La fede nell'istruzione

Le scuole tentano di salvare il ruolo della religione

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di padre John Flynn, L.C.

ROMA, domenica, 23 novembre 2008 (ZENIT.org).- Le scuole cattoliche in Inghilterra e Irlanda difendono i loro diritti di fronte ai continui attacchi. L’England’s Catholic Education Service (CES) ha sostenuto che le accuse apparse sulla stampa secondo cui le scuole cattoliche non avrebbero applicato la legge sulle ammissioni sarebbero false, come riportato dal Catholic Herald il 17 ottobre.

Il CES ha affermato che la maggior parte delle accuse era riconducibile ad aspetti amministrativi e non politici.

Il presidente del dipartimento per l’educazione della Conferenza Episcopale, l’Arcivescovo Vincent Nichols, ha difeso il diritto delle scuole cattoliche di controllare le proprie ammissioni, secondo il Catholic Herald.

In un intervento, l’Arcivescovo ha affermato che alcuni hanno ritenuto “politicamente vantaggioso” mettere in evidenza una “concorrenza sleale” operata dalle scuole cattoliche che “scelgono” gli alunni a proprio vantaggio.

Prima che venisse fuori la questione delle ammissioni, la legittimità delle scuole cattoliche era stata messa in dubbio da un nuovo gruppo di pressione, Accord, istituito per fare lobby sul Governo al fine di costringere le scuole cattoliche ad accettare alunni e insegnanti di ogni fede.

Secondo un servizio pubblicato dalla BBC il 29 agosto, Accord è un’associazione di soggetti laici e religiosi. Il suo scopo è di impedire il finanziamento pubblico alle scuole che a suo dire operano in modo “discriminatorio”.

I critici accusano le scuole cattoliche di scegliere gli studenti migliori e di attingere in modo sproporzionato agli ambienti di famiglie ricche.

Secondo la BBC, in Inghilterra, su un totale di 21.000 istituti scolastici, vi sarebbero circa 6.850 scuole religiose, in grande maggioranza cattoliche o anglicane.

“Le buone scuole religiose aiutano i giovani in molti modi, non da ultimo a conoscere meglio la religione e il suo posto nella loro vita”, ha dichiarato Oona Stannard, direttrice del CES, in risposta ad Accord.

Coesione

“L’atteggiamento positivo nei confronti di se stessi e degli altri, che viene promosso nelle scuole religiose, aiuta a consolidare la coesione sociale e non la divisione”, ha affermato l’organizzazione in un comunicato stampa del 29 agosto.

Lo stesso giorno, è stato pubblicato un comunicato di un’associazione di rappresentanti di scuole anglicane, cattoliche, metodiste, ebree, musulmane, sikh e indù, che godono di finanziamenti pubblici.

“Quest’ultimo attacco, basato su una non meglio precisata ‘ricerca’, non rende merito al grande valore aggiunto che le scuole religiose apportano alla nostra istruzione pubblica e al grande apprezzamento che i genitori e gli studenti manifestano per queste scuole”, hanno dichiarato i rappresentanti religiosi.

“Le comunità religiose faranno di tutto per sostenere coloro che soffrono per le difficoltà della vita e per assistere economicamente i bisognosi”, hanno sostenuto. Peraltro, “le metodologie che pensano di poter identificare le caratteristiche socio-economiche degli studenti delle scuole religiose sono altamente discutibili”.

Giornali come il Guardian non si sono lasciati persuadere da questo comunicato. In un editoriale del 2 settembre, il quotidiano non ha esitato a dichiarare che “certamente il comandamento cristiano – che si ritrova riflesso anche nelle altre fedi – di amore al prossimo è più difficile da vivere per quei bambini che crescono senza aver conosciuto il proprio prossimo che magari appartiene a un’altra religione”.

L’editorialista del Guardian, Polly Toynbee, si è anche scagliata contro quella che considera la perniciosa influenza delle scuole religiose, le quali rischierebbero di alimentare “la follia del creazionismo” e “la tracotanza omofobica”.

La religione nella sfera pubblica

In Irlanda, in seguito ai continui attacchi contro il ruolo della religione nelle scuole, il Vescovo Leo O’Reilly, presidente della Commissione per l’istruzione della Conferenza Episcopale Irlandese, ha manifestato la sua contrarietà alla proposta di eliminare l’insegnamento della religione dalle scuole primarie.

