L'arcivescovo di Baltimora a difesa della libertà religiosa (Prima parte)

Intervista con monsignor William E. Lori sulla dimensione americana e internazionale della tematica

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di Ann Schneible

ROMA, martedì, 3 luglio 2012 (ZENIT.org) – Attraverso l’educazione, la catechesi e la preghiera, la crescente minaccia contro la libertà religiosa può essere fronteggiata. Lo ha dichiarato monsignor William E. Lori, presidente del Comitato per la Libertà Religiosa della Conferenza Episcopale USA, invitato a Roma, alla fine della scorsa settimana per l’inaugurazione dell’Osservatorio sulla Libertà Religiosa.

La principale ragione della presenza di monsignor Lori a Roma è stata la ricezione del Pallio, conferito da Benedetto XVI ai nuovi arcivescovi. Succedendo al cardinale Edwin O’Brien, monsignor Lori si è ufficialmente insediato come arcivescovo di Baltimora lo scorso maggio.

In occasione della sua trasferta romana, l’arcivescovo statunitense ha conversato con Zenit sul tema della libertà religiosa negli Stati Uniti e in altri paesi.

Lei ha tenuto una prolusione all’inaugurazione dell’Osservatorio sulla libertà religiosa la scorsa settimana. Quali sono gli obiettivi di questo organo e che contributo darà Lei, come arcivescovo americano, a questa iniziativa internazionale?

Mons. Lori: In primo luogo ho espresso apprezzamento al Comune di Roma e al Governo italiano per aver istituito questo Osservatorio che davvero vigila sulla libertà religiosa – non solo in Italia ma in tutto il mondo – specie in quei luoghi dove sono in atto una repressione e una persecuzione brutali.

In secondo luogo, può apparire piuttosto bizzarro che qualcuno proveniente dagli Stati Uniti – normalmente additato quale moderno esperimento democratico – venga qui a Roma a parlare di minacce alla libertà religiosa nel suo paese, dove effettivamente non si soffre come in altri paesi del mondo. Tuttavia credo sia importante spiegare la sottile natura dell’erosione alla libertà religiosa che ha avuto luogo e delle palpabili minacce che ora iniziano ad emergere. Il mio ruolo è quello di dire: “attenzione, superficialmente tutto sembra procedere per il meglio ma non è così”. La repressione si sta manifestando. In particolare la repressione religiosa. E sta arrivando in particolare per responsabilità del mandato dell’Health and Human Service (HHS), che forza le chiese a violare i propri principi ed include una definizione di chi e cosa siano le chiese, confinandoci, così, nelle sacrestie. Per la prima volta assistiamo ad una sorta di incursione dello Stato nella vita interna delle chiese – in particolare della Chiesa Cattolica – ed è la prima volta che ciò avviene a livello federale.

Quello che noi vescovi dobbiamo fare è riconoscere questa erosione della libertà religiosa che ci riporta alla fine degli anni ’40, quando varie sentenze dei tribunali sui modi di interpretare la costituzione, iniziarono a compromettere la libertà religiosa. Prendiamo poi in considerazione le minacce a livello statale: alcune di esse riguardano questioni come il servizio agli immigrati; altre vengono fuori dal matrimonio omosessuale: ad esempio, le diocesi che non si sono decise a concedere affidamenti o adozioni alle coppie gay; persone che non possono più svolgere il proprio lavoro secondo i principi cristiani; e ora il mandato dell’HHS che compromette enormemente la nostra libertà religiosa.

In questo momento la Conferenza Episcopale USA sta sostenendo le Due Settimane per la Libertà. Perché è importante per i Cattolici la partecipazione attiva per la tutela della libertà religiosa? E sopratutto, qual è il ruolo della preghiera in questo ambito?

Mons. Lori: Le Due Settimane per la Libertà sono state concepite molto prima del mandato dell’HHS. In precedenza, al momento dell’istituzione del Comitato per la Libertà Religiosa, avvenuto lo scorso novembre, riconoscemmo che c’era un grande bisogno di preghiera, catechesi, educazione ed azione.

Uno dei vescovi del comitato, con lungimiranza, disse: “Perché, in un certo momento dell’anno, non proviamo a organizzare un evento in cui l’intera comunità cattolica possa unirsi alle altre comunità religiose? Pensando a questa iniziativa, abbiamo voluto celebrarla nelle due settimane precedenti il 4 luglio. Abbiamo realizzato che, in quelle due settimane, cadono le memorie liturgiche di San Giovanni Fisher, San Tommaso Moro, Santi Pietro e Paolo, tutti santi piuttosto legati a qualche paese in particolare e al relativo patriottismo.

Abbiamo deciso che quel periodo sia anche un periodo di preghiera. Tutto ciò che è importante nella vita, richiede preghiere. La libertà religiosa non fa eccezione: se la difendiamo, se vogliamo rafforzarla, dobbiamo pregare per queste cose. Un po’ come avviene con le vocazioni al sacerdozio o alla vita religiosa: se vogliamo che crescano dobbiamo metterci in ginocchio e pregare.

Abbiamo pensato che sarebbe stata una splendida cosa tenere un paio di eventi nazionali, per esortare le parrocchie alla preghiera. La cosa più semplice potrebbe essere inserire una preghiera speciale nelle liturgie domenicali, oppure allestire veglie di preghiera apposite, chiedendo alle famiglie di pregare, o ancora dare a chiunque dei santini con delle preghiere da recitare in qualunque momento, mentre stai andando al lavoro in treno o alla tua pausa-caffé. La preghiera è al primo posto. Gesù dice: “senza di me non potete fare nulla”.

In secondo luogo c’è l’educazione. Potrebbe essere scoraggiante parlare alla gente e scoprire quanto poco sanno della loro eredità come Americani. Se da un lato noi vescovi non siamo insegnanti di storia, siamo cittadini, e crediamo sia una buona cosa imparare sulla nostra fondazione, sui nostri documenti fondativi e sulla nobiltà dell’esperimento americano.

Questo ci porta al terzo punto che è la catechesi che aiuta davvero il popolo a comprendere la Dottrina Sociale della Chiesa nel contesto di tutto ciò in cui la Chiesa crede e che insegna. Tra i documenti più importanti, vale la pena ricordare la Dignitas Humanae, il decreto sulla libertà religiosa del Concilio Vaticano II: rileggendolo, è facile riconoscere che, in un certo senso, si è trattato di un contributo americano al Concilio, in quanto esprime benissimo gli aspetti più nobili del nostro esperimento americano e democratico.

Una volta che la gente comprende cosa sia la libertà religiosa e quanto sia fragile, inizia a pregare per essa; poi, guardando le specifiche minacce, ognuno dirà a se stesso: “non permetterò mai che questo accada”. Come credenti, come cittadini, come patrioti, non possiamo permettere che il nostro paese diventi qualcosa che non è mai stato.

Non stiamo facendo campagna elettorale ma semplicemente prestando attenzione ai nostri eletti, e dicendo ai candidati – cattolici, evangelici, protestanti, ebrei e musulmani -: “Stiamo vigilando. Questo è importante per voi. Avete una responsabilità verso di noi. Avete la responsabilità di difendere il dono di Dio della libertà religiosa e tutto quello che i documento fondativi dicono sull’impegno del nostro paese a proteggerla”.

[Traduzione dall’inglese e adattamento a cura di Luca Marcolivio]

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ZENIT Staff

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