Eugenetica: nasce una rete sociale per avere figli belli

Chi perde i propri attributi fisici viene espulso

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di Carmen Elena Villa

LOS ANGELES, mercoledì, 15 settembre 2010 (ZENIT.org).- Una rete sociale nella quale “non si accettano i brutti” e in cui di recente 5.000 membri sono stati espulsi per essere aumentati di peso ha lanciato l’offerta di donatori di ovuli e sperma per poter generare figli belli.

Si tratta del sito “Beautiful People” (“Gente Bella”), che cerca di “potenziare le probabilità di avere un bambino bello”, come spiega la sua pagina web.

La rete è nata in Danimarca nel 2002 ed è ora presente in 190 Paesi del mondo.

Chi vi aderisce difende l’idea dei donatori per bambini belli come una “nobile causa”. Il direttore del sito, Greg Hodge, ha detto all’agenzia AFP che si tratta di “un’opportunità che diamo a tutte le coppie e le donne single con problemi di fecondazione”.

Chi aspira ad appartenere a questa rete viene contattato dopo aver inviato una fotografia e aver “creato un profilo in cui le donne verranno votate dagli uomini e gli uomini dalle donne”, ha spiegato Hodge.

Il direttore ha definito il suo sito “molto democratico” perché “riflette il fatto che la bellezza è una cosa soggettiva, perché ci sono tutti i gusti e tutte le origini etniche e culturali”.

ZENIT ha consultato il ginecologo Carlos Alberto Gómez Fajardo, esperto di Bioetica, per il quale iniziative come questa riguardano “la mentalità eugenetica e abortista”, che “cresce in un terreno di ideologia light in cui nessuno sembra volersi interrogare sulla realtà: la condizione personale umana di ciascuno delle migliaia di embrioni che vengono distrutti nei processi”.

Nella sua Enciclica Evangelium Vitae (1995), Giovanni Paolo II ha definito la mentalità eugenetica “ignominiosa e quanto mai riprovevole”, perché cerca di “misurare il valore di una vita umana soltanto secondo parametri di normalità e di benessere fisico”.

Dal canto suo, l’istruzione Dignitas Personae, pubblicata nel 2008 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede su alcune questioni di bioetica, afferma che trattando l’embrione come semplice “materiale di laboratorio” si operano “un’alterazione e una discriminazione anche per quanto riguarda il concetto stesso di dignità umana”.

Il documento afferma che le modalità di selezione genetica “introducono un indiretto stigma sociale nei confronti di coloro che non possiedono particolari doti e enfatizzano doti apprezzate da determinate culture e società, che non costituiscono di per sé lo specifico umano”.

“Se in altri tempi, pur accettando in generale il concetto e le esigenze della dignità umana, veniva praticata la discriminazione per motivi di razza, religione o condizione sociale”, dichiara la Dignitas Personae, “oggi si assiste ad una non meno grave ed ingiusta discriminazione che porta a non riconoscere lo statuto etico e giuridico di esseri umani affetti da gravi patologie e disabilità”, perché non godono delle condizioni fisiche conformi agli attuali parametri di bellezza.

Questo tipo di manipolazioni, avverte il testo, finirà, “prima o poi, per nuocere al bene comune, favorendo il prevalere della volontà di alcuni sulla libertà degli altri”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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