Documento vaticano sul discernimento della vocazione al sacerdozio

A cura della Congregazione per l’Educazione Cattolica

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 30 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica dal titolo “Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio”, presentato questo giovedì presso la Sala Stampa della Santa Sede.

 

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Per la piena maturità dei preti di domani

I. La Chiesa e il discernimento vocazionale

1. «Ogni vocazione cristiana viene da Dio, è dono di Dio. Essa però non viene mai elargita fuori o indipendentemente dalla Chiesa, ma passa sempre nella Chiesa e mediante la Chiesa (…) luminoso e vivo riflesso del mistero della Trinità santissima» (1).

La Chiesa, «generatrice ed educatrice di vocazioni» (2), ha il compito di discernere la vocazione e l’idoneità dei candidati al ministero sacerdotale. Infatti, «la chiamata interiore dello Spirito Santo ha bisogno di essere riconosciuta come autentica chiamata dal vescovo» (3).

Nel promuovere tale discernimento e nell’intera formazione al ministero, la Chiesa è mossa da una duplice attenzione: salvaguardare il bene della propria missione e, allo stesso tempo, quello dei candidati. Come ogni vocazione cristiana, la vocazione al sacerdozio, infatti, unitamente alla dimensione cristologica, ha un’essenziale dimensione ecclesiale: «non solo essa deriva “dalla” Chiesa e dalla sua mediazione, non solo si fa riconoscere e si compie “nella” Chiesa, ma si configura — nel fondamentale servizio a Dio — anche e necessariamente come servizio “alla” Chiesa. La vocazione cristiana, in ogni sua forma, è un dono destinato all’edificazione della Chiesa, alla crescita del Regno di Dio nel mondo» (4).

Quindi, il bene della Chiesa e quello del candidato non sono tra loro contrapposti, bensì convergenti. I responsabili della formazione sono impegnati ad armonizzarli tra loro, considerandoli sempre simultaneamente nella loro dinamica interdipendenza: è, questo, un aspetto essenziale della grande responsabilità del loro servizio alla Chiesa e alle persone (5).

2. Il ministero sacerdotale, inteso e vissuto come conformazione a Cristo Sposo, Buon Pastore, richiede doti nonché virtù morali e teologali, sostenute da equilibrio umano e psichico, particolarmente affettivo, così da permettere al soggetto di essere adeguatamente predisposto a una donazione di sé veramente libera nella relazione con i fedeli in una vita celibataria (6).

Trattando delle diverse dimensioni della formazione sacerdotale — umana, spirituale, intellettuale, pastorale — l’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, prima di soffermarsi su quella spirituale, «elemento di massima importanza nell’educazione sacerdotale» (7), rileva che la dimensione umana è il fondamento dell’intera formazione. Essa elenca una serie di virtù umane e di capacità relazionali che sono richieste al sacerdote affinché la sua personalità sia «ponte e non ostacolo per gli altri nell’incontro con Gesù Cristo Redentore dell’uomo» (8). Esse vanno dall’equilibrio generale della personalità alla capacità di portare il peso delle responsabilità pastorali, dalla conoscenza profonda dell’animo umano al senso della giustizia e della lealtà (9).

Alcune di queste qualità meritano particolare attenzione: il senso positivo e stabile della propria identità virile e la capacità di relazionarsi in modo maturo con altre persone o gruppi di persone; un solido senso di appartenenza, fondamento della futura comunione con il presbiterio e di una responsabile collaborazione al ministero del vescovo (10); la libertà di entusiasmarsi per grandi ideali e la coerenza nel realizzarli nell’azione d’ogni giorno; il coraggio di prendere decisioni e di restarvi fedeli; la conoscenza di sé, delle proprie doti e limiti integrandoli in una visione positiva di sé di fronte a Dio; la capacità di correggersi; il gusto per la bellezza intesa come «splendore di verità» e l’arte di riconoscerla; la fiducia che nasce dalla stima per l’altro e che porta all’accoglienza; la capacità del candidato di integrare, secondo la visione cristiana, la propria sessualità, anche in considerazione dell’obbligo del celibato (11).

