“Attacco a Ratzinger”, il perchè delle accuse contro il Papa (I)

Intervista con Andrea Tornielli, vaticanista de “Il Giornale”

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Antonio Gaspari e Carmen Elena Villa

ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- “L’unica cosa che non si perdona a Ratzinger è quella di essere stato eletto Papa…”.  Così si conclude il libro “Attacco a Ratzinger. Accuse scandali, profezie e complotti contro Benedetto XVI” (Piemme), scritto da Paolo Rodari, vaticanista de “Il Foglio”, e Andrea Tornielli, vaticanista de “Il Giornale”.

Il libro è stato presentato nel corso del seminario dedicato all’informazione sulla Chiesa cattolica e organizzato a Roma dall’Università della Santa Croce a Roma, dal 6 al 12 settembre scorsi, sul tema “La Chiesa da vicino: raccontare il cattolicesimo al tempo di Benedetto XVI”.

I due autori ricostruiscono con dovizia di particolari e informazioni originali e inedite, come la stampa internazionale si è accanita contro il Pontefice Benedetto XVI.

Dalle polemiche suscitate dal discorso pronunciato a Ratisbona, alle dimissioni dell’Arcivescovo di Varsavia; dal documento che liberalizza la messa antica alla revoca della comunica per i Vescovi Lefreviani; dalla crisi diplomatica scatenata dopo le dichiarazioni circa l’inutilità dei profilattici nella lotta all’AIDS fino al dilagare dello scandalo dei casi di pedofilia.

I due noti vaticanisti analizzano le ragioni sostenute dall’accusa, mostrando come siano i pregiudizi e la disinformazione a dettare le agende e la linea editoriale delle campagna stampa contrarie al Vescovo di Roma.

Gli interessi che muovono la critica contro l’attuale Pontefice sono diversi, Rodari e Tornielli, ne identificano alcuni, e spiegano che il vero obiettivo dei nemici esterni ed interni alla Chiesa è quello di screditare la Santa Sede e il Primato di Pietro, con l’intento di renderne inefficace il messaggio e l’insegnamento.

Per approfondire un tema di così scottante attualità, ZENIT ha intervistato uno degli autori, Andrea Tornielli.

Chi ha interesse a criticare e attaccare il Pontefice di Roma?

Andrea Tornielli: Per gli attachi esterni, credo ci siano degli interessi che non sono gestiti da un’unica regia. Credo che, pur non esistendo un complotto organizzato o un’unica regia, vi siano gruppi, lobbies, poteri economici e/o politici che hanno interesse a depotenziare la voce della Chiesa, riducendone l’autorevolezza internazionale e la presa sulle popolazioni, per i fini più disparati.

Perchè lo attaccano? Perchè gli hanno impedito di parlare all’Università la Sapienza di Roma? Che cos’è che il potere secolarizzato teme dal pontificato di Benedetto XVI?

Andrea Tornielli: Certe campagne mediatiche sono determinate dal “frame” negativo, dal pregiudizio consolidato e per nulla corrispondente alla realtà, che ha dipinto il Cardinale Ratzinger prima e Papa Benedetto poi come un retrogrado conservatore, illiberale e antidemocratico. Il caso della Sapienza è esemplare perché non solo gruppuscoli di studenti ideologizzati ma anche ricercatori e professori hanno “giudicato” Ratzinger sulla base di una citazione sbagliata presa da Wikipedia (il che dovrebbe dirci qualcosa anche sullo stato delle nostre università). Il potere secolarizzato teme l’annuncio di una verità irriducibile, ci sono lobbies e gruppi di potere ai quali dà fastidio la morale cristiana e l’insegnamento etico della Chiesa. In certe situazioni la voce della Chiesa rimane l’unico baluardo di una coscienza non anestetizzata.

Lei ha parlato di attacchi esterni. Pensa che ci siano anche degli attacchi interni?

Andrea Tornielli: Certo, e che sono frutto di ciò che noi chiamiamo un dissenso interno alla Chiesa: cioè teologi e anche Vescovi che criticano apertamente certi aspetti del magistero di Benedetto XVI . E inoltre ci sono degli attacchi inconsapevoli, perche non voluti, da parte della macchina curiale che facilita alcune crisi che si sarebbero potuto evitare o spegnere subito invece hanno fatto sì che si incendiassero e diventassero grandissime.

