Benedetto XVI: la lezione di Newman? “Il cuore parla al cuore”

La “vita cristiana come chiamata alla santità”

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BIRMINGHAM, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Nel beatificare questo domenica il Cardinale John Henry Newman (1801-1890), Benedetto XVI ha indicato nel motto scelto per la sua visita nel Regno Unito – “Il cuore parla al cuore” – la lezione lasciata ai cristiani di oggi da questo teologo, che fu fondatore degli Oratori di San Filippo Neri, in Inghilterra.

Il motto ricalca le parole che il Cardinale Newman scelse per il suo stemma quando divenne porporato nel 1879 e sono di san Francesco di Sales, del quale era molto devoto.

Parlando ai settanta mila pellegrini riunitisi nel Cofton Park de Rednal, a Birmingham, il Papa ha osservato che questo insegnamento “ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio”

La preghiera eleva l’anima

“Egli – ha aggiunto – ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina”. La preghiera scrisse in uno dei suoi sermoni, “ha ciò che può essere chiamato un effetto naturale nello spiritualizzare ed elevare l’anima”.

Con la preghiera, ha sottolineato, “un uomo non è più ciò che era prima; gradualmente… ha interiorizzato un nuovo sistema di idee ed è divenuto impregnato di freschi principi”.

La missione del cristiano

Newman seppe soprattutto incarnare una ricerca della verità dove fede e ragione si fondono insieme, ha affermato il Pontefice che ha indicato in questo aspetto l’eredità principale per i cristiani di tutto il mondo di questo teologo britannico che fu un pastore angicano prima di convertirsi al cattolicesimo.

“Voglio un laicato non arrogante – scriveva Newman –, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere”.

In un altro dei suoi famosi discorsi sulla vita sacerdotale disse invece: “Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso ambiente”.

Alla fine della Messa e prima della preghiera mariana dell’Angelus, il Pontefice ha approfondito il rapporto filiale che legava il neo beato alla Vergine Maria, ricordando che quando Newman venne a vivere a Birmingham, diede il nome di “Maryvale” alla sua prima casa, mentre l’Oratorio da lui fondato venne dedicato all’Immacolata Concezione.

“Chi può valutare la santità e la perfezione di lei – si chiedeva Newman –, che fu scelta per essere la Madre di Cristo? Quali avrebbero dovuto essere i suoi doni, lei che fu scelta per essere l’unica familiare terrena del Figlio di Dio, l’unica che egli fu obbligato per natura a riverire e alla quale rivolgersi; l’unica incaricata di guidarlo ed educarlo, di istruirlo giorno dopo giorno, mentre cresceva in sapienza e grandezza?”.

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ZENIT Staff

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