riguardano i cittadini e la polizia…

Card. Cipriani: I vescovi e i sacerdoti dovrebbero guidare il popolo alla preghiera, che non è una pia pratica senza senso. La preghiera è anzi elevare il cuore a Dio per parlare con lui di noi, chiedendoGli di illuminarci per risolvere pacificamente i conflitti. Con Dio, logicamente, dobbiamo dire la verità, la preghiera non può essere fatta con l’inganno e la menzogna.

Il clero non dispone di una bacchetta magica per risolvere i nostri problemi sociali. Il nostro compito è cercare sempre la verità, dire la verità, a Dio o a noi uomini. Il dialogo è un mezzo per la pace sociale, non un fine in sé.

Come mi piacerebbe vedere i pastori delle varie popolazioni di Cajamarca convocare i propri parrocchiani per pregare per la pace, per la verità, senza perdere tempo a proporre soluzioni concrete da offrire, che non è loro compito.

La dottrina sociale della Chiesa, quindi, può ispirare il vescovo e il sacerdote a guidare le parti in conflitto o quest’ultimi devono limitarsi solo alla preghiera?

Card. Cipriani: Naturalmente la dottrina sociale cristiana è in grado di guidare non solo il vescovo e il sacerdote, ma soprattutto i laici, per trovare soluzioni a tutti i conflitti, anche a quello di Cajamarca. Tuttavia, bisogna preoccuparsi della ricerca del bene comune, in questo conflitto dove sono in gioco ingenti investimenti di denaro, e anche delle risorse naturali da mantenere, delle antiche tradizioni contadine, delle politiche di sviluppo del governo, dei fattori turistici che danno lavoro a molti. Ma si deve prima ascoltare quello che dicono i tecnici.

Non dimentichiamo inoltre che il mercato internazionale di minerali – oro, argento, rame – ha agenti che si preoccupano che alcuni siti vengano sfruttati e altri no; oppure che non vengano proprio sfruttati in modo da lasciare il campo e farli sfruttare da un altro. Non possiamo unirci a coloro che ingenuamente pensano che questa sia una battaglia idealista degli avvocati per i poveri o per la natura, contro dei pragmatici che cercano di moltiplicare la ricchezza materiale in qualsiasi modo, o di un’autorità politica che non ragiona.

Le autorità del governo peruviano hanno spiegato le ragioni interne al caso di Celendín, la necessità di investimenti per creare posti di lavoro e combattere la povertà, ma sembra che nessuno voglia ascoltare …

Card. Cipriani: Uno scontro con la legittima autorità con marce, blocchi stradali e pietre porta ad una repressione della polizia con morti e feriti, piuttosto che ad incontrare una proposta contenente la verità che si può ottenere da ciascuna delle parti. Noto come la popolazione sia oggi influenzata da posizioni ideologiche cariche di pregiudizi e ci sono poi le ONG nazionali e internazionali che agiscono motivate ​​da interessi specifici e che escludono chiunque non la pensi come loro.

Né l’estrazione dei minerali è per definizione un insulto alla cultura; nè gli investimenti nel settore minerario, di per sé, comportano una trasformazione globale dei popoli. Nel caso di Cajamarca, e di Celendín, credo che il governo abbia parlato molto, mantenuto la calma e sperato che i leader locali comprendessero che non ci si può trincerare nella caparbietà di una posizione radicale, perché questa non porta alla risoluzione di nessun conflitto.

Crede che le aziende internazionali si preoccupino poco del dialogo con il pubblico e cerchino solo la ricchezza?

Card. Cipriani: In passato ci sono stati casi di questo tipo in tutto il mondo, ma nel XXI secolo siamo giunti a traguardi importanti: standard internazionali che pre-condizionano i prestiti d’investimento; leggi nazionali che proteggono l’ambiente; ministeri della Cultura, dell’Agricoltura e dell’Ambiente, e non solo dell’Energia e delle Miniere. Ho letto sui giornali che ci sono stati anche diversi studi per proteggere le fonti d’acqua per l’uso della popolazione e l’irrigazione dei terreni agricoli. Tutti i tentativi di dialogo, però, sono finiti male, forse perché alcuni leader locali hanno agito secondo i propri programmi politici. Pochi giorni fa ho appreso, invece, che il Presidente è riuscito a creare un ponte con i sindaci del distretto Cajamarca. Potrebbe essere l’inizio della pace.

Ha mai pensato di intervenire direttamente nei conflitti di Cajamarca e Celendín?

Card. Cipriani: Io sono l’Arcivescovo di Lima. Il territorio dove ci sono questi conflitti ha il suo vescovo, che è colui che dovrebbe rispondere a questa domanda, sempre entro i limiti della Dottrina Sociale della Chiesa. Ho già vissuto la violenza omicida del Sendero Luminoso in Ayacucho undici anni fa e sono stato coinvolto per quattro mesi nella violenza del MRTA nella residenza dell’ambasciatore giapponese a Lima. Ho visto come il dialogo con la bugia non risolve nulla.

Quelli che agiscono con il ricordo del marxismo e della lotta di classe non possono raggiungere un accordo attraverso il solo dialogo, purtroppo. La loro caparbietà porta alla perdita della vita, e non voglio credere che i leader locali cerchino questo per legittimare le loro ingiustizie.

Non dimentichiamo che noi cristiani preghiamo ogni giorno affinché i governanti possano conoscere il cammino di sviluppo dei popoli nel rispetto della dignità della persona umana, della verità e della giustizia. E preghiamo allo stesso modo per i morti e i feriti in Celendín. Trovandomi a Roma non ho informazioni dettagliate di quanto sia accaduto lì negli ultimi giorni, e quindi non posso dire di più.

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ZENIT Staff

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