Tali disposizioni interiori devono essere plasmate nel cammino di formazione del futuro presbitero, il quale, uomo di Dio e della Chiesa, è chiamato a edificare la comunità ecclesiale. Egli, innamorato dell’Eterno, è proteso all’autentica e integrale valorizzazione dell’uomo e a vivere sempre più la ricchezza della propria affettività nel dono di sé al Dio uno e trino e ai fratelli, particolarmente a quelli che soffrono.

Si tratta, ovviamente, di obiettivi che si possono raggiungere soltanto attraverso la diuturna corrispondenza del candidato all’opera della grazia in lui e che sono acquisiti con un graduale, lungo e non sempre lineare cammino di formazione (12).

Consapevole del mirabile e impegnativo intreccio delle dinamiche umane e spirituali nella vocazione, il candidato non può che trarre vantaggio da un attento e responsabile discernimento vocazionale, teso a individuare cammini personalizzati di formazione e a superare con gradualità eventuali carenze sul piano spirituale e umano. È dovere della Chiesa fornire ai candidati un’efficace integrazione delle dimensioni umana e morale, alla luce della dimensione spirituale a cui esse si aprono e in cui si completano (13).

II. Preparazione dei formatori

3. Ogni formatore dovrebbe essere buon conoscitore della persona umana, dei suoi ritmi di crescita, delle sue potenzialità e debolezze e del suo modo di vivere il rapporto con Dio. Per questo, è auspicabile che i vescovi, fruendo di esperienze, di programmi e di istituzioni ben collaudate, provvedano a una idonea preparazione dei formatori nella pedagogia vocazionale, secondo le indicazioni già emanate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica (14).

I formatori hanno bisogno di adeguata preparazione per operare un discernimento che permetta, nel pieno rispetto della dottrina della Chiesa circa la vocazione sacerdotale, sia di decidere in modo ragionevolmente sicuro in ordine all’ammissione in seminario o alla casa di formazione del clero religioso, ovvero alla dimissione da essi per motivi di non idoneità, sia di accompagnare il candidato verso l’acquisizione di quelle virtù morali e teologali necessarie per vivere in coerenza e libertà interiore la donazione totale della propria vita per essere «servitore della Chiesa comunione» (15).

4. Il documento Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale, di questa Congregazione per l’Educazione Cattolica, riconosce che «gli errori di discernimento delle vocazioni non sono rari, e troppe inettitudini psichiche, più o meno patologiche, si rendono manifeste soltanto dopo l’ordinazione sacerdotale. Il discernerle in tempo permetterà di evitare tanti drammi» (16).

Ciò esige che ogni formatore abbia la sensibilità e la preparazione psicologica adeguate (17) per essere in grado, per quanto possibile, di percepire le reali motivazioni del candidato, di discernere gli ostacoli nell’integrazione tra maturità umana e cristiana e le eventuali psicopatologie. Egli deve ponderare accuratamente e con molta prudenza la storia del candidato. Da sola, però, essa non può costituire il criterio decisivo, sufficiente per giudicare l’ammissione o la dimissione dalla formazione. Il formatore deve saper valutare sia la persona nella sua globalità e progressività di sviluppo — con i suoi punti di forza e i suoi punti deboli — sia la consapevolezza che essa ha dei suoi problemi, sia la sua capacità di controllare responsabilmente e liberamente il proprio comportamento.

Per questo, ogni formatore va preparato, anche con adeguati corsi specifici, alla più profonda comprensione della persona umana e delle esigenze della sua formazione al ministero ordinato. A
tale scopo, molto utili possono essere gli incontri di confronto e chiarificazione con esperti in scienze psicologiche su alcune specifiche tematiche.

III. Contributo della psicologia al discernimento e alla formazione

5. In quanto frutto di un particolare dono di Dio, la vocazione al sacerdozio e il suo discernimento esulano dalle strette competenze della psicologia. Tuttavia, per una valutazione più sicura della situazione psichica del candidato, delle sue attitudini umane a rispondere alla chiamata divina, e per un ulteriore aiuto nella sua crescita umana, in alcuni casi può essere utile il ricorso a esperti nelle scienze psicologiche. Essi possono offrire ai formatori non solo un parere circa la diagnosi e l’eventuale terapia di disturbi psichici, ma anche un contributo nel sostegno allo sviluppo delle qualità umane e relazionali richieste dall’esercizio del ministero (18), suggerendo utili itinerari da seguire per favorire una risposta vocazionale più libera.

