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Cari amici,
ringrazio vivamente l’Orchestra di Padova e del Veneto e il Coro “Accademia della voce” di Torino, diretti dal maestro Claudio Desderi, e i quattro solisti, per averci offerto questo momento di gioia interiore e di riflessione spirituale con un’intensa esecuzione del Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart. Con loro ringrazio Mons. Marcelo Sánchez Sorondo, Segretario della Pontificia Accademia delle Scienze, per le parole che mi ha rivolto, come pure i vari Enti che hanno contribuito all’organizzazione di questo evento. Sappiamo bene che il giovanissimo Mozart, nei suoi viaggi in Italia con il padre, soggiornò in varie Regioni, tra le quali anche il Piemonte e il Veneto, ma soprattutto sappiamo che fece tesoro della vivace attività musicale italiana, caratterizzata da compositori quali Hasse, Sammartini, Padre Martini, Piccinni, Jommelli, Paisiello, Cimarosa, per citarne alcuni.
Permettetemi, però, di dire ancora una volta che c’è un affetto particolare che mi lega, potrei dire da sempre, a questo sommo musicista. Ogni volta che ascolto la sua musica non posso non riandare con la memoria alla mia chiesa parrocchiale, quando, da ragazzo, nei giorni di festa, risuonava una sua “Messa”: nel cuore percepivo che un raggio della bellezza del Cielo mi aveva raggiunto, e questa sensazione la provo ogni volta, anche oggi, ascoltando questa grande meditazione, drammatica e serena, sulla morte. In Mozart ogni cosa è in perfetta armonia, ogni nota, ogni frase musicale è così e non potrebbe essere altrimenti; anche gli opposti sono riconciliati e la mozart’sche Heiterkeit, la “serenità mozartiana” avvolge tutto, in ogni momento. E’ un dono questo della Grazia di Dio, ma è anche il frutto della viva fede di Mozart, che – specie nella sua musica sacra – riesce a far trasparire la luminosa risposta dell’Amore divino, che dona speranza, anche quando la vita umana è lacerata dalla sofferenza e dalla morte.
Nell’ultima lettera scritta al padre morente, datata 4 aprile 1787, così egli scrive parlando proprio della tappa finale della vita sulla terra: “… da qualche anno sono entrato in tanta familiarità con quest’amica sincera e carissima dell’uomo, [la morte], che la sua immagine non solo non ha per me più nulla di terrificante, ma mi appare addirittura molto tranquillizzante e consolante! E ringrazio il mio Dio di avermi concesso la fortuna di avere l’opportunità di riconoscere in essa la chiave della nostra felicità. Non vado mai a letto senza pensare che l’indomani forse non ci sarò più. Eppure nessuno fra tutti coloro che mi conoscono potrà dire che in compagnia io sia triste o di cattivo umore. E di questa fortuna ringrazio ogni giorno il mio Creatore e l’auguro di tutto cuore ad ognuno dei miei simili”. È uno scritto che manifesta una fede profonda e semplice, che emerge anche nella grande preghiera del Requiem, e ci conduce, allo stesso tempo, ad amare intensamente le vicende della vita terrena come doni di Dio e ad elevarci al di sopra di esse, guardando serenamente alla morte come alla “chiave” per varcare la porta verso la felicità eterna.
Il Requiem di Mozart è un’alta espressione di fede, che ben conosce la tragicità dell’esistenza umana e che non tace sui suoi aspetti drammatici, e perciò è un’espressione di fede propriamente cristiana, consapevole che tutta la vita dell’uomo è illuminata dall’amore di Dio. Grazie ancora a tutti.
[© Copyright 2010 – Libreria Editrice Vaticana]