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* FESTA CRISTOLOGICA. La festa della Presentazione del Signore, il 2 febbraio, 40° giorno dopo Natale, ha per oggetto quei fatti biblici accaduti nel Tempio di Gerusalemme, narrati da Lc 2, 22 – 39.
La Presentazione al Tempio del primogenito significa che egli è offerto a Dio in ricordo degli eventi dell’Esodo e Dio lo restituisce ai genitori. Maria e Giuseppe, presentano il Bambino al Tempio, riconoscono che Gesù è “proprietà” di Dio ed entra nel piano dell’attuazione del disegno divino perché è salvezza e luce per tutti i popoli. L’oggetto centrale della festa è Cristo Signore che entra nel suo tempio e si offre in sacrificio. La dimensione cristologia è quindi il tema essenziale, come in tutti gli eventi della salvezza. Attorno ad esso si sviluppano, con ordine e graduata dipendenza e correlazione, altri personaggi ed altri eventi minori, che commentano e sviluppano l’evento fondamentale, incentrato nella persona e nell’opera del Redentore. Occorre ammettere, che con l’attuale riforma liturgica la festa della Presentazione del Signore è proposta nel suo autentico equilibrio, ossia l’evento misterico è presentato nel suo insieme, senza accentuazioni unilaterali e evidenze marginali. Nella tradizione secolare della Chiesa – e possiamo dire fin dalla nascita stessa della festa – sia la liturgia orientale come quella occidentale, hanno ritagliato aspetti secondari del mistero e li hanno posti ad oggetto prevalente, colorando riti e preci con contenuti conformi a tali accentuazioni. Certo, anche i quadri laterali della scena evangelica hanno una grande importanza e sono latori di un messaggio fondamentale, tuttavia non costituiscono il centro dell’evento e rimangono comunque ad esso referenti e da esso dipendenti. Ecco allora che in oriente la festa è chiamata ‘Ipapante’ – ‘Incontro’-, fissando in tal modo come oggetto primario di celebrazione e di meditazione l’incontro tra Simeone e il Bambino Gesù. I Padri poi commentarono con splendide omelie tale mistero, ma l’ottica orientale osserva l’insieme da quel preciso punto di vista, splendido, ma limitato. In occidente, soprattutto nella liturgia romana, la festa è incentrata sulla persona e il ruolo di Maria SS. considerandola nell’atto di assolvere la sua purificazione legale prevista dalla legge di Mosé. E per questo a Roma la festa si chiamerà Purificazione di Maria Vergine[1] e sarà annoverata, fino all’attuale riforma liturgica, tra le festa mariane. In realtà tale connotazione la portò con sé fin dall’inizio quando il papa Sergio I,[2] di origine orientale, la introdusse a Roma insieme ad alte feste mariane. Tale connotazione risulta da testi splendidamente mariani – peraltro preziosi – ma anche dal tenore penitenziale del rito, come comandavano le precedenti leggi liturgiche.[3] Così si noterà che dal solo titolo della festa ne risulta la impostazione laterale rispetto alla globalità dell’evento e la scelta specifica dei diversi temi evangelici: ‘Incontro’ in oriente e ‘Purificazione di Maria’ in occidente. Anche se lodevolmente oggi nella liturgia romana questa festa ci è donata nel fascino della sua più vera e completa impostazione, non è estraneo attualmente il pericolo di un’altra nuova riduzione di natura pastorale. Infatti la proclamazione del 2 febbraio a Giornata mondiale della vita consacrata – ben radicata, del resto, nel mistero liturgico di questo giorno – può provocare in un pastore non accorto il corto circuito che sostituisce un’emergenze pastorale al mistero di Cristo, o comunque può insidiarlo ed emarginarlo alquanto. E’ il pericolo di tante Giornate mondiali e nazionali che ormai invadono l’Anno Liturgico. Ora, se da un lato è conveniente che tali celebrazioni trovino una sede loro propria in consonanza col mistero liturgico che più le interpreta, dall’altro lato esse devono rimanere marginali di fronte alla sovranità dell’evento misterico evangelico. Se non si vigila attentamente l’invasione medioevale del santorale si ripeterà con una analoga invasione del pastorale-sociologico, compromettendo il meraviglioso restauro dell’Anno Liturgico, come proposizione coerente e organica del Mistero di Cristo dalla sua Incarnazione al suo ritorno nella gloria. Per il 2 febbraio in talune parti vi è anche la riduzione della festa a Giornata degli anziani, in ragione dei santi Simeone ed Anna ‘avanzati in età’. Grati allo Spirito Santo per la completa riforma dell’Anno Liturgico occorre compiere ogni sforzo perché il meraviglioso affresco non sia compromesso da scelte e pratiche riduttive, erroneamente e superficialmente ritenute ‘pastorali’. Sia il particolarismo devozionale del passato come le evidenze pastorali del presente devono chinarsi al Mistero di Cristo, l’unico evento che le può riscattare e abilitarle al Regno di Dio.
* FESTA CONCLUSIVA DEL MISTERO NATALIZIO E ANTICIPO DEL MISTERO PASQUALE. Anche se la festa, attualmente,[4]cade fuori del tempo natalizio, tuttavia è ad esso profondamente collegata per il mistero celebrato, che fa’ parte delle prime manifestazioni del Signore. Insieme è anticipazione della Pasqua, in quanto in nessun altro evento dell’infanzia, come il quello della Presentazione del Signore, viene espresso con tanta chiarezza il riferimento al Sacrificio pasquale che il Signore, in indissolubile unione, con Maria SS. sua madre, offrirà all’eterno Padre nei giorni della sua Pasqua di morte e risurrezione.
