La codificazione di Pio XII e le Chiese orientali


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di padre Hani Bakhoum Kiroulos

ROMA, martedì, 7 settembre 2010 (ZENIT.org).- Le varie comunità d’oriente nella loro unione con la Sede Apostolica hanno conservato i propri usi liturgici e le proprie discipline canoniche. Tali usi liturgici e disciplinari, da una parte, non hanno risolto i vari problemi odierni riguardanti la vita dei credenti. E dall’altra parte non c’era una collocazione che raggruppava l’insieme di tali usi. Tutto ciò ha spinto i vari Romani Pontefici e la Congregazione de Propaganda Fide ad emanare nuove discipline e norme.

La doverosa emanazione di nuove discipline canoniche e di un nuovo Codice per le Chiese Orientali “si faceva intanto sempre più sentire, e fu segnalata durante la preparazione del Vaticano I”[1]. Un nuovo Codice che cerca di sottolineare l’identità culturale, storica, e giuridica orientale, mantenendo alla base i rapporti fra la Sede Apostolica e le varie comunità orientali.

Un momento fondamentale per tale ricerca di identità, anche se non era il primo, è stato nel 27 novembre 1929, quando il Papa Pio XI ha costituito[2] la Commissio Cardinalizia pro Studiis Preparatoriis Codificationis Orientalis, presieduta dal Cardinale Pietro Gasparri. Tale commissione ha avuto il compito di “raccogliere tutte le fonti che costituiscono il corpus iuris, sia comune a tutte le Chiese orientali che proprie a ciascuna di esse”[3].

Il 17 luglio 1935, invece, con un’altra notificazione[4] del medesimo Papa, fu costituita la seconda Commissione Pontificia per la Redazione del Codice di Diritto Canonico Orientale. Tale commissione il 13 marzo 1948, presentò al Papa, Pio XII, l’intero testo del Codice di Diritto Canonico Orientale. Il testo del codice era formato da 2666 canoni e fu approvato dal medesimo Pontefice. Nonostante una tale approvazione il testo intero del codice non è mai stato promulgato[5]. Infatti, i 1100 canoni del testo del Codice di Diritto Canonico Orientale sono rimasti nell’archivio della Commissione[6].

Al posto della promulgazione intera del Codice del Diritto Canonico Orientale, dunque, nel 22 febbraio 1949 fu promulgato il Motu Proprio Crebrae Allatae[7] concernente la disciplina del matrimonio cui seguiranno le promulgazioni dei Motu Proprio Sollicitudinem Nostram[8] del 6 gennaio 1950 sulla disciplina processuale; Postquam Apostolicis Litteris[9] del 9 febbraio 1952 sulla disciplina giuridica dei religiosi, i beni temporali e la terminologia e, infine, Cleri Sanctitati[10] del 2 giugno 1957 riguardante i Riti Orientali e le Persone.

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1)  Cfr. M. BROGI, Codificazione del Diritto Comune nelle Chiese Orientali Cattoliche, in Revista española de Derecho Canónico, 45 (1988), Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca, 11.

2)  PIUS XI, Notificatio, in AAS, 21 (1929), 669.

3)  M. BROGI, Codificazione del Diritto Comune nelle Chiese Orientali Cattoliche, 12.

4) Per il testo della notificazione e alcuni commenti vedi: PIUS XI, AAS, 27 (1935), 306- 308 e O. BUCCI, Il Codice di Diritto Canonico Orientale nella Storia, in Appolinaris, 55 (1982), 398.

5) Cfr. J. CHIRAMEL, The Patriarchal Churches in the Oriental Canon Law, tesi di dottorato, Roma, 1992, 110 e O. BUCCI, Il Codice di Diritto Canonico Orientale nella Storia, 402.

6) Cfr. R. METZ, Quel est le Droit Pour les Eglises Orientales unies à Rome, in L’année canonique, 30 (1987), 402.

7)  AAS, 41 (1949), 89- 117.

8) AAS, 42 (1950), 5- 120.

9)  AAS, 44 (1952), 63- 100.

10)  AAS, 49 (1957), 433- 600.

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ZENIT Staff

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