di Roberta Sciamplicotti
NEW YORK, venerdì, 31 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Una volta terminata l’emergenza finanziaria attuale, i Governi e la comunità internazionale dovrebbero investire per aiutare i più poveri, ha proposto questo giovedì a New York l’Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.
Il presule è intervenuto alla 63ª sessione dell’Assemblea Generale dell’organismo in occasione della Commissione Interattiva sulla Crisi Finanziaria Globale, ricordando che la crisi attuale non è “soltanto finanziaria, economica e tecnica”.
Se molti concordano sul fatto che può essere attribuita alla “mancanza di un sistema regolatore completo ed efficace, ma ancor di più a una diffusa indifferenza nei confronti delle strutture di regolamentazione e supervisione, per non parlare delle regole della responsabilità e della trasparenza”, secondo il presule “si estende al più ampio settore dei codici etici e della condotta morale”.
“La realizzazione di guadagni illimitati e il perseguimento senza scrupoli del profitto ad ogni costo”, infatti, hanno fatto “dimenticare alla gente le regole fondamentali dell’etica negli affari”.
Di fronte a questo, ha osservato il presule, la reazione “non dovrebbe essere limitata a deplorare la crisi e a offrire espressioni formali di simpatia ai Paesi più poveri e alle fasce sociali più colpite”. E’ invece necessario, ha sottolineato, “predisporre i modi e i mezzi per evitare simili crisi in futuro”.
A questo scopo, l’Arcivescovo Migliore ha esposto tre riflessioni, iniziando col sottolineare che in alcuni casi “i Governi e le istituzioni che hanno implementato rigorosamente le regole ai livelli di consumo più bassi non hanno mantenuto lo stesso rigore ai livelli più alti”.
Lo stesso, ha aggiunto, si potrebbe dire circa il sistema economico dei Paesi più poveri, perché le istituzioni finanziarie internazionali sono state più intransigenti con i Paesi in via di sviluppo che con quelli ricchi, “e ora che questi ultimi sono entrati in crisi anche gli altri ne subiscono le conseguenze”.
In secondo luogo, il presule si è riferito alle responsabilità di quanti lavorano nel settore finanziario, constatando che i prestiti sono “un’attività sociale necessaria”. Ad ogni modo, le istituzioni e gli agenti finanziari “hanno la responsabilità di assicurare che i prestiti realizzino la loro funzione nella società, collegando il risparmio alla produzione”. Se invece non si considera il loro “uso ragionevole”, ha commentato, “non si tratta più di un servizio alla società”.
Secondo l’Arcivescovo, l’attività finanziaria deve avere la trasparenza sufficiente a far sì che i risparmiatori, “soprattutto i poveri e i meno tutelati, capiscano cosa ne sarà dei loro risparmi”. Per questo, sono necessarie “misure efficaci di supervisione da parte dei Governi, ma anche un alto standard di condotta etica da parte degli stessi leader finanziari”.
La terza osservazione del presule, “forse ancora più basilare”, ha a che vedere con “il pubblico in generale e le sue scelte di valori e stili di vita”.
“Uno stile di vita, e ancor di più un modello economico, basato soltanto su consumi più elevati e incontrollati e non sui risparmi e sulla creazione di capitale produttivo è economicamente insostenibile”, ha osservato, anche “dal punto di vista della preoccupazione per l’ambiente e, soprattutto, della dignità umana, visto che il consumatore irresponsabile rinuncia alla sua dignità di creatura razionale e offende anche quella degli altri”.
Guardando al futuro, per il Nunzio Apostolico è necessario “ripristinare la credibilità e l’autenticità dei prestiti”, ma principalmente “investire sulle persone”.
Dopo la fine delle “inevitabili operazioni di salvataggio finanziario”, infatti, i Governi e la comunità internazionale “dovrebbero investire il loro denaro per aiutare le popolazioni più povere”.
A questo proposito, la relativamente recente e positiva esperienza del microcredito mostra che, “paradossalmente, coloro che dal punto di vista dei freddi calcoli finanziari sembrano meno adatti a ricevere crediti sono di gran lunga i più seri e affidabili”.
La storia dei Paesi sviluppati, ha concluso l’Osservatore Permanente, dimostra anche che le sovvenzioni per la salute, l’istruzione, l’alloggio e altri servizi di base beneficiano i livelli socio-economici più deboli della società, delle famiglie e delle piccole comunità, provando di essere “gli investimenti più redditizi, visto che sono gli unici ad assicurare l’armonioso funzionamento di una società nel suo insieme”.