Un solo Corpo, un solo Spirito

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ROMA, mercoledì, 5 novembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’intervista a Oreste Pesare, Direttore dell’ICCRS, apparsa sul quinto numero di “Paulus” (novembre 2008) dedicato a “Paolo il mistico”.

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Siamo i primi a visitare la nuova sede dell’International Catholic Charismatic Renewal Services (ICCRS) a piazza San Calisto, nel cuore di Trastevere. Le tracce del trasloco sono ovunque: mobili accatastati, uffici ancora vuoti e in sottofondo il ronzio dell’aspirapolvere. Ma la piccola cappella dove tutti si riuniscono per cominciare ogni giornata di lavoro è avvolta da un luminoso silenzio. Oreste Pesare, il direttore esecutivo, ci accoglie con amichevole curiosità: come mai Paulus s’interessa al Rinnovamento? Bastano poche parole per entrare subito in un fitto e appassionato dialogo attorno a san Paolo, apostolo carismatico e primo teologo dello Spirito Santo. Prima però, qualche domanda di rito per introdurci alla particolare realtà del Rinnovamento. Che non ha “un” fondatore e neppure un “governo”. E che nei propri statuti non si definisce “ movimento ecclesiale”, ma “corrente di grazia”, che permette a singoli e a gruppi – accomunati dall’esperienza del battesimo nello Spirito Santo – di esprimersi secondo organizzazioni e attività spesso indipendenti le une dalle altre. Entra qui in gioco l’ICCRS: un servizio di coordinamento, comunicazione e comunione esercitato a diversi livelli, dalle diocesi alle nazioni.

Dottor Pesare, può tratteggiarci la storia dell’ICCRS?

«L’ICCRS era nato originariamente come ICO (International Communication Office) nel 1972 in Ann Harbor, nel Michigan. Nel 1978, con il coinvolgimento del cardinal Leon Joseph Suenens, è divenuto ICCRO (International Catholic Charismatic Renewal Office). Il 14 settembre 1993, poi, il Pontificio Consiglio per i Laici ha definitivamente dato il riconoscimento pontificio all’ICCRS (International Catholic Charismatic Renewal Services) come associazione privata di fedeli, approvandone gli statuti. In tutti questi anni, i servizi offerti dall’ICCRS sono stati la promozione e il sostegno all’esperienza carismatica, in qualità di ambasciatore e testimone del battesimo nello Spirito Santo nella vita della Chiesa. Da una parte abbiamo lavorato per un più profondo radicamento cattolico nell’esperienza carismatica, nata in ambito protestante. Dall’altra parte, abbiamo favorito una migliore comprensione della grazia del Rinnovamento all’interno delle istituzioni della Chiesa. Segni eloquenti sono stati due colloqui teologici internazionali da noi organizzati a Roma, entrambi in collaborazione con il Pontificio Consiglio per i Laici: il primo, sul ministero di guarigione nella Chiesa cattolica, nel 2001, e il secondo, incentrato sui carismi, la scorsa primavera».

Il Rinnovamento è il più ampio “movimento” cristiano ecumenico, con oltre 600 milioni di aderenti, di cui circa 120 milioni cattolici…

