Discorso al Papa di Seyyed Hossein Nasr

ROMA, giovedì, 6 novembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la traduzione de “L’Osservatore Romano” del discorso rivolto questo giovedì al Papa da Seyyed Hossein Nasr in occasione dell’udienza ai partecipanti al Seminario del Forum cattolico-musulmano.

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Bismi’llah Rahman al-Rahim. Nel nome di Dio, il Benefico, l’infinitamente Misericordioso, benedizioni e pace siano sul profeta Maometto e su tutti i profeti e i messaggeri.

Santità, Eminenze, Eccellenze, Illustri studiosi:

la Parola di Dio, che per noi musulmani è il nobile Corano, «Allah chiama alla dimora della pace», e Cristo (che la pace sia con lui), che è la Parola di Dio nel cristianesimo ed è anche un profeta  del più alto ordine nell’islam, asseriscono: beati i costruttori di pace!

Il conseguimento della pace è dunque un obiettivo comune alle nostre due religioni e noi siamo qui proprio con la speranza di conseguire la pace fra cristianesimo e islam. Che cosa può essere più importante e basilare nella ricerca della pace dell’instaurarla fra le nostre religioni? Infatti soltanto attraverso questa pace sarà possibile stabilire la pace fra popoli e nazioni, in particolare fra il mondo islamico e l’occidente. Che siamo cristiani o musulmani, le nostre religioni ci esortano a ricercare la pace. Quali religiosi riuniti qui, al centro del cattolicesimo, impegniamoci nella comprensione comune, non come diplomatici, ma come sinceri studiosi e capi religiosi al cospetto di Dio e responsabili di fronte a Lui al di là di tutta l’autorità terrena.

In quanto musulmani, le nostre vite sono state scandite fin dall’avvento della rivelazione coranica dalla testimonianza islamica di fede, continuamente rinnovata, La ilaha ill’Llah «non c’è divinità senza Dio»; l’Unico Dio proclamato anche nello Schemà della Torah, che noi e voi accettiamo come scrittura rivelata, poiché sia noi sia voi siamo membri della famiglia del monoteismo ebraico.

Siamo anche consapevoli del fatto che circa duemila anni fa i cristiani cattolici hanno ricevuto il credo in unum Deum. Per noi e per voi, Dio è al contempo trascendente e immanente, creatore e sostenitore del mondo, l’alfa e l’omega dell’esistenza, l’Onnipotente, la cui volontà prevale nella nostra vita, l’Amabile, il cui amore abbraccia tutto l’ordine creato.

Egli è anche giusto e quindi noi e voi aneliamo alla giustizia nella nostra vita individuale e nella società. Noi e voi crediamo nell’immortalità dell’anima, nel contenuto etico delle azioni umane, nelle nostre responsabilità di fronte a Dio da cui derivano i nostri diritti. Inoltre, tutti i fedeli, cristiani e musulmani in egual misura, credono che un giorno ci troveremo al cospetto di Dio, che ci giudicherà per le nostre azioni qui sulla terra mentre noi imploreremo la sua misericordia. Noi e voi crediamo nella realtà della santità e le nostre storie recano testimonianza delle vite dei santi, che i musulmani chiamano amici di Dio, uomini e donne che hanno annusato il profumo della Prossimità Divina. Noi e voi abbiamo a cuore la fede sopra ogni cosa e preghiamo Dio, certi che possa udirci.

Quando guardiamo allo spettro completo delle nostre tradizioni teologiche, osserviamo molte interpretazioni diverse del rapporto fra fede e ragione, della questione dell’imperscrutabilità o della conoscibilità della volontà divina, del libero arbitrio e del determinismo, del significato del male e di tante altre importanti istanze teologiche.

Degno di nota è il modo in cui le posizioni teologiche in una tradizione trovano corrispondenza nell’altra, mutatis mutandis.

