Inghilterra, il Papa, il matrimonio

Intervista al direttore della Pastorale di Westminster

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di Genevieve Pollock

LONDRA, mercoledì, 15 settembre 2010 (ZENIT.org).- L’Inghilterra, mèta della visita di Benedetto XVI dal 16 al 19 settembre, rappresenta l’epicentro geopolitico della cultura della morte, secondo Edmund Adamus, ma è anche nota come “Dos Mariae”, dote di Maria.

Adamus, direttore della Pastorale, della Diocesi di Westminster, ha spiegato a ZENIT in che modo lo straordinario patrimonio cristiano inglese e la sua attuale cultura anticattolica d’avanguardia la rendono un luogo altamente significativo per la imminente visita del Papa.

Adamus ha osservato che il matrimonio costituisce un elemento centrale sia della prima evangelizzazione della nazione, sia degli attuali conflitti culturali.

In questo senso, egli ha lavorato attivamente per promuovere il magistero della Chiesa sul matrimonio, attraverso iniziative come il pellegrinaggio su tutto il territorio nazionale di un’immagine della Madonna di Guadalupe nel periodo che accompagna la visita papale, una Messa in onore di circa 600 coppie sposate, la creazione di uno strumento per una maggiore consapevolezza sulla fecondazione naturale, e una serie di lezioni annuali sulla teologia del corpo.

Le lezioni di quest’anno si sono svolte il 14 settembre ed hanno visto la partecipazione di Brian Gail, autore di “Fatherless”, intervenuto sul tema “In the Service of Women — Men Are Called to Greatness” (al servizio delle donne – gli uomini sono chiamati alla grandezza).

In questa intervista rilasciata a ZENIT, Adamus ha parlato dello stato della Chiesa e del matrimonio nel Regno Unito, delle speranza dei cattolici per la visita dal Papa, e del ruolo dell’Inghilterra nell’evangelizzazione della cultura globale.

Che aria si respira mentre l’Inghilterra si prepara alla visita di Benedetto XVI?

Adamus: Se si dovesse prendere per buono ciò che si sente e si vede nei principali mezzi di comunicazione, si potrebbe pensare che il Santo Padre stia per essere investito da un vortice di controversie e di atteggiamenti belligeranti.

Certamente esiste una tendenza anticattolica aggressiva nei confronti della Chiesa e del Pontefice. Ma gran parte delle persone apprezzano il valore della testimonianza del Santo Padre sulle questioni morali fondamentali (anche se esse raramente finiscono sui media) e, più di recente, sulle questioni sociali emerse dalla minaccia di un’era di austerità del nuovo Governo di coalizione.

Nell’insieme penso che molte persone, soprattutto cattoliche – che un recente sondaggio mostra essere più di quante ci si immaginava – attendono la visita Papale con la speranza e l’aspettativa che la sua presenza e le sue parole possano essere una “luce gentile” (“kindly light”, per prendere in prestito un’espressione del cardinale Newman) in un tempo di ombre particolarmente minacciose nei confronti della cellula fondamentale della società – la famiglia – e dei diritti dei genitori.

Quali sono le sue speranze per la visita papale?

Adamus: Personalmente spero in un rinnovamento del senso e della chiarezza su ciò che noi cattolici intendiamo, in termini di missione, per autentica dignità della persona.

Spero che questo autentico – veramente autentico – e personale amore che Cristo ha per ciascun membro della società britannica si manifesti in qualche modo in una migliore comprensione da parte dell’opinione pubblica della realtà della Chiesa come corpo mistico di Cristo, anziché come mera entità politica (o istituzione gerarchica).

L’arcivescovo Fulton Sheen diceva che non sono più di 200 le persone nell’intera nazione che realmente odiano la Chiesa cattolica, e che sono invece milioni quelli che odiano ciò che pensano essere l’insegnamento della Chiesa cattolica.

Prego che la visita di Papa Benedetto porti con sé qualcosa di miracolosamente significativo contro questo elevato livello di erronea percezione.

Che ruolo vede per l’Inghilterra nell’ambito dell’evangelizzazione della cultura sulla scena globale?

Adamus: È normale che l’attenzione dei media sul Papa, sul suo messaggio e sulla Chiesa cattolica diventi frenetica nella nazione che è meta di una visita papale.

Da questo punto di vista la Gran Bretagna non fa eccezione, ma esiste un certo fremito relativamente al tipo di attenzione che la visita provocherà nei media locali e nella coscienza pubblica.

Perché? Perché, che ci piaccia o no in quanto cittadini britannici e residenti in questo Paese – e che siamo o meno preparati come cattolici ad accettare questa realtà e tutto ciò che essa implica – il fatto è che, storicamente, e ancora oggi, la Gran Bretagna, e in particolare Londra, è stata ed è ancora l’epicentro geopolitico della cultura della morte.