Anche la formazione al sacerdozio deve fare i conti sia con le molteplici manifestazioni di quello squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo (19) — e che ha una sua particolare manifestazione nelle contraddizioni tra l’ideale di oblatività, cui coscientemente il candidato aspira, e la sua vita concreta — sia con le difficoltà proprie di un progressivo sviluppo delle virtù umane e relazionali. L’aiuto del padre spirituale e del confessore è fondamentale e imprescindibile per superarle con la grazia di Dio. In alcuni casi, tuttavia, lo sviluppo di queste qualità umane e relazionali può essere ostacolato da particolari ferite del passato non ancora risolte.

Infatti, coloro che oggi chiedono di entrare in seminario riflettono, in modo più o meno accentuato, il disagio di un’emergente mentalità caratterizzata da consumismo, da instabilità nelle relazioni familiari e sociali, da relativismo morale, da visioni errate della sessualità, da precarietà delle scelte, da una sistematica opera di negazione dei valori, soprattutto da parte dei mass-media.

Tra i candidati si possono trovare alcuni che provengono da particolari esperienze — umane, familiari, professionali, intellettuali, affettive — che in vario modo hanno lasciato ferite non ancora guarite e che provocano disturbi, sconosciuti nella loro reale portata allo stesso candidato e spesso da lui attribuiti erroneamente a cause esterne a sé, senza avere, quindi, la possibilità di affrontarli adeguatamente (20).

È evidente che tutto ciò può condizionare la capacità di progredire nel cammino formativo verso il sacerdozio.

Si casus ferat (21) — ossia nei casi eccezionali che presentano particolari difficoltà — il ricorso a esperti nelle scienze psicologiche, sia prima dell’ammissione al seminario sia durante il cammino formativo, può aiutare il candidato nel superamento di quelle ferite, in vista di una sempre più stabile e profonda interiorizzazione dello stile di vita di Gesù Buon Pastore, Capo e Sposo della Chiesa (22).

Per una corretta valutazione della personalità del candidato, l’esperto potrà fare ricorso sia a interviste, sia a test, da attuare sempre con il previo, esplicito, informato e libero consenso del candidato (23).

Consideratane la particolare delicatezza, dovrà essere evitato l’uso di specialistiche tecniche psicologiche o psicoterapeutiche da parte dei formatori.

6. È utile che il rettore e gli altri formatori possano contare sulla collaborazione di esperti nelle scienze psicologiche, che comunque non possono fare parte dell’équipe dei formatori. Essi dovranno aver acquisito competenza specifica in campo vocazionale e, alla professionalità, unire la sapienza dello Spirito.

Nella scelta degli esperti cui fare ricorso per la consulenza psicologica, per garantire meglio l’integrazione con la formazione morale e spirituale, evitando deleterie confusioni o contrapposizioni, si tenga presente che essi, oltre a distinguersi per la loro solida maturità umana e spirituale, devono ispirarsi a un’antropologia che condivida apertamente la concezione cristiana circa la persona umana, la sessualità, la vocazione al sacerdozio e al celibato, così che il loro intervento tenga conto del mistero dell’uomo nel suo personale dialogo con Dio, secondo la visione della Chiesa.

Là ove non fossero disponibili tali esperti, si provveda alla loro specifica preparazione (24).

L’ausilio delle scienze psicologiche deve integrarsi nel quadro della globale formazione del candidato, così da non ostacolare, ma da assicurare in modo particolare la salvaguardia del valore irrinunciabile dell’accompagnamento spirituale, il cui compito è di mantenere orientato il candidato alla verità del ministero ordinato, secondo la visione della Chiesa. Il clima di fede, di preghiera, di meditazione della Parola di Dio, di studio della teologia e di vita comunitaria — fondamentale per la maturazione di una generosa risposta alla vocazione ricevuta da Dio — permetterà al candidato una corretta comprensione del significato e l’integrazione del ricorso alle competenze psicologiche nel suo cammino vocazionale.