Durante il volo che lo ha condotto in Portogallo, l’11 maggio scorso, il Pontefice Benedetto XVI ha detto:  “Oggi vediamo in modo terrificante che la più grande persecuzione della Chiesa viene dall’interno, dai peccati che ci sono dentro la Chiesa stessa, e non dai nemici fuori”. Quali sono i peccati a cui il Papa si riferisce, e quali sono i gruppi e le persone che lo avversano dall’interno della Chiesa?

Andrea Tornielli: La domanda era stata formulata con un riferimento esplicito agli scandali della pedofilia che coinvolgono esponenti del clero. La risposta del Papa è stata drammatica. Benedetto XVI ha spiegato che l’attacco più forte nasce all’interno, è il peccato nella Chiesa. In fondo, la storia ci insegna che dagli attacchi esterni la Chiesa alla fine è sempre uscita rafforzata, magari dopo lunghi periodi di difficoltà se non di persecuzione. E’ l’attacco dall’interno che la demolisce. Ora, non ci sono soltanto i tremendi, anzi “terrificanti” episodi dell’abominevole crimine della pedofilia. C’è anche l’avanzare di un pensiero non cattolico all’interno della Chiesa cattolica: una realtà denunciata con estrema lucidità già dal grande Papa Paolo VI e che oggi purtroppo persiste. Sono rimasto colpito, ad esempio, da certe reazioni forti contro la decisione di Benedetto XVI di liberalizzare la messa antica. Reazioni pubbliche, arrivate anche da Vescovi. Ma gli esempi sarebbero molti.

Il Pontefice, nell’omelia della messa che concludeva l’anno sacerdotale l’11 giugno 2010, ha parlato in toni molto espliciti, di eresie e della necessità dell’uso del bastone contro i lupi che vogliono irrompere nel gregge. A chi si riferiva? Chi sono i lupi che vogliono irrompere nel gregge? Quali sono le eresie moderne che albergano nella Chiesa?

Andrea Tornielli: Nel nostro libro analizziamo le crisi dei primi cinque anni di pontificato di Papa Ratzinger, non facciamo un elenco di possibili eresie. Vorrei però ricordare che purtroppo oggi si diffondono, in modo più o meno sotterraneo, idee e interpretazioni che finiscono per minare la fede dei semplici e più in generale la fede cattolica non su qualche conseguenza – dove magari sarebbe più comprensibile un dibattito e la coesistenza di interpretazioni differenti – ma proprio sull’essenziale della fede. In questo senso, come spiegava l’allora Cardinale Ratzinger agli inizi del suo mandato come Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il Magistero ha il compito di proteggere la fede dei semplici, di coloro che non scrivono sui giornali e non vanno in Tv. In questo senso, il Magistero ha un compito – diceva – “democratico”. Credo che un cambiamento radicale che il Papa chiede a tutti sia quello dell’essere coscienti che la Chiesa non è “fatta” da noi, non si può considerare alla stregua di un’azienda, tutto non può essere ridotto a rivendicazioni su funzioni e ministeri, la sua vita non può essere pianificata soltanto con strategie pastorali. Se imparassimo da questo costante richiamo del Papa, forse molti oppositori palesi e occulti comprenderebbero che il Papa non è un monarca assoluto, ma che anch’egli obbedisce a Gesù Cristo nel trasmettere il depositum fidei.

Secondo l’Arcivescovo di Trieste, monsignor Giampaolo Crepaldi, esiste un magistero parallelo anche tra ecclesiastici, professori di teologia nei seminari, sacerdoti e laici che “mettono in sordina gli insegnamenti di Benedetto XVI, non leggono i documenti del suo magistero, scrivono e parlano sostenendo esattamente il contrario di quanto egli dice, danno vita ad iniziative pastorali e culturali, per esempio sul terreno delle bioetica oppure del dialogo ecumenico, in aperta divergenza con quanto egli insegna”. E’ proprio così o monsignor Crepaldi si sbaglia? 

Andrea Tornielli: Credo che l’Arcivescovo Crepaldi parli a ragion veduta. E’ un dato di fatto, basta girare per molte parrocchie, partecipare a conferenze, incontri culturali,   etc. p
er rendersi conto di come il magistero di Benedetto (ma ciò accadeva  anche prima, con gli altri Papi) non sia trasmesso ai fedeli, ma anzi talvolta sia apertamente contraddetto.

Ratisbona, preservativo, Williamsom, abusi  sessuali. Sono alcuni dei principali scandali mediatici. Che cosa hanno in comune tutti questi attacchi?