“La festa si ricollega al Natale e all’Epifania del Signore. Ma contemporaneamente essa si pone come ponte verso la Pasqua, rievocando la profezia del vecchio Simeone, che in quella circostanza preannunziò il drammatico destino del Messia e di sua Madre”[5].
La natura di festa-ponte tra Natale e Pasqua la possiamo individuare in interessanti considerazioni teologico-simboliche:
[…]3. Il simbolo natalizio-pasquale della luce. La luce, scaturita nell’umiltà della notte santa, proclamata nel Prologo del giorno di Natale – veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo – e sfolgorante nell’Epifania – alzati rivestiti di luce…- , oggi viene celebrata con una potente espressione simbolica, costituendo il momento più alto del crescere della luce nelle feste natalizie. Al contempo si prelude al lucernale maggiore della Veglia pasquale, quando, dopo le tenebre della passione, la luce del Cero annunzia lo splendore immortale del Risorto. Il ruolo di ponte tra Natale e Pasqua è dunque evidente.
4. Il ‘quarantesimo giorno’. E’ interessante notare che in questo primo ingresso nel 40° giorno dalla nascita, il Signore prelude al suo ultimo e pubblico ingresso nel tempio di Gerusalemme nella domenica delle palme, nei giorni in cui realizzerà in modo pieno il suo sacrificio pasquale. Tale ingresso la liturgia romana lo celebra proprio nel 40° giorno della Quaresima[6]. Nei giorni immediatamente precedenti la sua passione il Signore, nell’ambiente solenne e pubblico del tempio di Gerusalemme, parlerà di sé stesso come Luce del mondo e ammonirà Ancora per poco tempo la luce è con voi. Da quel momento, dopo aver brillato con fulgore e potenza dal candelabro del tempio, la luce si nascose e l’impero delle tenebre a poco a poco sembrerà estinguerla. Per questo quei ceri che il 2 febbraio si accendono con tanta abbondanza e ricompariranno in tutto il loro splendore nei vespri delle palme,[7] commemorando l’ingresso nel tempio, nei giorni successivi verranno gradualmente estinti nei vespri delle tenebre, per esprimere nel simbolo il mistero della passione del Signore. In questo primo ingresso del Bambino Gesù vi è, infine, la profezia del definitivo ingresso nel tempio del cielo, quando risorto, proprio nel 40° giorno dalla Pasqua, salirà al c
ielo e siederà alla destra del Padre. Si vede allora come il 40° giorno della Presentazione del Signore è l’anticipo e l’annunzio del mistero globale del Messia che a più riprese e a diverse intensità entra nel suo tempio: i tre ingressi ufficiali nel tempio – candelora, palme e ascensione – sono così collegati e interpretati dal mirabile simbolo del 40° giorno.
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1) RIGHETTI, MARIO, Storia liturgica, ed. Ancora, MI, 1969, vol. II, p. 119: “Opportunamente siffatta intitolazione è stata abolita dal nuovo Messale (1965); sia perché in contrasto col genuino carattere della solennità, sia perché il concetto ebraico e pagano di purificazione della madre non è più ammissibile nella lege cristiana”.
2) RIGHETTI, MARIO, Storia liturgica, ed. Ancora, MI, 1969, vol. II, p. 120: “Il carattere di festa mariana impostole, parzialmente almeno, da Pp. Sergio, si accentuò più tardi soprattutto nella processione che aveva sempre per meta il maggior santuario mariano di Roma e nella quale diciotto diaconi delle regioni urbane portavano dinanzi al Pontefice altrettanti stendardi della SS. Vergine…”. NUOVO DIZIONARIO DI MARIOLOGIA, ed. Paoline, 1985, Presentazione del Signore, p. 1151: “Il carattere mariano della festa – oltre al fatto che Maria è, assieme a Gesù, protagonista del mistero, proprio come a Natale – fu imposto in particolare dal papa Sergio I (687-701)…”.
3) RIGHETTI, MARIO, Storia liturgica, ed. Ancora, MI, 1969, vol. II, p. 118: “A Roma, come in oriente, l’Ipapante era celebrata in una cornice di solennità, ma improntata a penitenza secondo l’uso bizantino…tutti procedono a pie’ scalzi…nella messa solenne si tralascia il Gloria in excelsis…”. NUOVO DIZIONARIO DI MARIOLOGIA, ed. Paoline, 1985, Presentazione del Signore, p. 1151: “Nella processione papa e cardinali recavano vesti sacre di color nero e tutti procedevano a piedi scalzi”.
* Nella liturgia preconciliare il duplice carattere penitenziale e gaudioso della festa veniva espresso col color violaceo per la benedizione delle candele e la processione, e col bianco per la Messa successiva.
4) Fino alla riforma delle rubriche del 1960 il tempo di Natale terminava il 2 febbraio.
5) GIOVANNI PAOLO II, Omelia nella festa della Presentazione del Signore, 2 febbraio 2001, in “L’Osservatore Romano” 4 febbraio 2001, p. 7.
6) Secondo i vangeli sinottici l’ingresso ultimo del Signore nel tempio di Gerusalemme avviene nel medesimo giorno dell’ingresso nella città santa (Mt 21, 12; Mc 11, 11; Lc 19, 45). La solennità liturgica di questo duplice ingresso in Gerusalemme e nel tempio la liturgia romana la celebra effettivamente nel quarantesimo giorno della Quaresima: la domenica delle palme è, infatti, il 40° giorno dalla ceneri.
7) Ci si riferisce ai molteplici ceri che si accendono nel rito di inizio della Sacre Quarantore nel contesto dei Vespri della Domenica delle palme, che nei successivi Vespri di Passione (lunedì, martedì e mercoledì santo) verranno gradualmente estinti.