Le nostre religioni hanno entrambe creato importanti civiltà con le loro arti e le loro scienze permeate della presenza del sacro ed entrambe rivendicano l’universalità del proprio messaggio.

E sì, le nostre storie si sono mescolate con periodi di violenza e quando la religione è stata forte nelle nostre società, varie forze politiche hanno portato alla violenza in suo nome e, in alcuni casi, tale violenza è stata legittimata da autorità religiose. Di certo non possiamo affermare che la violenza sia monopolio di un’unica religione.

Con così tante profonde similitudini, perché allora abbiamo avuto una così lunga storia di scontro e di opposizione? La risposta è che fra noi esistono di certo anche delle differenze, che provvidenzialmente hanno tenuto l’islam e il cristianesimo separati e distinti. Menzioniamone alcune. Noi evidenziamo l’unità divina e rifiutiamo l’idea di un Dio trinitario, mentre voi sottolineate la Trinità pur credendo che Dio è Uno. Sia noi sia voi riveriamo Cristo, ma in modo diverso. Noi non condividiamo la narrazione cristiana della fine della sua vita terrena.

Ciononostante, anche noi musulmani accettiamo Cristo come Messia (al-Masih) e attendiamo il suo secondo avvento al termine della storia dell’attuale umanità. Noi evidenziamo la Legge Divina (al-Sharia) in quanto radicata nella rivelazione coranica mentre Cristo ha affermato la sua rottura con la Legge nel nome dello Spirito. Quindi, i cristiani non hanno lo stesso concetto di legge Divina egli ebrei e dei musulmani. Inoltre, i cristiani non possiedono un linguaggio sacro come l’islam, ma hanno utilizzato, e alcuni lo fanno ancora oggi, vari linguaggi liturgici.

Voi e noi crediamo nella libertà di religione, ma noi musulmani non permettiamo in mezzo a noi un proselitismo aggressivo, che distruggerebbe la nostra fede nel nome della libertà, più di quanto non farebbero i cristiani se fossero nella nostra situazione. Anche l’incontro del cristianesimo con la modernità, che include l’umanesimo secolare e il razionalismo associati all’Età dell’IIluminismo, è stato molto diverso da quello vissuto dall’islam. Forse possiamo imparare qualcosa gli uni dagli altri in questo ambito tanto importante. Dovremmo unirci nella lotta contro la desacralizzazione e le forze antireligiose del mondo moderno e lo sforzo congiunto dovrebbe avvicinarci. Il secolarismo non dovrebbe certamente creare distanza fra noi.

Con la piena consapevolezza delle convinzioni comuni e delle differenze fra noi, e anche alla luce della situazione attuale dei seguaci delle nostre religioni, noi musulmani di differenti scuole di pensiero islamico e di diversi Paesi ci siamo riuniti qui per proporvi la nostra amicizia, cercando di incontrarvi nell’amore di Dio, al di là di tutte le differenze teologiche e dei ricordi dei contrasti storici. Di certo noi, che rispettiamo e amiamo Cristo come voi, possiamo incontrarvi e unirci a voi sotto il vessillo di ciò che Egli ha definito i due supremi comandamenti: amare Dio e amare il prossimo. Possiamo anche cercare di estendere, spesso in armonia reciproca, il confine della definizione di prossimo per includere non solo voi e noi, ma anche tutta l’umanità e il resto della creazione di Dio. Come dice la Sacra Bibbia «Con Dio tutto è possibile». Ci presentiamo a Lui e Gli chiediamo aiuto e sostegno per svolgere questo compito di grande importanza di incontrarvi in amicizia e pace sotto il vessillo di quella Parola Comune che ci unisce. Nel nostro tempo non può esistere atto migliore del raggiungimento di un profondo accordo fra le religioni di Dio, in particolare le due religioni che hanno il più alto numero di seguaci nel mondo, vale a dire il cristianesimo e l’islam.

Dio ci chiama alla dimora della pace. Beati i costruttori di pace!

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ZENIT Staff

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