Condivisione e reciprocità per “ri-animare” l'Italia

Si è conclusa la prima edizione di LoppianoLab

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ROMA, lunedì, 20 settembre 2010 (ZENIT.org).- Si è conclusa con un bilancio positivo la prima edizione di LoppianoLab, il multi-appuntamento tenutosi dal 16 al 19 settembre a Loppiano, dove giornalisti, economisti, politici, imprenditori e sociologi si sono confrontati sull’interrogativo “Quale Paese, quale unità?”.

Un laboratorio di cultura, economia e formazione che ha scelto come sede proprio Loppiano, la cittadella internazionale del Movimento dei Focolari nei pressi di Firenze, che da 45 anni rappresenta un laboratorio di convivenza e di integrazione tra popoli di diverse tradizioni, culture, costumi ed anche religioni.

70 le aziende espositrici del circuito di Economia di Comunione (EdC) presenti al Polo Lionello Bonfanti e 1500 tra imprenditori, studenti e cittadini. Tra i promotori anche il Polo imprenditoriale Lionello Bonfanti, l’istituto universitario di Loppiano, Sophia, e il gruppo editoriale “Città Nuova”, tutti soggetti legati dalla spiritualità dell’unità propria dei Focolari.

Condividere la ricchezza con i poveri

Tra aziende italiane espositrici EdC c’era un po’ di tutto: dai mobili per la prima infanzia, alle agenzie web e marketing online.

L’ Economia di Comunione è un progetto lanciato nel 1991 da Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, che viene applicato da oltre 700 imprese di produzione e servizio inserite nel mercato ed è incentrato sulla “reciprocità” come etica di comportamento e come forma di governance.

Esso punta a sanare il crescente divario tra ricchi e poveri, attraverso la proposta di un agire economico ispirato alla “cultura del dare”. In questa prospettiva le aziende che producono per condividere, destinano una parte degli utili ai più poveri, una parte alla promozione della cultura di condivisione e un’altra parte a sostenere lo sviluppo dell’azienda stessa.

Nella Convention delle aziende italiane EdC l’economista Luigino Bruni ha tracciato un bilancio della strada percorsa nei primi vent’anni dall’intuizione di Chiara Lubich: una media di 25 nuove imprese ogni anno, 1 milione e 700 mila euro di utili donati nell’ultimo periodo di crisi, serviti per finanziare 1059 borse di studio e 40 progetti di sviluppo in tutto il mondo.

Ma sopratutto, ha sottolineato Bruni, dei 7000 poveri a cui questo paradigma economico era inizialmente rivolto, ne sono rimasti solo 1500.

“Ed è questa la vera contabilità dell’EdC – ha proseguito l’economista – perché se la ricchezza prodotta non arriva ai poveri, il progetto non serve a niente”.

Vedere le potenzialità presenti

Nel suo messaggio augurale per il convegno nazionale “Quale Paese, quale unità?” che si è tenuto sabato 18 settembre Maria Voce, presidente del movimento dei Focolari, ha detto che una prospettiva di speranza e di unità può essere attinta anche “dal Vangelo di Gesù, capace di fare storia oggi”.

In questo percorso di studio e di ricerca vanno anche eliminate quelle divisioni tra laici e credenti che il teologo Piero Coda, intervenuto nel dibattito, ha definito “anacronistiche, superate”. Considerazioni confermate dal filosofo Massimo Donà, che ha più volte invitato a lasciarsi interrogare dall’alterità, senza paura.

La necessità di innovare, di aprire nuove piste è riconosciuta universalmente sia da economisti come Nicolò Bellanca, che da politici come Lucia Fronza, che da imprenditori come Johnny Dotti. La sfida non è guardare, anzi vedere e tirar fuori dalle nostre città, “non tanto l’Italia che vorremmo, ma le potenzialità presenti e non espresse, le relazioni sottaciute, la cittadinanza attiva ancora da conquistare e da coltivare con più passione”.

Così si è espressa la Fronza che in questo “vedere” traccia il profilo dell’essere comunità prima che aggregato di problemi, disagi, immondizie.

Mettersi in ascolto su cultura ed educazione

A fare il punto sulla cultura e l’educazione in Italia è stato mons. Piero Coda, preside dell’Istituto universitario Sophia nonché presidente dell’Associazione dei teologi italiani: “Basta guardare allo spettacolo opaco e avvizzito di una cultura come quella che respiriamo e a quello di una scuola come la nostra che sembra aver perso la bussola del suo significato”.

“Ben più che in altri momenti di trapasso da un’epoca all’altra, rischiamo oggi di restare invischiati in qualcosa d’impalpabile ma che è foriero di conseguenze enormi”, ha detto.

“È questa la sfida ed è questo il dono dell’oggi – ha poi indicato –. Sfida: perché chiede una conversione dello sguardo e del cammino. Ma anche dono: perché dal fondo della sfida brilla l’intuizione della meta da raggiungere e sono offerte intellettuali, morali e spirituali per affrontare il cammino”.

“Che cosa possiamo fare? Nessuno ha delle ricette preconfezionate e garantite. Possiamo però metterci in ascolto gli uni degli altri, condividere le nostre esperienze e i nostri cammini – ha concluso –. Dare la parola ai giovani, bandire l’intellettualismo e il moralismo e avere il coraggio di proposte alte, schiette e concrete”.

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ZENIT Staff

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