ROMA, lunedì, 24 ottobre 2011 (ZENIT.org).- In una società che esalta la solitudine dell’io, l’egoismo di una relatività storica e sociale centrata sugli interessi del singolo, la parola gratitudine suona quasi come una stonatura. Essa ha invece una mirabile armonia che esalta lo spirito e lo rende libero e gioioso nel saper dire un sincero “grazie” per quanto abbiamo ricevuto in dono, senza alcun merito.
Commentando il salmo 136 , grande inno di lode che “celebra il Signore nelle molteplici, ripetute manifestazioni della sua bontà lungo la storia degli uomini”, Benedetto XVI nella catechesi del mercoledì ha tracciato le linee portanti del vivere cristiano. La lode al Signore, essendo stati da Lui creati e a Lui destinati, e l’amore ai fratelli nella generosità e nell’amore che si fa dono.
Il ritornello litanico del salmo, noto come il “Grande Hallel” e cantato al termine della cena pasquale ebraica, “perché il suo amore è per sempre”, scandisce la lunga elencazione delle “meraviglie” compiute dal Signore attraverso la creazione: il cielo, la terra, gli astri , il sole, la luna, le stelle e tutto il mondo creato, le piante, gli animali. Non sono il semplice scenario su cui si inserisce l’agire salvifico di Dio, ma l’inizio stesso di quell’agire meraviglioso.
Con la creazione, il Signore ha manifestato tutta la sua bontà e bellezza, l’amore e la predilezione per l’uomo che ha reso suo figlio, sua creatura, fatto “a sua immagine e somiglianza”.
Come non essere riconoscenti e grati dopo aver ricevuto tanto dal Signore?
Il sorgere del sole, che annuncia un nuovo giorno, ed i colori stupendi del tramonto che segnano la fine di un giorno di fatica non possono far trascurare il dovere di dire “grazie per tutti i tuoi doni, Signore”.
Fare memoria della bontà del Signore è la chiave di lettura del salmo, carico di attualità e di presenza nella nostra società, che sembra voler procedere con gli occhi bendati verso un baratro sempre più pericoloso e profondo.
Nelle diverse fasi esistenziali, dalla fanciullezza alla giovinezza, dalla maturità alla vecchiaia, si inscrive il tracciato di un percorso che accompagna i diversi passaggi, trasformazioni, cambiamenti che man mano ci rendono diversi e mutevoli. E’ intelligenza saper leggere il presente con gli occhi del passato e progettare il futuro alla luce dei valori e per i cristiani alla luce del Vangelo. E’ saggezza saper comprendere ed apprezzare il bene e i doni ricevuti, guardandosi attorno, e constatare che ci sono altri che vivono in situazioni peggiori.
E’ dell’animo umano desiderare sempre di più, chiedere sempre di più per essere certi di ottenere, il “pétere” (chiedere per avere) si trasforma, a volte, in ingiustizia verso altri, ma nel silenzio del cuore e se si è capaci di “agire senza mai smettere di pensare” si comprende che qualche volta è importante fermarsi a pensare e riflettere sul proprio operare. Allora il canto della gratitudine nasce spontaneo e sincero, comprendendo “quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente”.
Le parole del Santo Padre nell’anno dell’emergenza educativa si traducono in azioni concrete che aiutano i giovani a comprendere e a vivere il senso della gratitudine.
Come si fa ad insegnare e ad educare alla gratitudine? Una significativa esperienza didattica viene realizzata da anni presso l’Istituto Parini di Catania, mediante la consegna delle “borse di studio” assegnate agli studenti meritevoli ed offerte da generosi donatori “amici della scuola” nel ricordo dei loro familiari, così da perpetuarne le memoria e la gratitudine, che si manifesta come dono agli altri.
Unire spiritualmente con il vincolo della gratitudine uno studente e la sua famiglia alla memoria di una persona cara, della quale i familiari intendono perpetuare il ricordo, quasi un segno di vita e di speranza, costituisce un’opportunità per suscitare il dovere di saper dire “grazie” per un dono ricevuto, e non dovuto, espressione di generosità e di sensibilità personale. Viene, infatti, consegnata anche una lettera nella quale si comunica il nome e l’indirizzo del donatore, per favorire uno scambio di informazioni circa il prosieguo degli studi ed il rendimento scolastico negli anni. E’ quasi un gesto di filiazione e di adozione spirituale che lega la famiglia dello studente con quella del donatore.
Il premiare anche gli ex alunni, che hanno conseguito la “maturità” riportando agli “esami di stato” lodevoli risultati, testimonia inoltre il vincolo di continuità formativa con la scuola di primo grado che ha fornito le basi del sapere e delle competenze ed offre l’occasione di stimolare alla gratitudine per i benefici ricevuti dall’istituzione scuola, durante il corso di studio, così da garantire i positivi successi conseguiti.
La gratitudine che scaturisce dal “fare memoria”, dal prendere consapevolezza che ciascuno ha bisogno degli altri ed è allo stesso tempo un dono per gli altri, viene insegnata non a parole ma testimoniata con l’esempio, anche con il piccolo gesto di saper dire “grazie” per quel che si riceve dagli altri. Se poi il “grazie” non è formale e rituale, ma, invece, sentito, sincero e convinto, la relazione educativa e di amicizia si completa e cresce di intensità.
Se le espressioni di buon galateo suggeriscono formule ed atteggiamenti di gratitudine verso gli uomini, come non manifestare il costante inno di gratitudine al Signore che ci ha dato la vita?
Ecco perché è importante “fare memoria della bontà del Signore”, dice il Papa. “La memoria diventa forza della speranza e ci dice: Dio c’è, Dio è buono, eterna è la sua misericordia. E così la memoria apre, anche nell’oscurità di un giorno, di un tempo (quello presente si manifesta triste, buio, nero su molti fronti) e diventa luce e stella che ci guida”.