ROMA, martedì, 21 settembre 2010 (ZENIT.org).- Di fronte a una crescente visione utilitaristica dell’esistenza occorre riscoprire la logica del dono, soprattutto a partire dalla famiglia. E’ quanto ha detto questo martedì mattina, l’Ordinario militare per l’Italia, l’Arcivescovo Vincenzo Pelvi, nel celebrare a Roma, presso il Comando Generale della Guardia di Finanza, la Santa Messa in occasione della festa di San Matteo, Patrono di questo Corpo di Polizia.
Nella sua omelia il presule è partito dal significato in ebraico del nome Matteo – “dono del Signore” – affermando che “erroneamente l’uomo moderno è convinto di essere il solo autore di se stesso, della vita e della società”, mentre “ogni essere umano è fatto per il dono, è relazione, incontro con l’altro”.
“In una società come la nostra – ha aggiunto – in cui il fare ha preso il sopravvento sul dono è necessario che l’uomo recuperi questa comprensione fondamentale di sé. Se la vita è dono, ogni attività umana è chiamata a lasciarsi plasmare da questo carattere originario”.
E così, ha affermato, “il lavoro personale, anche se dipendente, se vuole diventare veramente umano deve essere aperto al dono”, perché “in ogni lavoro c’è qualcosa di più, di gratuito, che non può essere retribuito, perché l’azione di colui che lavora, mettendoci se stesso, è sempre più della semplice produzione”.
Da questo punto di vita, ha continuato, “la famiglia è il luogo privilegiato, in cui in cui la logica del dono deve essere particolarmente custodita e promossa. E’ in famiglia che s’impara l’accoglienza dell’altro e ci s’impegna a vivere una libertà che non è arbitraria”.
“Tutto è dono – ha spiegato –: non solo il lavoro, la famiglia, la fede, ma anche la società dove vivo. Non posso allora accettare l’etica del dono nella mia vita privata senza contagiare il tessuto sociale di cui sono protagonista”.
Questo perché “il dono per sua natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza, il complemento e l’esaltazione del principio di solidarietà”.
Al contrario, ha poi osservato, “proprio la logica del ‘mi spetta’ ha fatto crescere la speculazione e l’arricchimento fraudolento, consentendo che l’economia venisse governata da logiche contrarie all’etica e alla morale comuni, ai principi di gratuità e di fraternità”.
“Di qui – ha sottolineato mons. Pelvi – il bisogno di un’economia nuova che guardi al bene comune e superi quella visione dell’uomo falsata dall’ideale, purtroppo deludente, dell’uomo economico che ha fame solo di denaro e mira solo ad accumulare il proprio profitto personale. La persona è il vero capitale su cui investire”.
Accennando alla crisi economica in atto a livello globale, l’Arcivescovo ha detto: “Saranno tempi duri se continuiamo a permetterci spese inutili e ad abusare dei soldi pubblici, senza essere attenti a quel giusto equilibrio nel saper prendere da chi possiede per dare a chi ha bisogno”.
“Saranno tempi sempre più difficili se scegliendo ciò che piace a ciascuno dimenticheremo di lavorare per ciò che è bene per tutti. Parole che suonano come monito profetico ma che incoraggiano a riscoprire la logica del dono, segreto per un futuro sereno”, ha quindi concluso.