María Purísima de la cruz, beatificata 12 anni dopo la sua morte

Superiora delle Suore della Compagnia della Croce di Siviglia

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di Carmen Elena Villa

ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Il suo postulatore, padre Alfonso Ramírez Peralbo OFMCap, la definisce “l’umiltà personificata”. Si tratta di madre María Purísima de la cruz, morta il 31 ottobre 1998, beatificata questo sabato a Siviglia da monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Benedetto XVI.

“Nella casa di Dio non ci sono incarichi di poco conto, sono tutti importanti”, era la frase che ripeteva la futura beata, per 22 anni Superiora Generale delle Suore della Compagnia della Croce di Siviglia, fondate nel 1875 da Sant’Ángela de la Cruz.

Il suo nome di battesimo era María Isabel Salvat Romero. Nacque nel 1926 a Madrid, in una famiglia agiata e profondamente religiosa. Nel 1936, quando scoppiò la Guerra Civile Spagnola, si trasferì in Portogallo, tornando in patria due anni dopo.

Dopo aver scoperto la sua vocazione alla vita religiosa, nel 1944 entrò nell’Istituto delle Suore della Compagnia della Croce di Siviglia. In una documentazione inviata a ZENIT, padre Ramírez afferma che durante il periodo di formazione la futura beata manifestò “l’amore per la povertà, un comportamento umile e uno spirito di obbedienza disinteressato e convinto”.

Passò poi a dirigere il collegio di Lopera, vicino Jaén. Nel 1966 venne chiamata alla Casa madre di Siviglia, dove servì come ausiliare del noviziato e poi come maestra delle novizie.

Due anni dopo la Congregazione fece l’esperienza di vivere in Province, ed ella fu nominata Provinciale di una di esse. Questa esperienza non venne accettata, e quindi non prosperò; fu poi Consigliera Generale, e in seguito Superiora della comunità di Villanueva del Río y Minas (Siviglia); nel 1977 venne eletta Madre Generale dell’Istituto.

Durante il suo generalato venne beatificata la fondatrice, Ángela de la Cruz (novembre 1982), canonizzata nel 2003. Madre María Purísima de la Cruz ricevette in casa propria Giovanni Paolo II, che andò a fare una visita dopo aver presieduto la cerimonia di beatificazione.

Pur avendo ricoperto sempre incarichi importanti nella sua comunità, la futura beata non se ne vantò mai: “Il suo ideale era sempre passare senza rumore, cercava di attirare l’attenzione il meno possibile; non ha mai voluto apparire, cercava sempre i posti più bassi”, ha detto padre Ramírez.

“Era la prima a buttarsi per terra per pulire”, ricorda il suo postulatore. “Era sempre disposta a compiere i lavori più umili, rimboccandosi le maniche per lavare i mendicanti malati, avvolgendo nel lenzuolo funebre gli anziani più poveri, scendendo nelle profondità più recondite di quanti soffrono, amica del fango in cui vivevano i poveri, della gente solitaria, pulendo i bagni della casa senza che le consorelle se ne accorgessero”.

Si preoccupava per la formazione permanente delle consorelle, soprattutto di quelle che avevano problemi nella loro vocazione. “La sua testimonianza di vita rappresentò un punto di riferimento sicuro per molte di loro”, ha affermato padre Ramírez, che ha sottolineato anche il suo atteggiamento materno nei confronti delle compagne di comunità. “Sapeva correggere con affetto e comprensione, mettendosi sempre all’altezza dell’altra persona”.

La crescita vocazionale della comunità sotto l’autorità della futura beata fu tale da rendere necessaria l’apertura di nuove case in alcune località spagnole come Puertollano, Huelva, Cadice, Lugo, Linares e Alcázar de S. Juan, ma anche a Reggio Calabria.

Per il suo postulatore, una delle qualità principali della religiosa è stata “la sua personalità serena e gioviale”, che “contribuiva a creare un clima di fiducia e di comunione”. Doni che erano accompagnati da un’intensa vita spirituale, “vissuta con chiara consapevolezza della presenza di Dio e nella costante ricerca della sua volontà, e alimentata alle fonti della preghiera e della contemplazione”.

“Non permettiamoci il riposo, continuiamo a stare sulla breccia”, diceva. “L’amore per Gesù Cristo è il nostro ideale, e rivolgendoci costantemente a Lui la sua grazia non ci mancherà mai”.

Nel 1994 le venne diagnosticato un tumore maligno e dovette essere operata. “Affrontò la malattia con grande docilità alla volontà di Dio e con forza d’animo, e per quattro anni portò generosamente avanti la sua attività”. Morì il 31 ottobre 1998.

“Quanto più passa il tempo, più ci convinciamo che solo Dio resta, e che ringraziarlo deve essere la nostra unica missione”, diceva la futura beata.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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