di Inma Álvarez
NAGASAKI, mercoledì, 19 novembre 2008 (ZENIT.org).- Circa 30.000 persone potrebbero partecipare il 24 novembre prossimo alla cerimonia di beatificazione di 188 martiri giapponesi del XVII secolo, che avrà luogo nel Big-N Baseball Stadium di Nagasaki.
L’Eucaristia durante la quale verranno elevati agli altari Pietro Kibe e 187 compagni martiri, assassinati tra il 1603 e il 1639, sarà presieduta dal Cardinale Seiichi Peter Shirayanagi, Arcivescovo emerito di Tokyo, alla presenza del Cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi e inviato del Papa per l’occasione.
Oltre a tutti i Vescovi del Giappone, è previsto che partecipino presuli di altri Paesi, tra cui Corea, Taiwan e Filippine.
Si tratta della prima cerimonia con queste caratteristiche che si celebra in terra giapponese, e ha suscitato un’enorme aspettativa nel Paese, soprattutto tra la minoranza cattolica. La Diocesi di Nagasaki ha organizzato circa 2.500 volontari e ha affittato 200 pullman per l’occasione, oltre a varie équipes mediche per assistere i più anziani.
Secondo quanto ha spiegato al Catholic Weekly il coordinatore, fra’ Isao Hashimoto, è stato necessario mobilitare tutta la Diocesi visto che la partecipazione sarà superiore alle previsioni iniziali, e sono state organizzate 20 équipes di lavoro.
E’ previsto che in questi giorni quattro parrocchie di Nagasaki, inclusa la Cattedrale, realizzino veglie di preghiera e offrano il sacramento della penitenza per i pellegrini che accorreranno in città, motivo per il quale si sta chiedendo la partecipazione dei sacerdoti di tutto il Paese.
Dall’altro lato, nelle varie Diocesi si sta promuovendo la conoscenza della storia dei martiri, così che tutti i cattolici del Giappone partecipino all’evento. Nella Diocesi di Tokyo, ad esempio, nel mese di ottobre la tradizionale Messa dei bambini, alla quale partecipano circa 40 parrocchie, è stata dedicata ai martiri, soprattutto per quanti non potranno partecipare alla beatificazione.
Secondo quanto ha spiegato fra’ Hashimoto, “un martire non è una persona per la quale provare pena. I martiri hanno seguito Gesù per essere perfetti sacrificando se stessi. Le loro azioni erano di lode non solo a Dio, ma anche all’umanità. Credo che rappresentino un potente messaggio per il mondo attuale”.
“Spero che questo avvenimento rimanga nel cuore della gente – ha aggiunto –. La beatificazione non dovrebbe essere come la febbre di una notte; dobbiamo far sì che cambi la nostra mentalità chiusa in noi stessi, prodotta durante il lungo periodo di persecuzione, per una Chiesa con le porte aperte al resto del mondo”.
Un lungo martirio
Il Giappone è stato evangelizzato dal santo spagnolo Francesco Saverio tra il 1549 e il 1552, e pochi decenni dopo la sua nascita la Chiesa conosceva già una dura persecuzione. I primi martiri, guidati da San Paolo Miki e crocifissi a Nagasaki nel 1597, furono canonizzati nel 1862 da Pio IX. Altri 205 sono stati beatificati nel 1867.
Nel 1603, con il Governo di Tokugawa, iniziò una dura persecuzione contro i cristiani (che a quell’epoca erano circa 400.000 in tutto il Giappone), costata la vita a decine di migliaia di loro. I martiri che saranno beatificati il 24 novembre appartengono a questa epoca, e tra loro ci sono 4 sacerdoti e 184 laici, donne, bambini, samurai, servi e invalidi.
Tra i martiri ci sono 52 fedeli di Kyoto, martirizzati nel 1622, e 53 di Yamagata, morti nel 1629, secondo quanto rende noto la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Giappone. Oltre agli atroci tormenti applicati a Pietro Kibe e ai compagni gesuiti, una delle testimonianze più commoventi è quella di un’intera famiglia di Kyoto, Giovanni Hashimoto Tahyoe e sua moglie Thecla, martirizzati insieme ai tutti i loro figli il 6 ottobre 1619. I cattolici che sopravvissero alla persecuzione dovettero nascondersi per 250 anni, fino all’arrivo dei missionari europei nel XIX secolo.
La causa dei 188 martiri è stata avviata nel 1984, tre anni dopo la visita apostolica di Giovanni Paolo II in Giappone.
“Questa è un’occasione importante perché la Chiesa in Giappone rifletta sulla fede dei cristiani che ci hanno preceduti 400 anni fa – affermano i Vescovi giapponesi nel loro messaggio ai fedeli –. Abbiamo bisogno di sviluppare una forte fede in Dio, di riporre la nostra speranza in Dio in tutte le circostanze e di vivere nell’Amore tutti i giorni della nostra vita”.
Per ulteriori informazioni, www.cbcj.catholic.j
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]