Le riforme dopo la crisi degli abusi sessuali (parte II)

Intervista agli autori Gregory Erlandson e Matthew Bunson

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di Karna Swanson

HUNGTINGTON (Indiana), martedì, 7 settembre 2010 (ZENIT.org).- Mentre la Chiesa continua ad affrontare gli scandali degli abusi sessuali, i cattolici devono sapere che esiste un programma per andare avanti e che Benedetto XVI ne sta guidando il processo. Questo è quanto affermano gli autori di un libro sulla risposta che il Papa sta dando alla recente ondata di casi sessuali.

Si tratta di Matthew Bunson e Gregory Erlandson, che di recente hanno scritto a quattro mani un volume dal titolo “Pope Benedict XVI and the Sexual Abuse Crisis: Working for Reform and Renewal” (Our Sunday Visitor, 2010).

In questa seconda parte dell’intervista rilasciata a ZENIT, gli autori riflettono sulle conseguenze derivanti dalla crisi sugli abusi sessuali e su ciò che Benedetto XVI ha fatto per consentire alla Chiesa di superarla.

La prima parte dell’intervista è stata pubblicata il 6 settembre.

Nel libro si fa riferimento al fatto che la Chiesa viene accusata di non aver dato per tempo una adeguata risposta ai casi di abusi, ma anche che in molti casi le stesse autorità civili hanno ritardato a rispondere. Vi sono stati dei cambiamenti negli ultimi 20 o 30 anni su come la legge affronta questo tipo di reati?

Bunson e Erlandson: Sebbene negli ultimi decenni siano state approvate leggi riguardanti gli abusi sessuali sui minori, allo stesso tempo le autorità civili hanno continuato ad avere quella stessa generale carenza di comprensione del fenomeno. È mancata sia un’adeguata consapevolezza su questo tipo di devianza, sia la comprensione del suo impatto sui bambini abusati. Come sosteniamo nel libro, molti vescovi si sono affidati agli esperti di salute mentale per ricevere consigli su come gestire i preti abusatori, accettando l’idea che un prete in terapia potesse essere trasferito ad un nuovo incarico. Oggi sappiamo che questo è stato un errore catastrofico.

Vi è stata anche una certa riluttanza nell’accusare i preti e la Chiesa di comportamenti che erano considerati alla stregua dell’abuso di alcol o di stupefacenti. In luoghi come l’Irlanda e gli Stati Uniti, spesso le autorità civili non procedevano nei casi di abusi su minori per un eccessivo senso di deferenza verso i sacerdoti o per non voler dare scandalo all’istituzione religiosa. Papa Benedetto XVI ha sottolineato proprio questo aspetto nella sua lettera ai cattolici di Irlanda.

La Chiesa esiste da più di duemila anni e ha dimostrato la sua forza nel superare le molte crisi che l’hanno minacciata. Detto ciò, quali sono le conseguenze per la Chiesa generate da questa crisi sugli abusi sessuali? E soprattutto, quali conseguenze ha subito la fede dei singoli credenti, siano essi le vittime, gli stessi abusatori, o i fedeli tra i banchi?

Bunson e Erlandson: La Chiesa ha subito una dolorosa ferita con questa crisi sugli abusi sessuali. Non solo è stata un’umiliazione e un duro colpo alla sua reputazione, ma ha dovuto riconoscere che proprio chi aveva la maggiore responsabilità nei confronti delle anime – preti, diaconi, vescovi, dipendenti ecclesiastici – ha fallito miseramente. Alle vittime degli abusi è stata distrutta la vita e fortemente indebolita la fede. In aggiunta, delitti come quello degli abusi sessuali hanno un effetto moltiplicatore, provocando traumi e allontanando famiglie e amici, e minando la testimonianza della Chiesa nella società.

La grande maggioranza dei preti è dedita e fedele ai propri voti, eppure si è vista distrutta la propria reputazione ed ha sentito il peso della diffidenza. In quelle parrocchie dove vi sono stati abusi, la sfiducia e il dolore da parte della gente persiste anche quando i casi vengono affrontati in modo schietto ed energico. Anche il rapporto tra i preti e i vescovi ne ha subito le conseguenze. Non è infrequente che i sacerdoti sentano minacciata la propria reputazione e considerino inaffidabili i loro vescovi che li hanno resi come capri espiatori per i loro più ampi problemi istituzionali. Molti, tra cui il fu cardinale Avery Dulles, hanno messo in guardia sulla frattura nel rapporto preti-vescovi che può originare da questi scandali.

