Per affermare la dignità nel lavoro è necessaria una grande opera educativa

L’intervento del cardinale Bagnasco al Convegno della Pastorale Sociale

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RIMINI, martedì, 25 ottobre 2011 (ZENIT.org) – Un lavoro dignitoso è diritto di tutti e per promuoverlo è necessaria una notevole opera educativa e culturale. Lo ha affermato il presidente della CEI, cardinale Angelo Bagnasco, nel corso del Convegno Nazionale dei Direttori della Pastorale Sociale Educare al lavoro dignitoso. Quaranta anni di pastorale sociale in Italia.

La sollecitudine che da sempre la Chiesa dimostra per la vita della gente “non corrisponde a qualche strategia pastorale”, ha premesso Bagnasco. Essa nasce in primo luogo dall’evento dell’Incarnazione che fa di Dio “veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato”.

L’educazione al lavoro dignitoso, tema del convegno di Rimini, va inquadrata “nell’ambito della cultura, anzi del primato della cultura”, ha proseguito il presidente della CEI.
Rovesciando l’approccio economicista oggi egemone, Bagnasco ha osservato che, in realtà, “il mondo e la storia li dirige la cultura non l’economia, anche se sembra il contrario e, in certa misura, è anche così”.

Non solo, quindi, la cultura è “un fatto spirituale, in cui la dimensione religiosa è portante” ma “ogni volta che le istituzioni religiose sono state soppresse e i credenti ridotti a cittadini di seconda classe, le idee religiose e le opere d’arte sono sempre riemerse”.

La cultura è, dunque, “un orizzonte di valore che abbraccia tutto l’agire umano, compreso quello economico”. Di conseguenza, l’errore più grande del socialismo “non è stato innanzitutto di carattere economico, ma antropologico” e la sua colpa più grande è “la negazione della verità sull’uomo”.

La persona “non è riducibile a molecola della società e dello Stato” e se l’uomo fosse ridotto ad una “serie di relazioni economiche”, “scomparirebbe la persona come soggetto autonomo di decisione morale”.

Il primato della cultura impone, quindi, di non mettere in secondo piano né i valori, né la dignità dell’uomo. Parimenti il lavoro “non sarà dignitoso se chiede al lavoratore di rinunciare ai valori che rendono la vita degna di essere vissuta: guadagnare la vita ma perdere le ragioni del vivere è indegno dell’uomo perché non lo realizza nella sua umanità”.

Per affermare i principi del “lavoro dignitoso” è quindi necessaria “una grande opera educativa”. Lavorare non significa soltanto “guadagnarsi onestamente il pane” ma “è un modo per partecipare all’opera della creazione: ha dunque un riferimento a Dio che affida il mondo all’opera intelligente degli uomini perché lo conoscano, lo governino e lo usino con rispetto e responsabilità”. Fin qui la “dimensione oggettiva” del lavoro.

La “dimensione soggettiva” è invece pertinente alla “possibilità per l’uomo di esprimere se stesso nelle sue capacità, e così meglio percorrere la via del proprio sviluppo”, ha proseguito Bagnasco.

La terza dimensione è quella del “bene comune”, per il quale chi lavora “non lavora solo per sé e il suo giusto sostentamento, ma fatica con gli altri e per gli altri in ordine al bene generale”.

Nella Caritas in veritate, ha ricordato Bagnasco, papa Benedetto XVI ha dato una definizione di “lavoro decente”. Esso è quel lavoro che “permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli senza che questi siano essi stessi costretti a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare, e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa” (CV, n°63).

Vi è un “primato dell’uomo sul lavoro”, ha sottolineato Bagnasco, e tuttavia, senza il lavoro, “la persona viene a mancare di quelle vie di auto-sviluppo che Dio ha inscritto nella natura umana come grazia e compito per ognuno”.

Senza “sussidiarietà e solidarietà”, ha affermato il capo dei vescovi italiani, “non esiste futuro a fronte della aggressiva globalizzazione in atto”. Accanto a ciò è necessaria “una missione educativa e culturale che rimetta a fuoco la vera immagine dell’uomo con le sue conseguenze”. È necessario, quindi, mettere in piedi una vera e propria “scuola di virtù sociali”.

“I cattolici hanno una grande responsabilità verso il corpo sociale in tutte le sue espressioni: hanno un debito di servizio  per il dono della fede ricevuta, che li abilita ad essere umilmente “luce e sale della terra e luce del mondo”, e anche per quel patrimonio di storia cristiana che è un tesoro e come un giacimento inesauribile per il bene degli uomini e della civica”, ha poi concluso Bagnasco.

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ZENIT Staff

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