Tu sei insostituibile

Una riflessione sulla vocazione di Massimo Camisasca

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di Massimo Camisasca

ROMA, martedì, 3 luglio 2012 (ZENIT.org).- La parola vocazione sembrerebbe, a prima vista, riguardare coloro che sono chiamati ad una forma particolare di vita, quella religiosa. Siano essi chiamati al sacerdozio o a una particolare comunità di persone dedicate a Dio.

Niente di più falso. La vocazione riguarda ogni uomo e ogni donna. Solo riscoprendo questo significato radicale dell’esperienza della vocazione si possono comprendere anche le diverse forme di vita in cui essa si articola.

«Dio mi ha chiamato dal nulla» ha scritto don Giussani in un suo testo del 1959 (Vita come vocazione, ora in Porta la speranza. Primi scritti, pagg. 163-167). La semplicità assoluta, quasi sconvolgente, di questa notazione è come un pozzo senza fondo. Potevo non esserci e ci sono. Cosa c’è di più radicale, di più commovente, di più semplice? Tante altre esperienze chiariranno e approfondiranno questa origine. Ma innanzitutto c’è l’evidenza che io ci sono, che sono stato chiamato alla vita. La parola vocazione racchiude in sé innanzitutto Colui che chiama, che ha il potere di portare all’essere ciò che non è. Parlare della vita come vocazione significa parlare di un’infinità di momenti, di fatti, che Dio solo conosce, e in cui egli alimenta, richiama, risveglia l’esistenza di tutti gli uomini che ama.

Non c’è dunque nessuna vita umana che non abbia un significato, un peso. Di fronte alle difficoltà e alle contraddizioni delle nostre giornate, di fronte all’esperienza del male e del dolore, possiamo correre il rischio di smarrire il dialogo con Colui che ci fa, che ci crea continuamente. Perdiamo la coscienza di noi stessi e possiamo cadere nella disperazione o, più semplicemente, nella stanchezza, nell’indifferenza, nell’abulia. Occorre allora cercare la mano che può risollevarci e indicarci la strada di una coscienza vera e viva di noi stessi, quella strada verso l’autocoscienza che ha costituito tutto il tema della vita di Gesù e che don Julián Carrón ha recentemente descritto, ancora una volta, negli ultimi esercizi della Fraternità di Cl. Gesù è venuto per dirci: «Tu non vieni dal nulla e non vai verso il nulla, ma all’opposto, vieni da Dio e vai verso di lui. Sei suo. Sei una cosa preziosa. In mille modi il Padre cerca di riaprire il tuo cuore e la tua mente a questa verità. Qualunque sia la condizione di vita in cui ti trovi a svolgere la tua esistenza quotidiana».

Continuava allora don Giussani, sempre in quel testo della fine degli anni Cinquanta: «La mia vita continua perché Egli continua a chiamarmi, impedendomi di ricadere nel silenzio del nulla da cui fui tratto». Una volontà mi ha chiamato dal nulla perché mi ama, e vuole che sia davanti a lui una persona libera e amante. E perciò mi corregge, mi richiama, mi fa passare anche attraverso il buio per riconsegnarmi alla luce.

Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio. Sono stupende le tue opere. Tu mi conosci fino in fondo (Sal 139).

Proprio perché ci conosce fino in fondo, Dio ci chiama attraverso le sue opere. Parla a noi il più delle volte attraverso la voce degli uomini, attraverso ciò che fa accadere. Fatti e parole sono dei segni attraverso cui Egli rivela a noi la sua volontà, il suo disegno, la nostra personale vocazione.

Leggere i segni è dunque la strada fondamentale per capire ciò a cui Dio ci invita. Egli ha un disegno preciso per ciascun uomo e per ciascuna donna. Nessuna vita è per lui insignificante o di piccolo peso. Ognuno ha un posto insostituibile, che non può essere occupato da nessun altro. È come un immenso mosaico in cui soltanto la visione d’insieme dà ragione delle singole tessere.

* per maggior informazioni: www.sancarlo.org

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ZENIT Staff

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