di Carmen Elena Villa
LA SEU D’URGELL, venerdì, 7 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Il brano biblico preferito da Ana María Janer era:“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Matteo 25, 31-46).
La fondatrice dell’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia di Urgell verrà beatificata questo sabato in una cerimonia presieduta dal Cardinale Angelo Amato S.D.B. in rappresentanza di Papa Benedetto XVI.
“Tu, Signore, mi darai la grazia per essere una tua sposa fedele, che ti ami molto e ti serva nella persona dei malati, degli handicappati”, diceva la serva di Dio.
Ana María nacque il 18 dicembre 1800 a Cervera, un piccolo paese situato nella Diocesi di Solsona, nella provincia spagnola di Lérida. Studiò nel Real Colegio de Educandas e collaborò nell’assistenza ai malati nell’Hospital Castelltort, rendendosi conto che Dio la chiamava a consacrarsi nell’ospedale di Cervera.
Parlando con ZENIT da Córdoba (Argentina), suor Cecilia Gutiérrez, membro della comunità fondata da madre Janer e autrice dell’inno ufficiale della sua beatificazione, ha affermato che la fondatrice scoprì Gesù “nelle necessità umane del suo tempo”.
“Nel corso della sua vita maturò e crebbe in lei quell’amore con cui ella stessa si sentì amata da Dio, un amore che non restò mai in lei, ma venne donato e condiviso, in modo sempre più radicale”, ha detto la religiosa.
Nel 1833 scoppiò la prima guerra carlista, e l’ospedale di Castelltort divenne ospedale militare. “La situazione in cui si trovò madre Janer sul campo di battaglia non fu facile, e anche se non aveva i mezzi sufficienti seppe organizzare e infondere serenità in quelle persone, dare sollievo, consolare”, ha riferito suor Cecilia.
I feriti di guerra la chiamavano “la madre” perché “rischiava tutto per fasciare le loro ferite, e li aiutava a morire pacificati con se stessi e con Dio”, ha indicato la religiosa. Questo amore non dipendeva dalla parte alla quale appartenevano e riconosceva la stessa dignità a ciascun combattente. Nel 1836, però, la giunta dell’ospedale espulse le suore.
Dopo la battaglia di Gra, madre Janer si diresse a Solsona, dove si mise a disposizione della Diocesi. L’infante Carlo di Borbone le chiese di coordinare gli ospedali della zona carlista e lei lo fece.
Nel 1844 tornò all’ospedale di Cervera. Cinque anni dopo divenne direttrice della Casa di Carità o di Misericordia della stessa città. Ospitava bambini orfani, giovani handicappati e anziani. Si impartivano anche lezioni a bambini e bambine esterni.
Nel 1859 accettò la richiesta del Vescovo di Urgell, Josep Caixal Estradé, e stabilì una fraternità caritativa nell’ospedale di poveri malati di La Seu d’Urgell.
Le risposte che la futura beata iniziò a dare alle necessità della Chiesa e della società furono il seme per la fondazione dell’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia di Urgell il 29 giugno 1859.
Il carisma e l’identità di queste suore è oggi la carità che vuole essere il riflesso dell’amore di Dio, soprattutto per i più deboli e vulnerabili.
Attualmente l’Istituto è presente in Spagna, Andorra, Italia, Argentina, Paraguay, Uruguay, Cile, Colombia, Messico, Perù e Guinea Equatoriale. Le suore lavorano in scuole, ospedali e ospizi, missioni, parrocchie e altri apostolati conformi al carisma.
Ci sono anche dei laici janeriani, giovani o adulti che si identificano con il carisma di madre Janer e si sentono chiamati dal Signore a collaborare da vicino alla missione dell’Istituto.
Per questo si formano e fanno proprio il carisma di madre Janer. Nella pratica, si impegnano a portare avanti molte delle opere fondate dalla futura beata.
Per questa famiglia spirituale, la beatificazione della fondatrice risulta un invito a “gioire con la Chiesa per la vita di questa nuova beata, una donna che amò e servì la Chiesa sempre e in ogni ambito ecclesiale: nella comunità, nella Chiesa locale, nella fedeltà e collaborazione incondizionata con i pastori”, ha detto suor Cecilia.
Allo stesso tempo, comporta una responsabilità: “fare scelte di vita, apportare ciò che siamo e abbiamo perché questa storia iniziata con il ‘sì’ di Ana María possa continuare e dare frutti di vita per la Congregazione, per la Chiesa”, ha aggiunto.
Madre Janer aveva un amore speciale per la croce. Guardare Cristo crocifisso divenne per lei un incentivo che le permetteva di essere “segno e testimonianza chiara di colui che ci ha amati per primo, di colui che ci ama fino a dare la vita”, ha ricordato suor Cecilia.
Ana María morì l’11 gennaio 1885 e chiese di morire a terra come penitente per amore di Cristo, che – disse – “per me è morto inchiodato sulla croce”.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]