ROMA, domenica, 16 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha ricevuto questo sabato mattina i partecipanti alla due giorni “Famiglia, aziende e solidarietà, superare la crisi con nuove forme di solidarietà”, organizzata dalla Fondazione Centesimus Annus.
Il Presidente Domingo Sugranyes ha spiegato che “pur in mezzo alle gravissime tensioni ed incertezze che affrontiamo nel nostro lavoro imprenditoriale” la Fondazione intende contribuire alla “nuova evangelizzazione di cui il mondo moderno ha urgente necessità”, e per questo ha annunciato il lancio di un corso di dottrina sociale della Chiesa on-line organizzato in stretta collaborazione con la Pontificia Università Lateranense.
Nel corso dell’udienza, il Santo Padre Benedetto XVI ha sottolineato come il mondo del lavoro, dell’economia e dell’impresa debba essere guidato dalla “caritas” perché, come è scritto nella Caritas in veritate, “il modello familiare della logica dell’amore, della gratuità e del dono va esteso ad una dimensione universale”.
Il Pontefice ha spiegato che “la giustizia commutativa – ‘dare per avere’ – e quella distributiva – ‘dare per dovere’ – non sono sufficienti nel vivere sociale. Perché vi sia vera giustizia è necessario aggiungere la gratuità e la solidarietà”.
“La solidarietà – ha precisato – è anzitutto sentirsi tutti responsabili di tutti, quindi non può essere delegata solo allo Stato”.
Papa Benedetto XVI ha concluso ricordando che “non è compito della Chiesa definire le vie per affrontare la crisi in atto”.
“Tuttavia – ha aggiunto – i cristiani hanno il dovere di denunciare i mali, di testimoniare e tenere vivi i valori su cui si fonda la dignità della persona, e di promuovere quelle forme di solidarietà che favoriscono il bene comune, affinché l’umanità diventi sempre più famiglia di Dio”.
Nella seconda giornata, venerdì 14, monsignor Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha ricordato ai presenti officiando la Santa Messa l’importanza che “il senso della vita sia quello di un compito da assolvere”.
Una giornata particolarmente vivace nel corso del dibattito, durante il quale sono venute a galla esperienze personali su argomenti come assistenzialismo, guadagno, mercato, produttività, solidarietà, aziende sociali…
Dibattito importante per capire e confrontare teorie e prassi con gli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa.
Il Rettore di Scienze Politiche alla Cattolica di Milano, Alberto Quadrio Curzio, ha indicato a ZENIT che “talvolta si creano degli equivoci perché ciascuno di noi porta la propria esperienza personale, di vita concreta. Lo studioso tende ad estremizzare quello che lui fa, e spesso non ha accortezza che la vita quotidiana è complessa. L’imprenditore a sua volta enfatizza la propria attività e via dicendo”.
Il punto, ha precisato, è che “i valori comuni portanti, di noi cattolici, dobbiamo non soltanto viverli, ma imparare a comunicarli partendo dalla nostra esperienza”.
Per l’autorevole economista, la punta di diamante del convegno è stata “la natura polivalente della solidarietà. Dentro la famiglia, ma anche quando si attenua in questa istituzione, si può ricostruirla partecipando a comunità più ampie di solidarietà, in forme associative. I psicologi sociali lo hanno dimostrato. Ma anche le aziende che si trovano in difficoltà grazie a un contesto di forme associative può darsi che riescano a superare le difficoltà, nel contesto delle professioni, in quello della solidarietà, il che significa anche riuscire a conquistarsi il rispetto e la credibilità con l’esempio, la competenza, la professionalità, svolgendo opere buone”. vale a dire “sapere vivere nel quotidiano la solidarietà”.
Parlando degli investimenti italiani in Cina, ha ricordato come la figura di Matteo Ricci e la sua opera furono un modello “citato perfino in un congresso del partito comunista cinese”, e come oggi gli imprenditori italiani che vanno in Cina portino a modo loro un messaggio, “magari un po’ confuso ma un messaggio che poi alla lunga rimane”.
Nelle conclusioni del convegno, il prof. Curzio ha compiuto delle riflessioni sulla situazione italiana. “Si discute se aumentare le tasse”, ha detto. Il problema, però, è che “1,3 milioni di persone girano attorno alla politica, con un costo di 24,5 miliardi l’anno, mentre le stime indicano che il costo di una democrazia come quella italiana dovrebbe essere di circa 6.5 miliardi di euro l’anno. Gli altri miliardi equivalgono al 12 per cento del gettito irpef”.
“Penso che una classe politica che chiede al contribuente di fare uno sforzo debba dare l’esempio” chiaro del fatto che se quella differenza di 18 miliardi di euro venisse impiegata nel sociale” potrebbero essere realizzare “meravigliose iniziative”.
Ha quindi invitato i cattolici ad assumersi “delle responsabilità nei contesti istituzionali. E facile dire che la politica va male, ma che facciamo per farla andar bene?”, si è chiesto .
Nel convegno si è parlato anche di come nella Centesimus Annus si veda l’impresa come una comunità, comunità familiare, modello per l’impresa, e anche di come i beni finanziari debbano essere in funzione del lavoro e dell’uomo. Visione che la Caritas in Veritate approfondisce ancora di più, proponendo la logica della gratuità e del dono, non come filantropia ma con un rapporto di responsabilità. Una solidarietà nella quale tutti devono sentirsi responsabili di tutti.