«Il cardinal Suenens, che è stato uno dei nostri padri istituzionali, diceva spesso: “O il Rinnovamento Carismatico sarà ecumenico o non sarà nulla”. Le nostre radici sono nel Pentecostalismo, sviluppatosi nella prima metà del XX secolo – e che a sua volta si ispirava alle Holiness Churches del XIX secolo –; una realtà che ha scosso a ondate tutto il mondo protestante e quello cattolico e che ora sta toccando anche il mondo ortodosso. È davvero un disegno dello Spirito Santo toccare con il suo soffio tutte le chiese, a partire dalle più disprezzate. Che esperienza ecumenica si fa, nel Rinnovamento? Quello che viviamo è un ecumenismo di base, molto pratico, fatto di preghiera e di stima reciproca. Vedere evangelici, ortodossi e cattolici che lodano insieme il Padre – pur sapendo bene quali sono le nostre divergenze teologiche – significa davvero sentirsi fratelli in Cristo e comprendere che è lo Spirito a chiamarci e spingerci all’unità, non il nostro sforzo. E questo rapporto continuo di amicizia ha portato anche a risultati “pubblici” molto concreti. Faccio un esempio. Nel 2006, a Los Angeles, si è celebrato il centenario della nascita del Movimento Pentecostale nella famosa “Azusa Street”. E in quella occasione, per la prima volta, anche il Rinnovamento Carismatico Cattolico è stato invitato come realtà pentecostale riconosciuta, nonostante che molti leader Pentecostali vedano ancora nella Chiesa di Roma la grande Babilonia, di cui si parla nell’Apocalisse. Questo riconoscimento pubblico da parte dei fratelli Pentecostali di ciò che lo Spirito Santo sta facendo nella Chiesa cattolica è da considerarsi un passaggio storico epocale. Credo che se ne vedranno i frutti in un prossimo futuro».

Nel Rinnovamento che posto occupa san Paolo, primo “teologo” dello Spirito Santo?

«San Paolo è il primo punto di riferimento teologico e pastorale riguardo l’esperienza che oggi facciamo di una vita nuova nello Spirito Santo, cioè di essere morti al mondo e risorti per Cristo. D’altra parte, fu proprio san Paolo a inventare il nome “Rinnovamento nello Spirito Santo”. Egli, infatti, scrive che Dio “ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo” (Tt 3,5s). Questa è l’intera base teologica della vita nello Spirito. L’esperienza del battesimo nello Spirito Santo è una riscoperta del dono di grazia ricevuto nel proprio battesimo che ogni cristiano è chiamato a fare. Come spiegarla? È qualcosa che ti fa venire voglia di pregare, che ti rende la lettura della Bibbia viva e personale, che ti fa sentire una familiarità con i sacramenti. Come ci racconta padre Raniero Cantalamessa: “Prima conoscevo tutto di Gesù, ma non conoscevo Gesù. Poi, con l’esperienza del battesimo nello Spirito Santo, tutto quello che conoscevo si è illuminato”. Quest’esperienza – a cui noi, oggi, diamo appunto il nome di “battesimo nello Spirito Santo” – appartiene da sempre alla Chiesa. Milioni di credenti e di santi l’hanno vissuta nei secoli. Dunque non si tratta di sentimentalismi né di utopie. Lo posso testimoniare io stesso in base alla mia esperienza personale: vengo dal mondo della droga e dell’alcolismo; mi sono convertito quando mi hanno arrestato… e oggi – dopo una forte e ormai più che ventennale esperienza nel Rinnovamento Carismatico Cattolico – sono sposato e con tre figli, impegnato a tempo pieno per il Regno di Dio. Mi sento veramente un uomo rinnovato e maturo: lo Spirito Santo ti cambia radicalmente la vita!».

San Paolo è testimone e protagonista di molti carismi. Parlare in lingue, profetare, operare guarigioni… sono doni dello Spirito reali ed efficaci, di cui abbiamo però una percezione lontana.

«Abbiamo già detto che la peculiarità del Rinnovamento è vivere una vita nuova nello Spirito Santo, ma questo significa immediatamente fare un’esperienza concreta dei carismi dello Spirito. Si parte quindi dalla testimonianza personale… il Rinnovamento cambia prima di tutto se stessi, non solo gli altri… non puoi essere annunciatore di qualcosa che non hai. Come Gesù, o san Paolo stesso, posso dire che noi del Rinnovamento non ci preoccupiamo particolarmente dello scetticismo del nostro tempo. La sola via per combattere lo scetticismo del mondo è la testimonianza della vita e poi l’annuncio. È sintomatico che tante persone restano impressionate e cominciano un cammino di conversione dopo aver partecipato a un solo incontro di preghiera carismatica o aver sperimentato un’esperienza profetica nella propria vita, proprio come spiega Paolo in 1Cor 14,24-25».