I vescovi – gran parte dei quali ha ereditato i casi di abusi e i relativi processi dai decenni passati – hanno visto crollare la loro reputazione e la loro autorità morale in un momento in cui le loro voci erano più necessarie.

Per quanto riguarda i fedeli, che traggono la maggior parte delle notizie dalla stampa laica, gli scandali hanno continuato ad erodere la fede nelle istituzioni della Chiesa e nei loro rappresentanti. Questa corrosione di fiducia ha implicazioni di lungo termine, che vanno al di là di coloro che smettono di andare a messa. Quei cattolici che si erano già allontanati dalla fede, potrebbero cogliere l’occasione degli scandali per rompere definitivamente con la Chiesa, ma coloro che restano non riescono a comprendere l’intero contesto e vedere tutto ciò che la Chiesa sta facendo per correggere gli errori del passato e prevenirne di futuri. È in particolare per queste persone che abbiamo scritto il nostro libro: per i nostri fratelli cattolici che potrebbero vedere solo metà della storia.

Benedetto XVI ha inoltre voluto legare strettamente la riforma della Chiesa sugli abusi sessuali ad un più ampio programma di rinnovamento spirituale. La crisi ha quindi fornito alla Chiesa l’occasione per introdurre necessarie riforme istituzionali e per avviare un processo di rinnovamento spirituale. Come ha accennato, entrambi questi aspetti sono perfettamente in linea con la più ampia storia della Chiesa, in un continuo stato di riforma e di rinnovamento, come ebbe a dichiarare memorabilmente Papa Gregorio Magno.

Voi sostenete che Benedetto XVI stia esercitando una leadership in questa crisi e che il suo pontificato sarà giudicato sulla base della sua risposta agli abusi sessuali nella Chiesa. Quali sono secondo voi i principali elementi di risposta che sta dando?

Bunson e Erlandson: Il nucleo del nostro libro è quello di documentare la grande esperienza di Joseph Ratzinger, ora Benedetto XVI, nel gestire gli abusi sessuali, da quando era Arcivescovo di Monaco-Freising, alla sua nomina a capo della Congregazione per la dottrina della fede, alla sua elezione al Soglio Pontificio nel 2005.

Il Papa ha avuto a che fare con questa questione da anni. Come capo della Congregazione per la dottrina della fede, ha assunto il controllo sui casi di tutto il mondo, dopo che nel 2001 Giovanni Paolo II ha emanato il decreto di accentramento in Vaticano della supervisione dei casi. In quella posizione è diventato forse la persona più informata in tutta la Chiesa sull’estensione e la gravità del problema. Ha sostenuto la riforma e i nuovi programmi negli Stati Uniti. Ha accettato le dimissioni di vescovi in tutto il mondo per aver fallito nel loro ruolo di guida nella gestione dei casi. Ha parlato a lungo di questo problema, come testimoniano le chiare parole da lui espresse durante il suo viaggio negli Stati Uniti nel 2008 e la sua lettera ai cattolici di Irlanda. Si è incontrato con le vittime di abusi negli Stati Uniti, in Australia, a Malta e in Vaticano, e ha detto di voler incontrare le vittime dell’Irlanda. È chiaro anche che continuerà a parlare della questione, avendo in programma di emanare norme universali per la Chiesa in questo importante settore.

Come abbiamo sottolineato, il Papa ha unito queste fondamentali riforme istituzionali ad un più ampio programma di rinnovamento spirituale. Come ha ricordato durante il suo viaggio apostolico a Cipro, la Chiesa può sopravvivere alle persecuzioni esterne, ma la più grande minaccia per la Chiesa viene dal suo interno: dai peccati e dai fallimenti dei suoi membri. Senza dubbio la crisi sugli abusi sessuali rappresenta una catastrofe per l’intero mondo cattolico, ma seguendo la guida di Papa Benedetto, noi cattolici possiamo avere fiducia n
el futuro e sapere che abbiamo un percorso davanti a noi. Il Santo Padre è la nostra guida in questo lungo e difficile cammino.

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ZENIT Staff

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