Le nostre leggi e i nostri legislatori, per oltre 50 anni o più, hanno operato in modo fortemente permissivo contro la vita e fortemente progressivo contro la famiglia e il matrimonio. Sostanzialmente siamo stati uno dei terreni culturalmente più anticattolici, più ancora di quei luoghi in cui i cattolici subiscono un’aperta persecuzione.

L’Inghilterra stessa, nonostante il suo straordinario patrimonio cristiano: S. Agostino, l’apostolo degli inglesi, nominato da Papa Gregorio, ha sfidato la tentazione alla disperazione di chi aveva provato a convertire i britannici pagani, ricordando loro la bellezza, la verità e la dignità del matrimonio.

Le cronache di San Beda sul Cristianesimo inglese raccontano di questa strategia, in seguito alla quale – come lui afferma – “l’Inghilterra si è ripresa”.

L’Inghilterra è anche la “Dos Mariae” (dote di Maria), un antico titolo che risale al XIV secolo e anche prima, nel linguaggio spirituale della gente.

Questo titolo rappresentava il fatto che, sin dai primissimi tempi, i cattolici inglesi veneravano la persona della Madre di Cristo con tale singolare e accorata devozione che si credeva che la nazione stessa fosse una sorta di ruolo soprannaturale (in senso metaforico) nel “matrimonio” tra lo Spirito Santo e la sua sposa, la Vergine di Nazareth.

In altre parole, il Cristianesimo inglese, nel progetto di Dio, ha un ruolo straordinario, come solido fondamento (come la dote nel matrimonio) dell’opera di redenzione e salvezza dal punto di vista storico e globale.

L’Inghilterra è stata la prima nazione cristiana ad aver investito formalmente la Chiesa del solenne rito del matrimonio, cosa che ritroviamo nel rito matrimoniale di Sarum.

In questo antico rito, le parole “e con il mio corpo ti rendo culto” (ancora usato dai nostri fratelli anglicani), dal Medioevo in poi, sono diventate, in un certo senso, la primordiale teologia del corpo.

Se gli sposi sono chiamati da Dio a onorarsi l’un l’altro con il corpo, allora certamente il più alto rispetto della presenza divina nella corporeità di ciascuno di noi è fuori discussione, poiché tutti noi, in virtù del battesimo, siamo come uomini sposati alla Chiesa e come donne sposate a Cristo.

Sopra il portone principale della cattedrale cattolica di Westminster del Preziosissimo Sangue, vi è un mosaico dedicato al Cristo trionfante. Ai suoi lati sono raffigurate la madre e il padre putativo, Maria e Giuseppe, che a loro volta stanno vicino a San Pietro e a San Edoardo il confessore.

Pietro e Edoardo sono inginocchiati di fronte alla scena. Entrambi nei loro ruoli simbolici: uno come evidente capo della Chiesa, l’altro come re, che personifica il regno d’Inghilterra. Essi sono inginocchiati davanti al trittico della Sacra Famiglia.

Prego che la visita papale possa ispirare tutti gli inglesi, nella Chiesa e nello Stato, ad inginocchiarsi interiormente di fronte a questa inestimabile icona della Trinità: matrimonio e famiglia.

La lezione che ha preparato in vista della visita papale era incentrata principalmente sull’identità e sul ruolo degli uomini e delle donne, e soprat
tutto degli uomini. Perché è importante evidenziare questo tema in un momento come quello attuale?

Adamus: Esiste una fondamentale verità che sottende l’antropologia di Giovanni Paolo II, la sua teologia del corpo: la chiamata di ogni uomo è la dignità di ogni donna; la vocazione di ogni donna è l’integrità di ogni uomo.

In altre parole – assediati come siamo stati per molti decenni e ancor più oggi a causa della globalizzazione della teoria del genere – la gente sta iniziando a capire che la femminilizzazione della mascolinità e la cultura machista (“laddish”) che incombe sullo sviluppo delle giovani ragazze non rappresenta una valida risposta alle più profonde questioni della vita.

Giovanni Paolo II, come sappiamo, nella sua catechesi ci invita a “tornare all’inizio” per scorgere nella verità dell’ordine della creazione, qualcosa che oseremmo dire di “divina immaginazione”.

Quel sogno di Dio Padre e Creatore è che le sue figlie e i suoi figli, in ogni relazione e soprattutto in quella coniugale e sessuale, siano infusi della serenità e della tranquillità dei nostri primi genitori.

Questo non significa solo essere aperti alla procreazione, ma anche rispettare l’espressione della vita divina nell’altro: vedersi reciprocamente con gli occhi di Dio stesso.