San Paolo, come mistico e come carismatico, cosa ricorda alla Chie
sa?

«Che non c’è alcuna contrapposizione tra istituzione e carisma, ma assoluta e necessaria complementarietà. Come è stato affermato anche dal nostro amato papa Giovanni Paolo II nella Pentecoste del 1998, istituzione e carismi sono coessenziali alla vita della Chiesa. E l’apostolo Paolo ne è il primo testimone. Sempre in quell’occasione, il Papa parlò di una maturità ecclesiale che deve manifestarsi attraverso impegno e comunione. Un impegno vissuto con strumenti divini, diciamo noi; e una comunione che sia conforme alla teologia paolina del corpo di Cristo, che sta alla base di tutta l’esperienza carismatica. Anche Benedetto XVI ci raccomanda di diffondere la “cultura della Pentecoste”. E cosa significa questo? Che siamo chiamati ad aspettarci la stessa forza che ricevettero a Pentecoste gli apostoli spauriti e confusi; quella forza che li rese capaci di dare perfino la propria vita per Gesù.

Paolo ci ricorda inoltre che i carismi fanno parte anche oggi della Chiesa viva, come sono sempre stati fondamentali alla vita della Chiesa, fin dalle sue origini: essi non sono un’invenzione del Rinnovamento. Grazie a Dio ci sono tanti “carismatici” che non sanno nemmeno di esserlo o, pur sapendolo, non appartengono formalmente a un Movimento che oggi c’è e domani potrebbe anche non esserci più. Prendiamo ad esempio il carisma delle guarigioni: se dai Vangeli togliessimo le pagine che ci parlano delle guarigioni nel ministero di Gesù, ci resterebbe tra le mani solo una manciata di versetti! Bisogna prendere coscienza che i carismi sono strumenti che nascono dalla relazione con il Signore e con i quali Dio insegna al suo popolo».

La Prima lettera ai Corinzi è molto importante per voi e Paolo VI, nel 1975, ne trasse tre punti per il discernimento. Vediamoli insieme. Il primo è la fedeltà all’autentica dottrina della fede e l’invito all’unità (1Cor 1-3).

«Sin dall’inizio il Rinnovamento Carismatico è stato segnato da varie divisioni: tra comunità, gruppi, leader… Purtroppo capita ancora che qualcuno creda di aver trovato l’unico modo “giusto” di vivere i carismi e voglia in qualche modo imporlo ad altri: anche questo fa parte del volto della Chiesa, non c’è ragione di negarlo. Ma è mio forte convincimento che il Signore abbia suscitato il Rinnovamento per l’unità del suo corpo: è quello per cui Gesù ha pregato nella sua ultima ora. Unità che – ci tengo a precisarlo – non significa uniformità. Parlo di unità nella diversità, secondo la teologia paolina dei carismi (1Cor 12-14). Perché, sia chiaro, non si è carismatici solo se si parla in lingue o se si hanno altri doni, ma anche quando si comincia a rispettare ed amare le diversità all’interno del corpo di Cristo. Facciamo un esempio molto concreto preso da una metafora di Paolo: se, all’interno della Chiesa corpo di Cristo, uno è naso e l’altro piede, è naturale che non scocchi subito la simpatia reciproca… ma il naso non può permettersi di fare a meno del piede, sebbene questo non profumi! e il piede sa bene di poter essere sgradevole… come però può esserlo pure il naso! Eppure entrambi sono necessari. Allora, l’unico modo per vivere l’unità è proprio attraverso la carità, cioè la misericordia che accoglie il “diverso”, che spesso ci fa paura. Sappiamo bene quanto sia comune la diffidenza e lo sparlare gli uni degli altri, anche dentro la Chiesa, persino tra i movimenti laicali. L’ideale dell’unità nello Spirito, invece ti spinge a riconoscere la bellezza che c’è in ogni singolo membro della Chiesa, e che ognuno ha ricevuto un diverso e splendido dono “per l’utilità comune”. Ognuno deve essere contento della parte che fa e della parte che fanno gli altri, bandendo la gelosia, l’invidia, l’autosufficienza. Amo la Chiesa proprio perché è cattolica, cioè universale e aperta a tutti, così come amo tutti i suoi diversi riti liturgici! Il vero carismatico è colui che ama questo Corpo nella sua diversità e nella sua complementarietà: e questo non può avvenire se non attraverso il perdono, fonte della carità e della misericordia. Alla base di tutta la teologia di Paolo mi pare ci sia proprio questa esperienza del perdono, cioè dell’accoglienza dell’altro per la costruzione del corpo di Cristo. Ma questa forma d’amore non ce la possiamo dare da soli; infatti san Paolo ci ricorda che è dono dello Spirito: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Quindi più saremo colmi dello Spirito, più riusciremo a vivere l’unità a immagine della Trinità, perché il mondo creda che il Padre ha mandato il Figlio per la salvezza del mondo. Questa per me è la vera evangelizzazione!».

