Il Papa sorprenderà i britannici, annuncia l'ambasciatore Campbell

Intervista al rappresentante del Regno Unito in Vaticano

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di Jesús Colina

ROMA, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI sorprenderà i cittadini britannici presentando “da cuore a cuore” il rapporto tra fede e ragione, sostiene una delle persone decisive per la realizzazione della visita pastorale del Papa, l’ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede.

Nonostante i frenetici preparativi per l’arrivo del Pontefice in Scozia, Francis Campbell ha voluto offrire in un incontro con ZENIT una dettagliata analisi dell’impatto che avrà la prima visita di Stato di un Papa nel Regno Unito.

Campbell, nato nel 1970 nell’Irlanda del Nord, è stato segretario particolare di Tony Blair a Downing Street ed è rappresentante della Regina presso il Papa dal 2005.

Perché il Papa va nel Regno Unito?

Francis Campbell: Penso che ci siano due ragioni fondamentali: una religiosa, l’altra di Stato o diplomatica. Quella religiosa è essenzialmente il fatto che beatificherà il Cardinale John Henry Newman, una grande figura della Chiesa inglese e di quella universale. Il contributo di Newman all’insegnamento cristiano è immenso. Dal punto di vista diplomatico, il Regno Unito ha una relazione internazionale molto forte con la Santa Sede, centrata su un’ampia gamma di questioni, dallo sviluppo internazionale ai cambiamenti climatici. Dal comportamento politico degli ultimi anni si può vedere che il Regno Unito attribuisce grande importanza al rapporto con la Santa Sede. Negli ultimi sei anni abbiamo avuto cinque visite di Primi Ministri. Penso che solo Washington o Bruxelles abbiano avuto tante visite di premier britannici. Il motivo è il fatto che questo rapporto si concentra su molte questioni che per noi rivestono un’importanza fondamentale. Ci sono due modi di guardare alla Santa Sede. Alcuni restringono il loro sguardo a una piccolo Stato in Europa, ma le nostre relazioni non solo con il piccolo Stato, ma con la Santa Sede. Le nostre relazioni diplomatiche sono con la presenza globale della Santa Sede, che riguarda il 17,5% della popolazione mondiale. E quando si parte da qui si raggiungono molte aree globali come lo sviluppo internazionale, il disarmo, i cambiamenti climatici, la risoluzione dei conflitti, la loro prevenzione.

I mezzi di comunicazione in Gran Bretagna lasciano spazio alle critiche contro il Papa, e in alcuni ambienti del Regno Unito esiste una complicata storia di anticattolicesimo. E’ preoccupato?

Francis Campbell: No. Distinguerei innanzitutto chi critica la religione, incluso il cattolicesimo, partendo da una posizione di autentico disaccordo razionale. La religione deve essere sempre aperta alla critica della ragione. Si può affrontare questa critica da numerose prospettive: alcuni possono voler vedere un cambiamento in un particolare insegnamento religioso con cui non sono d’accordo, altri possono essere in disaccordo con il fatto stesso di credere in Dio. Nel Regno Unito c’è una lunga tradizione di umanesimo. Il disaccordo nei confronti della religione non è confinato alla Gran Bretagna. La maggior parte dei critici si concentra in questo campo. Distinguerei, però, tra le persone che criticano la religione e la minoranza che può esprimere alti livelli di intolleranza che nega all’altro – in questo caso la persona di fede – una voce uguale. Abbiamo una tradizione di protesta – c’è una tradizione democratica di gente che protesta e presenta il proprio punto di vista –, ma abbiamo anche una tradizione di rispetto per permettere all’altro di essere ascoltato.

