CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 4 novembre 2008 (ZENIT.org).- Una retta visione della laicità, rapporto tra Chiesa e Stato in cui prevalga la libertà e non l’imposizione, è stata il tema di un dibattito tra l’ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon, e il Cardinale Camillo Ruini, vicario emerito per la Diocesi di Roma.
La conferenza, sul tema “La religione e la libertà: Stati Uniti ed Europa”, si è svolta il 28 ottobre a Roma.
Un retto rapporto Chiesa-Stato
Nel suo intervento, pronunciato al Centro di orientamento politico Gaetano Rebecchini, l’ex presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha citato l’esempio della Francia, il cui Stato, fin dall’Illuminismo, ha sperimentato la tendenza ad essere “ostile alla Chiesa e anche, non di rado, chiuso alla trascendenza”.
Questa visione, ha aggiunto, fa sì che in Europa si guardi alla Chiesa come a un’istituzione che toglie libertà ai credenti.
Al contrario, negli Stati Uniti “è stata costruita in gran parte da gruppi di cristiani protestanti che erano fuggiti dal sistema di Chiese di Stato vigente in Europa e che formavano libere comunità di credenti”.
Si tratta dunque di un modello, perché “è essenziale non essere Chiese dello Stato ma fondarsi sulla libera unione delle persone”.
Il porporato ha difeso la separazione tra Chiesa e Stato “reclamata dalla religione” come qualcosa di diverso dalla separazione “ostile” imposta dalla Rivoluzione Francese e dai sistemi statali che ad essa sono seguiti.
Il senso positivo dello Stato laico
Da parte sua, l’ambasciatrice Glendon ha citato le parole del pensatore francese Alexis de Tocqueville, che diceva che “tutti quelli che amano la libertà dovrebbero affrettarsi a chiamare la religione in loro aiuto. Poiché dovrebbero sapere che non si può stabilire il regno della libertà senza quello dei buoni costumi, né creare buoni costumi senza la fede”.
L’ambasciatrice ha spiegato in questo modo che un concetto positivo di laicità “non solamente permette la coesistenza pacifica tra molte religioni, ma permette loro anche di prosperare”.
Nel suo viaggio negli Stati Uniti, ha ricordato, Papa Benedetto XVI ha trovato “affascinante” il fatto che i fondatori del Paese avessero creato uno Stato laico “non perché erano ostili alla religione”, ma “per amore della religione nella sua autenticità che può essere vissuta solo liberamente”.
Nel corso della sua visita, il Pontefice ha affermato che negli Stati Uniti “la dimensione religiosa, nella diversità delle sue espressioni, è non soltanto tollerata, ma apprezzata come l’anima della nazione e come una garanzia fondamentale dei diritti e doveri umani”.
La Glendon si è anche riferita al modello su cui è stata costruita la società statunitense, in cui “la maggioranza della popolazione era dispersa tra molte forme di protestantesimo” e si è profilato un sistema volto ad affrontare questa diversità.
Allo stesso tempo, ha denunciato, con il passare del tempo la Corte Suprema del Paese ha trasformato il concetto di laicismo.
Come esempio, ha citato la sentenza di questo organismo nel 1962, con cui si proibiva che le lezioni nelle scuole pubbliche iniziassero con una preghiera.
Questo concetto di laicità differente “voleva eliminare quasi tutte le vestigia di religiosità dalle istituzioni pubbliche in America”.
Al fenomeno, ha riconosciuto, si somma il cambiamento sociale di questo decennio, che apre la strada al relativismo morale.
“La preservazione della società libera può dipendere – paradossalmente – dalla protezione di certe istituzioni che non sono organizzate sui principi liberali, cioè, famiglie, scuole, chiese, e tutti gli altri corpi intermediari della società civile”, ha concluso.