7. Il ricorso agli esperti nelle scienze psicologiche dovrà essere regolato nei diversi Paesi dalle rispettive Rationes institutionis sacerdotalis e nei singoli seminari dagli ordinari o superiori maggiori competenti, con fedeltà e coerenza ai princìpi e alle direttive del presente documento.

a. Discernimento iniziale

8. È necessario, fin dal momento in cui il candidato si presenta per essere accolto in seminario, che il formatore possa conoscerne accuratamente la personalità, le attitudini, le disposizioni, le risorse, le potenzialità e i diversi eventuali tipi di ferite, valutandone la natura e l’intensità.

Non bisogna dimenticare la possibile tendenza di alcuni candidati a minimizzare o a negare le proprie debolezze: essi non parlano ai formatori di alcune loro gravi difficoltà, temendo di poter non essere capiti e di non essere accettati. Coltivano così attese poco realistiche nei confronti del proprio futuro. Al contrario, vi sono candidati che tendono a enfatizzare le loro difficoltà, considerandole ostacolo insormontabile per il cammino vocazionale.

Il discernimento tempestivo degli eventuali problemi che ostacolassero il cammino vocazionale — quali l’eccessiva dipendenza affettiva, l’aggressività sproporzionata, l’insufficiente capacità di essere fedele agli impegni assunti e di stabilire rapporti sereni di apertura, fiducia e collaborazione fraterna e con l’autorità, l’identità sessuale confusa o non ancora ben definita — non può che essere di grande beneficio per la persona, per le istituzioni vocazionali e per la Chiesa.

Nella fase del discernimento iniziale, l’aiuto di esperti nelle scienze psicologiche può essere necessario anzitutto a livello propriamente diagnostico, qualora ci fosse il dubbio di presenza di disturbi psichici. Se si constatasse la necessità di una terapia, dovrebbe essere attuata prima dell’ammissione al seminario o alla casa di formazione.

L’aiuto degli esperti può essere utile ai formatori anche per delineare un cammino formativo personalizzato secondo le specifiche esigenze del candidato.

Nella valutazione della possibilità di vivere, in fedeltà e gioia, il carisma del celibato, quale dono totale della propria vita a immagine di Cristo Capo e Pastore della Chiesa, si tenga presente che non basta accertarsi della capacità di astenersi dall’esercizio della genitalità, ma è necessario anche valutare l’orientamento sessuale, secondo le indicazioni emanate da questa Congregazione (25). La castità per il Regno, infatti, è molto di più della semplice mancanza di relazioni sessuali.

Alla luce delle finalità indicate, la consultazione psicologica può in alcuni casi risultare utile.

b. Formazione successiva

9. Nel periodo della formazione, il ricorso a esperti nelle scienze psic
ologiche, oltre a rispondere alle necessità generate da eventuali crisi, può essere utile a sostenere il candidato nel suo cammino verso un più sicuro possesso delle virtù umane e morali; può fornire al candidato una più profonda conoscenza della propria personalità e può contribuire a superare, o a rendere meno rigide, le resistenze psichiche alle proposte formative.

Una maggiore padronanza, non solo delle proprie debolezze, ma anche delle proprie forze umane e spirituali (26), permette di donarsi con la dovuta consapevolezza e libertà a Dio, nella responsabilità verso se stessi e verso la Chiesa.

Non si sottovaluti, tuttavia, il fatto che la maturità cristiana e vocazionale raggiungibile, grazie anche all’aiuto delle competenze psicologiche, benché illuminate e integrate dai dati dell’antropologia della vocazione cristiana, e quindi della grazia, non sarà mai esente da difficoltà e tensioni che richiedono disciplina interiore, spirito di sacrificio, accettazione della fatica e della croce (27), e affidamento all’aiuto insostituibile della grazia (28).

10. Il cammino formativo dovrà essere interrotto nel caso in cui il candidato, nonostante il suo impegno, il sostegno dello psicologo o la psicoterapia, continuasse a manifestare incapacità ad affrontare realisticamente, sia pure con la gradualità di ogni crescita umana, le proprie gravi immaturità (forti dipendenze affettive, notevole mancanza di libertà nelle relazioni, eccessiva rigidità di carattere, mancanza di lealtà, identità sessuale incerta, tendenze omosessuali fortemente radicate, e così via).