Andrea Tornielli: Credo che l’ unica cosa vera che hanno in comune è quella di aver spostato l’attenzione da ciò che il Papa veramente voleva dire e fare. Per esempio: Ratisbona, il Papa non stava parlando contro l’ islam ma stava facendo un discorso sulla fede e la ragione. Questo discorso è passato in secondo piano dal punto di vista mediatico. Poi poco a poco si è capito il dialogo con gli intellettuali islamici. Il preservativo: un tema che il Papa non ha mai toccato nei suoi discorsi in Africa. E stato un viaggio bellissimo: attenzione della gente, partecipazione della liturgia, messaggio importante per quanto riguarda il lavoro del sinodo con cose importante sullo svilupo del Africa, messaggi importanti sullo sviluppo di una teologia africana, tutto dimenticato. Così Williamsom, una iniziativa come togliere la scomunica che era una iniziativa di riconciliazione si è spiegata come una grande crisi nei confronti del mondo ebraico. La cosa in comune è che non si fa pasare il vero messaggio del Papa.

Lo attaccano perché esiste il cliché consolidato, ma anche perché – purtroppo – talvolta il mondo dell’informazione non è preparato a presentare certi messaggi o a interpretarli in una cornice corretta. Lo attaccano perché in più di un’occasione – spiace dirlo ma è così, e nel libro crediamo di averlo documentato – anche chi sta più vicino a Benedetto XVI potrebbe aiutarlo di più per evitare che sorgano polemiche inutili o per spegnerle non appena insorgono.

Come presentate il caso Williamsom nel libro?

Andrea Tornielli: Lì la cosa evidente è che c’è stato qualche problema, come può sempre capitare: la informativa che è stata spedita dalla Svezia, quando lui ha rilasciato l’intervista, non è arrivata sui tavoli giusti in Vaticano. Quando è stato deciso di concludere e togliere la scomunica, in quel momento né il Papa né i suoi collaboratori conoscevano l’intervista. Ma il problema dal mio punto di vista e ciò che è successo dopo cioè che, in quei quattro giorni che sono passati tra la pubblicazione della intervista e l’annuncio ufficiale, il decreto era già stato consegnato. In quel periodo di tempo non si è cercato di fare niente. Si poteva dire ai lefebvriani: “non lo pubblichiamo aspettiamo un mese”, si poteva spiegare il decreto portando un Cardinale importante come Kasper, oppure lo stesso Segretario di Stato che veniva a dire, a nome del Papa, che queste cose dette da Williamsom sono incettabili, che la Chiesa non le ha mai credute e mai le crederà, e che il gesto di togliere la scomunica non c’entra nulla con queste idee. Allora nel nostro libro non accusiamo nessuno, perché credo che siamo parte in causa più della Santa Sede. E per noi, intendo i media. La colpa è più nostra. Ma il Vaticano avrebbe potuto fare meglio.

E nel caso Murphy, il New York Times ha manipolato l’ informazione?

Andrea Tornielli: Intanto diciamo che il problema esiste e dunque non sono falsi casi, sono casi veri, anche se riguardano il passato. Ed è una cosa gravissima. Però credo che ci sia stata in molti casi, la mancanza di competenza e di volontà di capire la totalità dei fattori, che si sia voluto in maniera diretta ed un po’ gratuita arrivare subito al Papa, dire che lui è il colpevole di questa situazione e di questo fatto, perché i documenti del New York Times erano tradotti con google translator e l’inglese non corrispondeva alla realtà di quanto scritto in latino. Allora, io capisco tutto, non sto giudicando, però è certo che ci sia stata una campagna e che era finalizzata a cercare e ad addossare la responsabilità sul Papa. Detto questo, però, credo che la grande risposta del Papa non sia mai stata quella di difendersi attaccando gli altri. Non ha mai parlato nei confronti della stampa di campagna mediatica, non si è mai rifugiato dietro le statistiche come hanno fatto i suoi collaboratori. Lui ha mostrato un alto punto di vista che è il punto di vista della fede e ha detto che gli attachi più grandi sono venuti dall’interno della Chiesa. Lui chiama questo tempo un tempo di grazia e di purificazione. Dice: dobbiamo fare penitenza e cambiare. Questo lo trovo molto cristiano e molto bello dal punto di vista del Papa. Mi piacerebbe che fosse assunta di più questa posizione da parte di tutti.

[Lunedì 20 settembre, la seconda parte dell’intervista]

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione