Cardinale Turkson: combattere la povertà, non i poveri

Interviene al vertice ONU sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, martedì, 21 settembre 2010 (ZENIT.org).- Nella questione degli aiuti allo sviluppo, bisogna ricordarsi sempre che l’obiettivo è combattere la povertà, non i poveri.

Il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, lo ha affermato questo lunedì a New York intervenendo al summit dei Capi di Stato e di Governo sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM), dove guida la delegazione della Santa Sede.

Il Cardinale ha ricordato che nel 2000 tutti i Capi di Stato delle Nazioni Unite hanno riconosciuto che “la lotta internazionale contro la povertà non dovrebbe essere limitata alla gestione delle grandi variabili economiche”, ma estendersi agli aspetti “più specificatamente ‘umani’ dello sviluppo, come lo sradicamento della povertà, la promozione dell’istruzione, l’assicurare assistenza sanitaria, servizi sociali ed eque opportunità di impiego, il sostenere una gestione responsabile dell’ambiente”.

Nonostante “segnali incoraggianti” nel raggiungimento degli obiettivi prefissati, ha riconosciuto, “meno della metà dei Paesi afflitti dalla malnutrizione infantile potrà sradicare questa piaga prima del 2015”, l’anno fissato in origine per il raggiungimento degli OMS.

In questo contesto, “bisogna ancora fare molto per mantenere e rafforzare la mobilitazione politica, attraverso una solidarietà economica e finanziaria continua, per garantire l’accessibilità delle risorse”.

Allo stesso modo, “bisogna ancora lavorare sodo per sradicare i debiti dei Paesi poveri ed evitare che ricorrano certe situazioni di usura internazionale che hanno caratterizzato gli ultimi decenni del XX secolo”.

Proposte

Il Cardinale Turkson ha quindi proposto alcune linee che dovrebbero guidare l’azione internazionale per mettere fine alla piaga della povertà e garantire un mondo più giusto per tutti.

“I Paesi sviluppati e le economie emergenti dovrebbero mantenere generosamente aperti i propri mercati, senza eccessive richieste di reciprocità commerciale, per aiutare i Paesi poveri a progredire verso l’indipendenza economica necessaria a promuovere il loro sviluppo socio-economico”, ha osservato.

Ai Paesi poveri deve essere inoltre garantita “una costante condivisione di conoscenze nel settore scientifico e in quello tecnologico, perché possano generare, a livello locale, le capacità necessarie per risolvere efficacemente e da soli i loro problemi di assistenza sanitaria e la necessità di diversificare la produzione agricola e industriale”.

Per il Cardinale Turkson, “una parte essenziale di una soluzione più profonda e duratura” è il rafforzamento dell’Assistenza Ufficiale allo Sviluppo, “di modo che l’impegno a impiegare lo 0,7% del PIL per questo tipo di aiuti possa essere rapidamente applicato, assicurando allo stesso tempo che le somme raggiungano effettivamente i Paesi più poveri”.

“La promozione di questo sforzo richiederà una rinnovata comprensione che ci permetta di estendere la nostra visione dal paradigma donatore/ricevente al vedersi reciprocamente per ciò che siamo: fratelli e sorelle, con uguale dignità e opportunità di accesso agli stessi mercati e alle stesse reti”.

Tutti sono importanti

La lotta per lo sviluppo, ha proseguito il porporato, ha sottolineato “l’importanza di mobilitare attivamente tutti i soggetti della società civile”.

“Uomini e donne reali che hanno formato partnership e alleanze per riunire nord e sud mostrano che è possibile unire le immense possibilità dell’intelligenza e della volontà umana al servizio dello sviluppo umano integrale”.

“C’è una grande quantità di esperienza, dall’Africa e da altre regioni povere, a dimostrare che un cambiamento positivo è possibile”, ha confessato.

“Questo coinvolgimento a livello di base, in cui le comunità locali diventano attori fondamentali del proprio sviluppo, è indispensabile per la vera efficacia dell’aiuto internazionale e per migliori strutture internazionali commerciali e finanziarie”.

Il ruolo dello Stato

Riconoscendo che “la maggior parte degli ostacoli sono imputabili al malgoverno e alla condotta statale irresponsabile a livello regionale e internazionale”, il Cardinale Turkson ha sottolineato che, “per superare definitivamente gli ostacoli che impediscono lo sviluppo, le esperienze positive della società civile devono diventare valori che guidino l’azione politica”.

“Tutti i Governi, sia dei Paesi sviluppati che di quelli in via di sviluppo, devono accettare la loro responsabilità di combattere la corruzione e il comportamento sconsiderato e a volte immorale nel settore affaristico e finanziario, così come l’irresponsabilità e l’evasione fiscale, per garantire il dominio della legge e promuovere gli aspetti umani dello sviluppo”.

Nei loro territori, inoltre, i Governi – sia dei Paesi donatori che di quelli beneficiari – “non dovrebbero interferire o ostacolare il carattere particolare e l’autonomia delle organizzazioni religiose e civili”, ma “incoraggiare rispettosamente queste realtà, promuovere e sostenerle finanziariamente il più possibile”.

La persona al centro

Per tutte queste ragioni, il Cardinale ha sottolineato che “ogni tentativo di usare gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio per diffondere e imporre stili di vita egoistici o, ancora peggio, politiche demografiche come mezzo a buon mercato per ridurre il numero dei poveri sarebbe malevolo e poco lungimiranti”.

“L’apertura moralmente responsabile alla vita rappresenta una ricca risorsa economica e sociale”, ha dichiarato.

“Gli OSM dovrebbero essere usati per combattere la povertà, e non per eliminare i poveri!”.

La Santa Sede, ha ricordato il porporato, “ribadisce la sua convinzione per cui ci saranno grandi benefici per gli uomini e le donne che ora vivono in povertà solo se gli OSM verrano compresi e perseguiti in armonia con gli standard morali obiettivi e la natura umana”.

“Date ai Paesi poveri un contesto amichevole a livello finanziario e commerciale e aiutateli a promuovere il buongoverno e la partecipazione della società civile, e l’Africa e le altre regioni povere del mondo contribuiranno al benessere di tutti”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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