Il Papa ai leader musulmani: la difesa dei diritti è l'altro nome della pace

Udienza ai partecipanti al primo seminario a Roma del Forum islamo-cattolico

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CITTA’ DAL VATICANO, giovedì, 6 novembre 2008 (ZENIT.org).- La difesa dei diritti è l’altro nome della pace, ha affermato Benedetto XVI questo giovedì nel ricevere in Vaticano i 29 esperti da parte cattolica e altrettanti da parte musulmana che hanno partecipato al primo seminario organizzato dal Forum Islamo-Cattolico, tenutosi a Roma sul tema “Amore di Dio, amore del prossimo”.

Il Forum per il dialogo islamo-cattolico è l’iniziativa nata nel marzo scorso per volontà del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e di una delegazione dei 138 leader musulmani, firmatari della Lettera aperta al Papa e ai capi delle Chiese cristiane dal titolo “Una parola comune tra noi e voi”.

I sottotemi del Seminario sono stati “Basi teologiche e spirituali” (prima giornata) e “Dignità umana e rispetto reciproco” (seconda giornata). La terza giornata ha prevista una sessione pubblica alla Pontificia Università Gregoriana.

Nel suo discorso in lingua inglese, il Papa ha detto che “la tradizione cristiana proclama che Dio è amore”. “Una verità che noi consideriamo fondante”, come ha messo in rilevo nella prima Enciclica del suo pontificato “Deus Caritas est”. “La nostra chiamata e la nostra missione è di condividere liberamente con gli altri l’amore che Dio profonde su di noi”.

Dicendosi cosciente dei diversi modi di approcciare la fede di cristiani e musulmani, il Papa ha tuttavia richiamato l’importanza di “essere adoratori dell’unico Dio” e “membri di una sola famiglia”.

Benedetto XVI ha quindi espresso il proprio apprezzamento per la dichiarazione congiunta al termine dei lavori del Forum, concernente “il bisogno di adorare Dio totalmente e di amare i nostri simili disinteressatamente, in special modo coloro che sono nella miseria e nel bisogno”.

“Dio ci chiama a lavorare congiuntamente a favore delle vittime delle malattie, della fame, della povertà, dell’ingiustizia e della violenza”, ha dichiarato.

A questo proposito, ha ricordato che anche “la tradizione musulmana è piuttosto chiara nell’incoraggiare l’impegno pratico nel servire i più bisognosi, e letteralmente richiama la Regola d’Oro a modo suo: la tua fede non sarà perfetta, a meno che tu non faccia gli altri ciò che vorresti per te stesso”.

“Dovremmo perciò lavorare insieme nel promuovere un rispetto autentico della dignità della persona umana e dei diritti fondamentali, sebbene le nostre concezioni antropologiche e le nostre teologie giustifichino questo punto in modi differenti”.

Per questo, ha rilevato, gli incontri dei giorni scorsi in Vaticano hanno rappresentato un’occasione privilegiata per rinnovare l’impegno verso una “più sentita ricerca dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo”, “condizione indispensabile per offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo un autentico servizio di riconciliazione e pace”.

“C’è un grande e vasto ambito nel quale possiamo agire insieme in difesa e per la promozione dei valori morali che sono parte della nostra eredità comune”, ha sottolineato.

“Solo a partire dal riconoscimento della centralità della persona e della dignità di ciascun essere umano, dal rispetto e dalla difesa della vita che è un dono di Dio, e che è ugualmente sacra per cristiani e musulmani […], possiamo trovare un terreno comune per edificare un mondo più fraterno”.

“Un mondo – ha aggiunto – in cui il confrontarsi e le differenze possono essere risolti in maniera pacifica, e dove il devastante potere delle ideologie viene neutralizzato”.

“I leader politici e religiosi hanno il dovere di assicurare il libero esercizio di questi diritti nel pieno rispetto per la libertà di coscienza e la libertà di religione di ciascun individuo”.

“La discriminazione e la violenza che ancora oggi le persone religiose sperimentano in tutto il mondo, e le violente persecuzioni alle quali spesso sono soggette, rappresentano degli atti inaccettabili e ingiustificabili, ancora più gravi e deplorevoli quando sono compiuti in nome di Dio”, ha denunciato.

“La nostra sfida è quella di dimostrare, a parole e soprattuto con i fatti, che il messaggio delle nostre religioni non può che essere un messaggio di comprensione armonica e reciproca”.

In caso contrario, ha osservato il Santo Padre, si corre il rischio di “indebolire non solo la credibilità e l’effettività del nostro dialogo, ma anche delle nostre stesse stesse religioni”.

“Cari amici, uniamo i nostri sforzi, animati dalla buona volontà, al fine di superare tutte le incomprensione e io disaccordi – ha esortato -. Convinciamoci a superare i pregiudizi del passato e a correggere le immagini spesso distorte dell’altro, che persino oggi possono creare difficoltà nello stabilimento delle relazioni”.

“Lavoriamo insieme per educare la nostra gente, specialmente i giovani, al fine di poter edificare un futuro comune”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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