Penso che uno dei rischi sia il fatto che i giornalisti non britannici possano pensare che chi grida di più è quello che deve essere ascoltato. Sarebbe un errore estrapolare le voci più alte. A volte si dice che la Gran Bretagna è un Paese secolare. Non direi che sia così, direi che è un Paese pluralista. Nell’ultimo censimento, più del 70% della popolazione si è definito cristiano. Quando si dice che siamo un Paese secolare, penso che si debba guardare al ruolo della regina, perché la regina è la guida suprema della Chiesa d’Inghilterra. La cristianità vive attraverso il tessuto dello Stato, e la Chiesa d’Inghilterra in Inghilterra è la Chiesa ufficiale di Stato. In Scozia c’è una realtà diversa, come Chiesa di Scozia. E si arriva alla dimostrazione molto pratica per cui quasi un quarto di tutti i bambini britannici frequenta scuole di fede che sono allo stesso tempo scuole statali. Sono pagate dallo Stato ma seguono l’ethos di una Chiesa particolare; il 10% di tutte le scuole in Gran Bretagna è composto da scuole cattoliche. Abbiamo quindi uno dei sistemi scolastici basati sulla fede più favorevoli al mondo. Se una persona, se un cristiano, un anglicano, un cattolico o anche una persona di un’altra fede vuole educare il proprio figlio in quella fede, ha la possibilità di educarlo nell’ethos di quella fede e nel contesto statale. Penso che queste argomentazioni siano piuttosto forti e illustrino fino a che punto il Regno Unito ha una società pluralista in cui la gente di fede gioca un ruolo attivo nella società e la fede è valorizzata dal Governo e dalla società in generale.

Com’è la relazione personale di Benedetto XVI con la Gran Bretagna?

Francis Campbell: La stampa britannica mi ha posto questa domanda, e penso che sia probabilmente il Papa che negli ultimi secoli è più informato sulla Gran Bretagna da un punto di vista culturale. Perché? Perché la maggior parte dei suoi predecessori veniva da una società in cui tutti sono cattolici, mentre Papa Benedetto viene da una società in cui cattolici e luterani vivono fianco a fianco. E non solo; egli ha insegnato per la maggior parte della sua vita in un’università che aveva una facoltà di Teologia che era luterana e cattolica. Penso che sia un Papa che arriva in Gran Bretagna con una notevole conoscenza del protestantesimo. In Scozia abbiamo il presbiterianesimo, John Knox, collegamenti a Ginevra, e in Inghilterra abbiamo la Chiesa d’Inghilterra, che è una combinazione della tradizione apostolica e della tradizione della Riforma. E’ già consapevole di queste cose. Questa è una dimensione, quella dell’hinterland culturale.

Quanto alla seconda dimensione, si sa che cosa intende quando parla di minoranze creative. Ora, si sa anche da dove deriva questo pensiero? Sì, se si leggono i suoi scritti. Si leggano il suo libro sull’Europa e i suoi scritti su questo continente, che riguardano il futuro dell’Occidente. Riporta l’affascinante dibattito del periodo tra le due guerre tra Oswald Spengler e Arnold Toynbee. Toynbee è stato una delle più grandi figure della vita britannica del XX secolo. Scrisse della storia della civiltà, e Benedetto XVI si mette dalla sua parte perché il dibattito tra Spengler e Toynbee è questo: Spengler dice che l’Occidente, come ogni altra civiltà, avrà un momento di crescita, di apice e di declino, Toynbee dice “No”. Dice che l’Occidente è diverso per via della cristianità. L’Occidente ha la cristianità, che agisce come una fonte costante di rinnovamento. E la cristianità è quella minoranza creativa al cuore di una civiltà. E’ questa l’argomentazione ripresa da Benedetto XVI. Siamo quindi di fronte a una persona a cui è ben noto questo dibattito decisivo in cui è stato coinvolto uno dei nostri più importanti pensatori del XX secolo, così come gli è nota l’esperienza culturale britannica.

Il terzo aspetto, forse il più importante, è questo: una delle grandi priorità del pontificato di Benedetto XVI e della sua teologia è il rapporto tra fede e ragione e, oltre a questo, il ruolo della religione nella sfera pubblica. In Francia e negli Stati Uniti ha affrontato questo tema e ha parlato della separazione tra Chiesa e Stato, del perché è così e del perché è diversa nei vari posti, del motivo per cui la Chiesa e la religione dovrebbero avere una voce, non una voce preferenziale ma una voce che non dovrebbe essere emarginata. E ora si reca in Gran Bretagna. Se si guarda a tre figure importanti del cattolicesimo
inglese – Thomas Beckett, Thomas More e John Henry Newman -, è tutto basato sulla fede e la ragione. E’ molto diverso da alcune delle grandi figure continentali del cattolicesimo come Giovanni della Croce, Teresa d’Avila o Teresa di Lisieux, in cui c’è molta più mistica. Per molti aspetti, stanno decifrando la loro coscienza. E’ la casa intellettuale di Benedetto XVI, in termini religiosi, perché l’illuminismo degli Stati Uniti, su cui gli Stati Uniti hanno basato la separazione tra Chiesa e Stato, è un illuminismo preso dall’Inghilterra e dalla Scozia, non è il modello illuministico francese.