Lo stesso deve valere anche nel caso in cui risultasse evidente la difficoltà a vivere la castità nel celibato, vissuto come un obbligo così pesante da compromettere l’equilibrio affettivo e relazionale.

IV. La richiesta di indagini specialistiche e il rispetto dell’intimità del candidato

11. Spetta alla Chiesa scegliere le persone che ritiene adatte al ministero pastorale ed è suo diritto e dovere verificare la presenza delle qualità richieste in coloro che essa ammette al ministero sacro (29).

Il canone 1051 § 1 del Codice di Diritto Canonico prevede che per lo scrutinio delle qualità richieste in vista dell’ordinazione si provveda, tra l’altro, all’indagine sullo stato di salute fisica e psichica del candidato (30).

Il canone 1052 stabilisce che il vescovo, per poter procedere all’ordinazione, deve avere la certezza morale sull’idoneità del candidato, «provata con argomenti positivi» (§ 1) e che, nel caso di un dubbio fondato, non deve procedere all’ordinazione (cfr. § 3).

Da ciò deriva che la Chiesa ha il diritto di verificare, anche con il ricorso alla scienza medica e psicologica, l’idoneità dei futuri presbiteri. Infatti, è proprio del vescovo o del superiore competente non solo sottoporre a esame l’idoneità del candidato, ma anche riconoscerla. Il candidato al presbiterato non può imporre le proprie personali condizioni, ma deve accettare con umiltà e gratitudine le norme e le condizioni che la Chiesa stessa, per la sua parte di responsabilità, pone (31). Per cui, in casi di dubbio circa l’idoneità, l’ammissione al seminario o alla casa di formazione sarà possibile, talvolta, soltanto dopo una valutazione psicologica della personalità.

12. Il diritto e il dovere dell’istituzione formativa di acquisire le conoscenze necessarie per un giudizio prudenzialmente certo sull’idoneità del candidato non possono ledere il diritto alla buona fama di cui la persona gode, né il diritto a difendere la propria intimità, come prescritto dal canone 220 del Codice di Diritto Canonico. Ciò significa che si potrà procedere alla consulenza psicologica solo con il previo, esplicito, informato e libero consenso del candidato.

I formatori assicurino un’atmosfera di fiducia, così che il candidato possa aprirsi e partecipare con convinzione all’opera di discernimento e di accompagnamento, offrendo «la sua personale convinta e cordiale collaborazione» (32). A lui è richiesta un’apertura sincera e fiduciosa con i propri formatori. Solo facendosi sinceramente conoscere da loro può essere aiutato in quel cammino spirituale che egli stesso cerca entrando in seminario.

Importanti, e spesso determinanti per superare eventuali incomprensioni, saranno sia il clima educativo tra alunni e formatori — contrassegnato da apertura e trasparenza — sia le motivazioni e le modalità con cui i formatori presenteranno al candidato il suggerimento di una consulenza psicologica.

Si eviti l’impressione che tale suggerimento significhi preludio di un’inevitabile dimissione dal seminario o dalla casa di formazione.

Il candidato potrà rivolgersi liberamente o a un esperto, scelto tra quelli indicati dai formatori, oppure a uno scelto da lui stesso e accettato da loro.

Secondo le possibilità, dovrebbe essere sempre garantita ai candidati una libera scelta tra vari esperti che abbiano i requisiti indicati (33).

Qualora il candidato, davanti a una richiesta motivata da parte dei formatori, rifiutasse di accedere a una consulenza psicologica, essi non forzeranno in alcun modo la sua volontà e procederanno prudentemente nell’opera di discernimento con le conoscenze di cui dispongono, tenendo conto del citato canone 1052 § 1.

