di padre John Flynn, LC
ROMA, lunedì, 2 luglio 2012 (ZENIT.org) – Mentre la Chiesa statunitense prosegue la sua campagna in difesa della libertà religiosa, con la sua campagna “Due settimane per la Libertà”, un recentissimo saggio esamina la varietà delle minacce a questo principio.
In Challenges to Religious Liberty in the Twenty-First Century (“Sfide alla libertà religiosa nel XXI secolo”), l’editorialista Gerard V. Bradley, ha raccolto dieci saggi sul tema, divisi in cinque abbinamenti, ognuno dei quali esamina una differente prospettiva del dibattito.
Le sfide alla libertà religiosa appaiono quotidianamente tra i titoli dei giornali, osserva il curatore nell’introduzione. Bradley, professore di diritto all’Università di Notre Dame, afferma che, se da un lato la libertà religiosa può essere difesa da un regime politico, essa necessita in primo luogo di una massa critica di persone che credano nella libertà religiosa e vi attribuiscano un valore.
Vari studi hanno dimostrato che circa i due terzi della popolazione mondiale vive in paesi in cui vi sono restrizioni alla libertà religiosa, in un tempo in cui, paradossalmente, tutti i trattati e le dichiarazioni internazionali, la affermano.
Bradley menziona la persecuzione, spesso sanguinosa, in paesi d’oltreoceano, senza trascurare l’attuale situazione negli Stati Uniti, dove la sfida più urgente alla libertà religiosa è la tutela della coscienza.
Ci saranno sempre dei conflitti tra leggi e coscienza religiosa, osserva Christopher Wolfe nel suo saggio. La cosa migliore che possiamo fare, dice Wolfe, condirettore del Ralph McInerny Institute for Thomistic Studies, è provare a stabilire dei principi generali.
Secondo Wolfe, per i primi 150 anni di storia americana, i valori del diritto costituzionale e l’azione religiosamente fondata sono stati sempre pienamente tutelati. Tutto inizia a cambiare alla metà del XX secolo quando i tribunali iniziano a sentenziare che di fronte ad impellenti ragioni di stato, si possono eventualmente porre limiti alle azioni religiose.
Wolfe ha argomentato che non possono essere solo i tribunali a decidere sulle istanze costituzionali, e che i giudici non possono emettere sentenze politiche in ambiti dove spesso la Costituzione non è chiara, essendo formulata in termini molto generali.
Coscienza
La libertà religiosa va difesa principalmente per due ragioni, spiega Wolfe. In primo luogo essa permette di rendere culto a Dio e di adempiere i precetti religiosi. In secondo luogo, essa preserva il bene morale delle persone, cui è permesso di agire in accordo con le loro coscienze.
La coscienza è anche un argomento del saggio di Christopher Tollefsen. Professore di filosofia all’Università del South Carolina, Tollefsen spiega che “i giudizi di coscienza sono il nostro verdetto finale su come siamo fatti”.
Questa capacità di porre in essere azioni libere, in accordo con la nostra coscienza, ci distingue dagli altri animali, perciò dobbiamo proteggerla il più possibile.
In merito alla religione, Tollefsen insiste sul fatto che la libertà di coscienza è vitale, in quanto ci rende capaci di cercare la verità religiosa ed agire in base ad essa.
Lo stato, prosegue, è fatto per proteggere i cittadini. Pertanto, lo stato deve difendere anche la libertà di coscienza.
Una posizione cui fa eco Thomas Farr, consigliere anziano del Berkeley Center for Religion, Peace and World Affairs. “La libertà religiosa è un bene politico e morale per tutti gli esseri umani e tutte le società”, afferma in un suo articolo.
Perciò, prosegue Farr, una negazione anche parziale della libertà religiosa, “è un assalto alla dignità umana e alla giustizia,nonché sul principio fondamentale morale e politico di uguaglianza ai sensi della legge”.
Altri paesi
Se gli Stati Uniti, afferma Farr, fossero in grado di aiutare gli altri paesi ad abbracciare la libertà religiosa, non sarebbero di aiuto solamente alla dignità umana ma determinerebbero una grande conquista morale e politica.
La dimensione internazionale della religione è l’argomento di un altro libro, di recente pubblicazione, Rethinking Religion and World Affairs (Oxford University Press), un’antologia di saggi a cura di Timothy Samuel Shag, Alfred Stepan e Monica Duffy Toft.
Si presuppone che la religione sia stata emarginata dalla secolarizzazione, afferma Shag nell’introduzione. Tuttavia, dopo l’11 settembre, essa occupa un luogo cruciale nell’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. La gran parte delle teorie sulla politica estera, che tendevano ad essere di inclinazione molto laica, nello spiegare i fatti degli ultimi 10 anni, hanno dimostrato come le medesime teorie devono tenere contro dei fattori religiosi.
La religione non è un pericolo, afferma Toft nel suo saggio. Infatti la violenza è l’eccezione. Mentre la religione può essere una fonte di violenza, essa mobilita milioni di persone ad opporsi ai regimi autoritari e a dare sollievo alle sofferenze umane.
Perché la violenza religiosa è diventata così preminente di questi tempi? Le ideologie laiciste, che un tempo sembravano destinate a trionfare, hanno fallito e assistiamo alla rinascita della fede religiosa in tutto il mondo.
Il dialogo interreligioso e le relazioni internazionali sono stati oggetto del saggio di Thomas Banchoff, professore associato alla Georgetown University. Il periodo che seguì il Concilio Vaticano II è stato un florilegio di dialogo interreligioso, osserva lo studioso.
Come dimostrano questo e molti altri libri, la religione è parte integrante della vita umana e i tentativi di ignorare ciò o di eliminare il suo ruolo sono destinati a un sicuro fallimento.
[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]