Per queste tre ragioni penso che siamo di fronte a una persona che ha una grande familiarità con le basi e i toni culturali britannici.

Qual è la vera novità della visita di Benedetto XVI?

Francis Campbell: Per alcuni la visita di Giovanni Paolo II è stata più facile rispetto a questa di Benedetto XVI. La visita di Giovanni Paolo II, nel 1982, è stata come camminare in bilico su una stretta fune diplomatica. E’ stata una delle più difficili visite diplomatiche che aveva avuto fino ad allora perché giungeva in un paese che era in lotta con un paese a prevalenza cattolica. E questo causò non pochi problemi alla Santa Sede in ragione della sua neutralità. Visitare un paese in lotta è stata una grossa sfida. La seconda grossa sfida per Giovanni Paolo II è stato il conflitto nell’Irlanda del Nord… La religione era infatti uno dei problemi. C’erano problemi enormi nelle relazioni tra la comunità cattolica nell’Irlanda del Nord e il governo a Londra. E quello era solo un aspetto. Benedetto si trova, invece, di frone a una situazione diversa. Non si trova a camminare su queste strette e alte funi diplomatiche, tuttavia la società è diversa così come la gente. Giovanni Paolo II lanciò appelli e comunicò attraverso le azioni; Benedetto lancia appelli con le parole. Sotto molti punti di vista – e intendo ritornare su questo punto – Benedetto risulta forse più vicino all’esperienza britannica proprio in ragione di quel legame tra fede e ragione, del suo impegno intellettuale e Newman ne è un degno esponente. Anche il volto della Chiesa cattolica in Gran Bretagna è cambiato nel corso degli ultimi 28 anni, dalla visita cioè di Giovanni Paolo II. Ci sono ora uno milione di cattolici in più in Inghilterra. La Chiesa è caratterizzata da una maggiore diversificazione razziale. Sono giunti qui immigrati dall’Asia, dall’India, dall’Africa subsahariana, dall’America Latina, dall’Europa continentale inclusa l’Europa orientale. La Chiesa è molto diversa rispetto a 28 anni fa. Penso che questo sortirà tuttavia degli effetti. Le persone sostengono che 28 anni fa non ci furono proteste. A dire il vero, ci furono delle proteste. Forse un tipo diverso di proteste, ma ci furono. Ma questa volta la maggior parte delle proteste giungono dai gruppi laicisti che si oppongono ad alcui insegnamenti in particolare della Chiesa. L’altro aspetto è che noi ora viviamo in una cultura dove i media diffondono notizie 24 ore su 24; 28 anni fa non era così. E la visita sarà molto diversa. Anche il viaggio del Papa negli Stati Uniti avveniva in un diverso contesto. E infatti le persone negli Stati Uniti si chiedevano: “Ce la farà?”. E alla fine il suo viaggio è stato qualcosa di realmente fantastico.

Gli inglesi rimmarranno sorpresi dal Papa?

Francis Campbell: Io penso che la sorpresa consisterà nel fatto che vedranno il Papa senza filtri. Alcune delle cose che vengono messe in bocca al Papa, in realtà non le ha mai dette. Ci sono dei miti che circolano sugli insegnamenti del Papa, come il fatto che abbia attaccato la nostra Legislazione sull’uguaglianza quasi scavalcando il Parlamento. E in realtà non lo ha fatto. Nel suo discorso ai vescovi inglesi ha piuttosto fatto riferimento al suo rammarico per alcuni fatti avvenuti in passato. Stava semplicemente rispondendo ad alcuni punti sollevati dai Vescovi. Lui non stava facendo riferimento all’attuale Legislazione. Non ha interferito nelle decisioni del Parlamento. Allo stesso modo, in passato alcune persone hanno manipolato alcuni dei suoi discorsi, facendogli dire cose che non aveva detto.