V. Il rapporto dei responsabili della formazione con l’esperto

a. I responsabili del foro esterno

13. In spirito di fiducia reciproca e collaborazione alla propria formazione, il candidato potrà essere invitato a dare liberamente il proprio consenso scritto affinché l’esperto nelle scienze psicologiche, tenuto al segreto professionale, possa comunicare gli esiti della consultazione ai formatori, da lui stesso indicati. Essi si serviranno delle informazioni, in tal modo acquisite, per elaborare un quadro generale della personalità del candidato e per trarre le opportune indicazioni in vista del suo ulteriore cammino formativo o dell’ammissione all’ordinazione.

Onde proteggere, nel presente e nel futuro, l’intimità e la buona fama del candidato si presti particolare cura affinché le esternazioni dell’esperto siano accessibili esclusivamente ai responsabili della formazione, con il preciso e vincolante divieto di farne uso diverso da quello proprio del discernimento vocazionale e della formazione del candidato.

b. Carattere specifico della direzione spirituale

14. Al padre spirituale spetta un compito non lieve nel discernimento della vocazione, sia pure nell’ambito della coscienza.

Fermo restando che la direzione spirituale non può in alcun modo essere scambiata per o sostituita da forme di analisi o di aiuto psicologico e che la vita spirituale di per sé favorisce una crescita nelle virtù umane, se non ci sono blocchi di natura psicologica (34), il padre spirituale può trovarsi, per chiarire dubbi altrimenti non risolvibili, nella necessità di suggerire una consulenza psicologica, senza comunque mai imporla, onde procedere con maggior sicurezza nel discernimento e nell’accompagnamento spirituale (35).

Nel caso di una richiesta di consulenza psicologica da parte del padre spirituale, è auspicabile che il candidato, oltre a rendere edotto lo stesso padre spirituale dei risultati della consultazione, informi altresì il formatore di foro esterno, specialmente se lo stesso padre spirituale lo avrà invitato a questo.

Qualora il padre spirituale ritenga utile acquisire direttamente lui stesso informazioni dal consulente, proceda secondo quanto indicato al numero 13 per i formatori di foro esterno.

Dai risultati della consulenza psicologica il padre spirituale trarrà le indicazioni opportune per il discernimento di sua competenza e per i consigli da dare al candidato, anche in ordine al proseguimento o meno del cammino formativo.

c. Aiuto dell’esperto al candidato e ai formatori

15. L’esperto — in quanto richiesto — aiuterà il candidato a ra
ggiungere una maggiore conoscenza di sé, delle proprie potenzialità e vulnerabilità. Lo aiuterà anche a confrontare gli ideali vocazionali proclamati con la propria personalità, onde stimolare una adesione personale, libera e consapevole alla propria formazione. Sarà compito dell’esperto fornire al candidato le opportune indicazioni sulle difficoltà che egli sta sperimentando e sulle loro possibili conseguenze per la sua vita e per il suo futuro ministero sacerdotale.

Effettuata l’indagine, tenendo conto anche delle indicazioni offertegli dai formatori, l’esperto, solo con il previo consenso scritto del candidato, darà loro il suo contributo per comprendere il tipo di personalità e le problematiche che il soggetto sta affrontando o deve affrontare.

Egli indicherà anche, secondo la sua valutazione e le proprie competenze, le prevedibili possibilità di crescita della personalità del candidato. Suggerirà, inoltre, se necessario, forme o itinerari di sostegno psicologico.

VI. Le persone dimesse o che liberamente hanno lasciato seminari o case di formazione

16. È contrario alle norme della Chiesa ammettere al seminario o alla casa di formazione persone già uscite o, a maggior ragione, dimesse da altri seminari o da case di formazione, senza assumere prima le dovute informazioni dai loro rispettivi vescovi o superiori maggiori, soprattutto circa le cause della dimissione o dell’uscita (36).

È preciso dovere dei precedenti formatori fornire informazioni esatte ai nuovi formatori.

Si presti particolare attenzione al fatto che spesso i candidati lasciano l’istituzione educativa di spontanea volontà per prevenire una dimissione forzata.

Nel caso di passaggio ad altro seminario o casa di formazione, il candidato deve informare i nuovi formatori della consultazione psicologica precedentemente effettuata. Solo con il libero consenso scritto del candidato, i nuovi formatori potranno avere accesso alle comunicazioni dell’esperto che aveva effettuato la consultazione.