Paolo VI v’invitava poi all’accoglienza dei doni spirituali per il bene comune, cioè per la costruzione della Chiesa e della società (1Cor 12,1-27.14,1-40).

«Sì, come si diceva prima, viviamo il servizio, ma con strumenti spirituali soprannaturali, perché provengono da Colui senza il quale non possiamo fare nulla. A questo servono i carismi, a edificare un edificio spirituale di pietre vive, come ci ricordano san Pietro (1Pt 2,5) e san Paolo: “In lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito” (Ef 2,22). I miracoli li possono fare tutti i figli di Dio, perché i carismi sono per tutti e non dipendono dalla nostra santità. Ecco perché puoi trovare delle persone profondamente carismatiche e capaci di portenti, ma che non sono amiche di Dio. A questo proposito il vangelo di Matteo avverte: “Molti mi diranno: Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti” (Mt 7,22s). Ci sono solo due alternative: o i carismi sono a servizio dell’amore di Dio, oppure diventano strumenti per arricchirsi – con i soldi, con il potere, con la vanagloria – e allora sei già perso».

Terzo criterio: il primato dell’amore, com’è detto nell’Inno alla carità (1Cor 13,1-13).

«La carità è il collante nell’esperienza del Rinnovamento. Anzi, guardando ai capitoli 12, 13 e 14 della prima lettera ai Corinzi, sembra che san Paolo abbia fatto un sandwich: due fette di pane – che sono i capitoli 12 e 14 sui carismi –, e una fetta di prosciutto, che è il capitolo 13 sulla carità. È la carità che esalta il sapore di tutto il resto! Ma la carità si concretizza poi nel servizio dei carismi: altrimenti Pietro e Paolo, allo storpio che stava presso la Porta Bella del tempio, avrebbero potuto offrire solo due stampelle, invece che la guarigione. Nell’universo del Rinnovamento ci sono tante comunità che non sono solo luoghi di preghiera, ma s’impegnano nel sociale. Ricordo ad esempio la comunità “El minuto de Dios” in Colombia, che ha migliaia di persone che lavorano nelle Favelas. Nella Corea del sud, la comunità “Kkottongnae” ha costruito un’intera cittadella che raccoglie i poveri e i malati, perfino con un cimitero per gli ultimi che muoiono per strada. Comunità come queste ricevono donazioni anche di milioni di dollari al mese. La forte realtà carismatica dell’Uganda, poi, si adopera contro l’Aids. Questi sono solo alcuni esempi per dire che non c’è alcuna contrapposizione tra carità e carismi: Dio ci dà, con il suo Spirito, la forza di amare e gli strumenti per farlo. Nella teologia di Paolo questo è evidente: egli ci mostra la completezza di un vero uomo spirituale».

Paolo Pegoraro

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ZENIT Staff

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