Credo che le persone scopriranno una persona calorsa e intelligente che sta venendo per una visita storica che riflette molti passi di riavvicinamento. Per me il momento più alto sarà quando alle cinque di pomeriggio di venerdì parlerà alla Westminster Hall, nel luovo dove Tommaso Moro è stato condannato a morte. Questo dimostra quanto ci siamo spinti in avanti come paese, perché io non penso che ciò sarebbe stato possibile 28 anni fa. Penso, anzi, che sarebbe stato molto difficile. E penso anche che quando gli inglesi lo ascolteranno si renderanno conto che non è soddisfatto del loro futuro. Che non è disimpegnato ma che è anzi stremamente impegnato. E questo scaturisce dalla sua infanzia. … Verrà qui un Papa che nella sua infanzia ha visto in prima persona i rischi di un regime totalitario e per lui la religione, il cattolicesimo, il cristianesimo sono un controllo del totalitarismo. Sotto molti aspetti la sua vita è una dimostrazione pratica del legame tra fede e ragione perché la ragione incontrollata può scadere nel totalitarismo. Ma ugualmente, una fede non controllata dalla ragione può divenire estremista e irrazionale. Tutto sta nell’interazione di questi due aspetti… E penso che lui riuscirà a stabilire un contatto, che mostrerà il suo impegno e attirerà le persone a sé perché tutto sta nell’ascoltare le sue parole e nell’assorbirle. Penso che troverà ad accoglierlo un abbraccio.

La beatificazione del Cardinale Newman può costituire una segno di unità tra cattolici e anglicani?

Francis Campbell: È molto interessante che lei chieda se può costituire un segno di unità… Io penso che lei stia ponendo una domanda molto importante. Una buona parte dei lavori di Newman risale a quando era un anglicano e lui è stato sia anglicano che cattolico. Fondò il Movimento di Oxford che riveste ancora un peso notevole e che è stata una voce forte all’interno nel suo tentativo di ricalibrare la tradizione apostolica dell’Anglicanesimo. Newman fu per buona parte della sua vita un membro della Chiesa anglicana. Non è una forza di divisione. I suoi insegnamenti sulla coscienza sono davvero qualche cosa di applicabile a ciascun cristiano ma anche a tutte le fedi e alle persone di buon volontà. Quindi ecco un formidabile pensatore cristiano. Qualcuno che, prima di qualsiasi catalogazione, è stato in primissimo luogo un pensatore cristiano. Io penso che Papa Benedetto sia interessato a lui perché è un pensatore post-illuminista e il suo sforzo è quello di guarire la frattura tra fede e ragione causata dall’Illuminismo intellettuale francese. Qui abbiamo una personalità che sta veramente colmando questa frattura. Quindi in questo senso, è una personalità, non solo per la Chiesa cattolica ma per tutto il Cristianesimo e per le persone di fede.

Cosa dirà al Papa quando metterà piede nel suo paese?

Francis Campbell: Probabilmente gli dirò: “Benvenuto”. O ancora più probabile mi chiederò: “dovrei parlargli in italiano oppure in inglese?”. Credo sia meglio parlargli in inglese perché sarà costretto a parlare in inglese per i prossimi quattro giorni. Sono entusiasta di questa visita, che è importante sotto molti punti di vista. Ma penso c’è ci sia una ragione fondamentale. E questa ragione risiede nelle nostre relazioni diplomatiche di lunga data. La Corona ha spedito la prima volta un ambasciatore nel 1479. Il primissimo ambasciatore britannico è stato infatti inviato a Roma. E tutto questo è riuscito a sopravvivere alla Riforma, alle diffidenze e alle dispute. La Regina è stata qui, molte volte. Più recentemente nel 2000. Ed è venuta qui nel 1951 come Principessa Elisabetta prima di divenire Regina. In seguito è giunta qui quasi per ogni pontificato ed è giusto ora ripagare le visite che abbiamo ricevuto nel corso degli anni.

L’onore più alto che l
a Regina può tributare al Papa è una visita di Stato e alla luce della nostra antichissima amicizia diplomatica molte persone potrebbe dire “che si sarebbe dovuto fare molto tempo fa”. Io sono entusiasta che Papa Benedetto abbia accolto l’invito perché la diplomazia è tutta questione di amicizia ed i legami tra la Corona e il Papato non possono essere sottovvalutati. La famiglia reale Stuart è seppellita nella cripta di San Pietro e i rapporti tra la Corona e il Papato risalgono molto indietro nel tempo. Quando la Regina ha appreso che il Papa aveva intenzione di venire nel Regno Unito, ha scritto una lettera, invitandolo formalmente a venire, e lui ha accettato cortesemente. Per noi è un fatto unico che una visita di Stato cominci da Edinburgo con la visita alla Regina. Lui ha 83 anni di età, lei ne ha 84 anni. Hanno vissuto nella loro vita esperienze molto simili. Penso che sarà un incontro unico.

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ZENIT Staff

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