Nel caso si ritenga di poter accogliere in seminario un candidato che, dopo la precedente dimissione, si sia sottoposto a trattamento psicologico, si verifichi prima, per quanto è possibile, con accuratezza la sua condizione psichica, assumendo, tra l’altro, dopo aver ottenuto il suo libero consenso scritto, le dovute informazioni presso l’esperto che lo ha accompagnato.

Nel caso in cui un candidato chiede il passaggio a un altro seminario o casa di formazione dopo essere ricorso a un esperto in psicologia, senza voler accettare che la perizia sia a disposizione dei nuovi formatori, si tenga presente che l’idoneità del candidato deve essere provata con argomenti positivi, a norma del citato canone 1052, e quindi deve essere escluso ogni ragionevole dubbio.

Conclusione

17. Tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nella formazione offrano la loro convinta collaborazione, nel rispetto delle specifiche competenze di ciascuno, affinché il discernimento e l’accompagnamento vocazionale dei candidati siano adatti a «portare al sacerdozio solo coloro che sono stati chiamati e di portarli adeguatamente formati, ossia con una risposta cosciente e libera di adesione e di coinvolgimento di tutta la loro persona a Gesù Cristo che chiama all’intimità di vita con lui e alla condivisione della sua missione di salvezza» (37).

Il Sommo Pontefice Benedetto xvi, nel corso dell’udienza concessa il 13 giugno 2008 al sottoscritto cardinale prefetto, ha approvato il presente documento e ne ha autorizzato la pubblicazione.

Roma, 29 giugno 2008, solennità dei santi Pietro e Paolo, Apostoli.

Zenon cardinale Grocholewski

Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica

Jean-Louis Bruguès

Arcivescovo Segretario della Congregazione

Note

1) Giovanni Paolo ii, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. 35b-c: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 714.

2) Ibidem, n. 35d: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 715.

3) Ibidem, n. 65d: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 771.

4) Ibidem, n. 35e: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 715.

5) Cfr. ibidem, nn. 66-67: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 772-775.

6) Di tali condizioni viene data una descrizione molto ampia in Pastores dabo vobis, nn. 43-44: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 731-736; cfr. Codex Iuris Canonici, canoni 1029 e 1041, 1.

7) In quanto essa, «per ogni presbitero (…) costituisce il cuore che unifica e vivifica il suo essere prete e il suo fare il prete»: Pastores dabo vobis, n. 45c: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 737.

8) Pastores dabo vobis, n. 43: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 731-733.

9) Cfr. ibidem; cfr. anche concilio Ecumenico Vaticano ii, Decreto sulla formazione sacerdotale Optatam totius (28 ottobre 1965), n. 11: Acta Apostolicae Sedis, 58 (1966), 720-721; Decreto sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum ordinis (7 dicembre 1965), n. 3: Acta Apostolicae Sedis, 58 (1966), 993-995; Congregazione per l’Educazione Cattolica, Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis (19 marzo 1985), n. 51.

10) Cfr. Pastores dabo vobis, n. 17: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 682-684.

11) Paolo vi, nella Lettera enciclica Sacerdotalis cælibatus (24 giugno 1967), tratta esplicitamente di questa necessaria capacità del candidato al sacerdozio ai nn. 63-64: Acta Apostolicae Sedis, 59 (1967), 682-683. Egli conclude al n. 64: «Una vita così totalmente e delicatamente impegnata nell’intimo e all’esterno, come quella del sacerdote celibe, esclude, infatti, soggetti di insufficiente equilibrio psicofisico e morale, né si deve pretendere che la grazia supplisca in ciò la natura». Cfr. anche Pastores dabo vobis, n. 44: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 733-736.