In un’omelia pubblicata sul sito Internet della Conferenza Episcopale, pronunciata l’11 novembre durante una commemorazione del ruolo svolto dal Cardinale Newman nell’allora Università cattolica d’Irlanda, monsignor O’Reilly ha detto che il tentativo di rimuovere la religione dalle scuole primarie è la logica conseguenza della visione secolarista del mondo che si oppone all’idea di una verità oggettiva, asserita dalla religione.

“In questo senso, questa visione vorrebbe ridurre la religione ad una mera ricerca personale e bandirne ogni manifestazione dalla sfera pubblica”, ha osservato.

“L’istruzione religiosa è parte integrale del programma delle scuole cattoliche e permea l’intera vita della scuola”, ha spiegato il Vescovo. “Come cattolici, siamo credenti quando studiamo e siamo razionali quando preghiamo”.

Un documento pubblicato ad agosto dallo Iona Institute di Dublino argomenta una difesa dettagliata del ruolo della religione nell’educazione. Nel testo, dal titolo “The liberal case for religious schools“, John Murray, ex insegnante presso il Mater Dei Institute of Education, risponde alle critiche che considerano l’istruzione religiosa una sorta di “apartheid educativo”.

Bene comune

Murray sottolinea che l’educazione religiosa può essere difesa da un punto di vista teologico, ma che questa impostazione può non essere condivisa dai non credenti. D’altra parte, secondo l’autore, esistono valide argomentazioni in difesa delle scuole religiose come bene comune della società.

La premessa di Murray è che i genitori sono i primi educatori dei propri figli. Questo non significa negare il ruolo dello Stato, ma semplicemente che non bisogna dimenticare che lo Stato non è l’istanza educativa primaria dei bambini. I genitori hanno quindi un diritto speciale in relazione all’educazione dei propri figli.

Il rapporto fra genitori e figli, prosegue Murray, è parte integrante del bene comune della società.

Il diritto e la responsabilità dei genitori di educare i figli comprende anche gli eventuali elementi religiosi o filosofici, osserva. I genitori hanno il dovere di formare i loro figli nei valori e nei comportamenti che ritengono importanti, e ciò può ricomprendere anche la religione.

“Così come si potrebbe ritenere ingiusto che la società imponga a un gran numero di genitori non credenti di pagare le tasse per un’istruzione esclusivamente religiosa, sarebbe allo stesso modo ingiusto che la società obblighi un gran numero di genitori credenti a pagare per un’istruzione esclusivamente non religiosa”, sostiene.

Murray difende inoltre il diritto della presenza della religione nelle scuole sulla base del principio della libertà religiosa. Se lo Stato dovesse cambiare la sua politica e promuovere solo un tipo di scuola, escludendo le scuole confessionali, questo sarebbe un diniego del diritto di avere anche un’educazione religiosa, cosa che molte persone ritengono importante.

Consentire alle persone di cercare, trovare e vivere le proprie convinzioni e verità è un legittimo compito dello Stato. Escludere la religione da questa ricerca sarebbe incongruo, secondo Murray.

“Questo non significa favorire un qualche interesse puramente privato, ma vuol dire promuovere un bene che tutti possono apprezzare e condividere come bene comune”, afferma.

La visione integrale

Il 21 gennaio, Benedetto XVI si è rivolto ai partecipanti all’assemblea plenaria della
Congregazione per l’Educazione Cattolica. Il mondo di oggi, ha osservato, è tentato “da una parte, dal razionalismo, che segue una razionalità falsamente libera e slegata da ogni riferimento religioso, e, dall’altra, dai fondamentalismi, che falsificano la vera essenza della religi
one con il loro incitamento alla violenza e al fanatismo”.

La scuola cattolica, ha affermato il Papa, ha come missione primaria la formazione degli studenti in linea con una visione antropologica integrale, pur rimanendo aperta a tutti e rispettando l’identità di ognuno. Allo stesso tempo, essa propone una sua propria prospettiva educativa, umana e cristiana.

“Ecco allora porsi una sfida nuova che la globalizzazione ed il pluralismo crescente rendono ancor più acuta: quella cioè dell’incontro delle religioni e delle culture nella ricerca comune della verità”, ha aggiunto il Pontefice. Un incontro che alcuni vorrebbero evitare, escludendo del tutto la religione dalle scuole.

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ZENIT Staff

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