Lo “sguardo interiore”, come lo ha chiamato Giovanni Paolo II, è fondamentale per il rapporto maschio-femmina, soprattutto per l’uomo perché il nostro DNA ci dice che siamo attratti prima dalla bellezza e dalla bontà di ciò che vediamo e poi da ciò che udiamo, percepiamo o sentiamo.

È quindi imprescindibile per l’uomo di gioire, nel proprio carisma maschile, nel vedere nella donna, e proprio in quanto donna, il suo intrinseco valore e la sua intrinseca bellezza.

In questo senso, l’uomo esprime nelle sue azioni un segno che va controcorrente rispetto al deserto dell’egoismo, dell’edonismo e dell’oggettificazione della donna per la gratificazione sessuale.

La Gran Bretagna in particolare, con la sua sempre crescente commercializzazione del sesso, per non parlare delle sue leggi permissive che rispondono all’agenda della lobby degli omosessuali, rappresenta proprio quel tipo di deserto.

Il fenomeno della pornografia è un qualcosa che deve essere affrontato urgentemente e pastoralmente, qui come altrove, poiché i livelli di consumo da parte di uomini e donne vengono gradualmente accettati come normali.

In sostanza, è compito dell’uomo prestare il dovuto onore e rispetto alla donna, in ogni circostanza (soprattutto alle nostre mogli e figlie). In questo modo noi uomini cresciamo verso la pienezza della nostra umanità in Cristo, diventiamo eroi e facciamo del bene alle donne.

In che modo queste lezioni e l’insegnamento della teologia del corpo in generale l’hanno aiutata nel suo lavoro di preparazione al matrimonio e di vita matrimoniale?

Adamus: Mi ha consentito (almeno una volta l’anno) di rendermi nuovamente conto della grande necessità di integrare sapientemente un’autentica lettura della teologia del corpo in ogni catechesi, ma soprattutto in quelle che riguardano la formazione dei fidanzati, degli sposati e di coloro il cui matrimonio si trova in difficoltà.

Credo che uno dei brani più sottovalutati dell’insegnamento del Papa sia quello contenuto nel paragrafo 29 della sua Sacramentum Caritatis del 2007:

“Data la complessità del contesto culturale in cui vive la Chiesa in molti Paesi, il Sinodo ha, poi, raccomandato di avere la massima cura pastorale nella formazione dei nubendi. […]Troppo grande è il bene che la Chiesa e l’intera società s’attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale”.

La serie di lezioni, in cui siamo stati onorati dalla presenza di eminenti teologici esperti nel campo del matrimonio e della famiglia, ha consentito al mio lavoro di rimanere concentrato su ciò che considero essere il migliore standard di preparazione al matrimonio delineato dallo stesso Giovanni Paolo II quando disse:

“Continuate a dare forte risalto al matrimonio come vocazione cristiana a cui sono chiamate le coppie e a dare loro gli strumenti per viverlo pienamente, attraverso corsi di preparazione al matrimonio che devono essere realizzati con serietà, ottimi contenuti, sufficiente durata e obbligatorietà”.

A mio avviso la preparazione al matrimonio non è sufficiente per adempiere a questi standard.

Se Dio vorrà, lo studio nazionale sulla preparazione al matrimonio, che si sta svolgendo per conto dei vescovi, affronterà questa carenza, con l’aiuto anche di un vademecum che il Pontificio Consiglio per la famiglia è in procinto di pubblicare sull’argomento.

La sua urgenza non sarà mai sottolineata a sufficienza.

Quali considera essere le maggiori sfide del matrimonio oggi?

Adamus: Tra le maggiori sfide figurano quei falsi “frutti” della convivenza di fatto. Vi sono montagne di prove oggi che svelano gli enormi rischi nei matrimoni preceduti dalla convivenza.

L’esperienza di partner sessuali multipli, prima e al di fuori del matrimonio, coadiuvata dalla contraccezione e dall’aborto, sta producendo enormi danni a lungo termine nella capacità umana (inscritta dal Creatore) di fondare un legame permanente.

Questo pone enormi problemi agli sposi per mantenere legami emotivi, psicologici e sessuali.

I crescenti livelli di ridotta fertilità e di cronica infertilità, dovuta al prolungato uso di contraccettivi ormonali, rappresenta un elemento cruciale che deve essere affrontato, perché la sofferenza derivante dall’incapacità di avere figli può generare un insostenibile stress al matrimonio.

Per questo è così importante rafforzare le coppie infondendo loro quel senso sacramentale del matrimonio, per aiutarle a comprendere che la grazia del sacramento è sempre all’opera, soprattutto quando si è aperti alla vita.

Vorremmo dare loro quella mentalità di “Cana”, in cui “l’acqua” della loro convinzione nel matrimonio sia trasformata nel “vino” della loro permanente certezza di essere uno in Cristo.

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ZENIT Staff

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