Nel percorso evolutivo assume un’importanza speciale la maturità affettiva, un ambito dello sviluppo che richiede, oggi più di ieri, una particolare attenzione. «Si cresce nella maturità affettiva quando il cuore aderisce a Dio. Cristo ha bisogno di sacerdoti che siano maturi, virili, capaci di coltivare un’autentica paternità spirituale. Perché ciò accada, serve l’onestà con se stessi, l’apertura verso il direttore spirituale e la fiducia nella divina misericordia», Benedetto xvi, «Discorso ai sacerdoti e ai religiosi nella Cattedrale di Varsavia» (25 maggio 2006), in: «L’Osservatore Romano» (26-27 maggio 2006), p. 7. Cfr. Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una nuova Europa, Documento finale del Congresso sulle Vocazioni al sacerdozio e alla Vita consacrata in Europa (Roma, 5-10 maggio 1997), a cura delle Congregazioni per l’Educazione Cattolica, per le Chiese Orientali, per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (6 gennaio 1998), n. 37, pp. 111-120.

13) Cfr. Pastores dabo vobis, n. 45a: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 736.

14) Cfr. Congregazione per l’Educazione Cattolica, Direttive sulla preparazione degli educatori nei Seminari (4 novembre 1993), nn. 36 e 57-59; cfr. soprattutto Optatam totius, n. 5: Acta Apostolicae Sedis, 58 (1966), 716-717.

15) Pastores dabo vobis, n. 16e: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 682.

16) Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale (11 aprile 1974), n. 38.

17) Cfr. Pastores dabo vobis, n. 66c: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 773; Direttive sulla preparazione degli educatori nei Seminari, n. 57-59.

18) Cfr. Optatam totius, n. 11: Acta Apostolicae Sedis, 58 (1966), 720-721.

19) Cfr. conci
lio Ecumenico Vaticano ii, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 10: Acta Apostolicae Sedis, 58 (1966), 1032-1033.

20) Per meglio comprendere queste affermazioni, è opportuno fare riferimento alle seguenti affermazioni di Giovanni Paolo ii: «L’uomo, dunque, porta in sé il germe della vita eterna e la vocazione a far propri i valori trascendentali; egli, però, resta interiormente vulnerabile e drammaticamente esposto al rischio di fallire la propria vocazione, a causa di resistenze e difficoltà che egli incontra nel suo cammino esistenziale sia a livello conscio, ove è chiamata in causa la responsabilità morale, sia a livello subconscio, e ciò sia nella sua vita psichica ordinaria, che in quella segnata da lievi o moderate psicopatologie, che non influiscono sostanzialmente sulla libertà della persona di tendere agli ideali trascendenti, responsabilmente scelti» (Allocuzione alla Rota Romana (25 gennaio 1988): Acta Apostolicae Sedis, 80 (1988), 1181).

21) Cfr. Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, n. 39; Congregazione per i vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi Apostolorum Successores (22 febbraio 2004), n. 88.

22) Cfr. Pastores dabo vobis, n. 29d: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 704.

23) Cfr. Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, Istruzione sull’aggiornamento della formazione alla vita religiosa (6 gennaio 1969), n. 11 § iii: Acta Apostolicae Sedis, 61 (1969), 113.

24) Cfr. Giovanni Paolo ii: «Sarà opportuno curare la preparazione di esperti psicologi i quali, al buon livello scientifico, uniscano una comprensione profonda della concezione cristiana circa la vita e la vocazione al sacerdozio, così da essere in grado di fornire supporti efficaci alla necessaria integrazione tra la dimensione umana e quella soprannaturale». («Discorso ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Congregazione per l’Educazione Cattolica» 4 febbraio 2002, n. 2: Acta Apostolicae Sedis, 94, 2002, 465).

25) Cfr. Congregazione per l’Educazione Cattolica, Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli Ordini Sacri (4 novembre 2005): Acta Apostolicae Sedis, 97 (2005), 1007-1013.

26) Cfr. Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale, n. 38.

27) Cfr. Pastores dabo vobis, n. 48d: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 744.

28) Cfr. 2 Corinzi, 12, 7-10.

29) Cfr. Codex Iuris Canonici, canoni 1025, 1051 e 1052; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Carta circular Entre las más delicadas a los excelentísimos y reverendísimos señores obispos diocesanos y demás ordinarios canónicamente facultados para llamar a las sagradas ordenes, sobre los escrutinios acerca de la idoneidad de los candidatos (10 novembre 1997): Notitiae 33 (1997), pp. 495-506.

30) Cfr. Codex Iuris Canonici, canoni 1029, 1031 § 1 e 1041, 1; Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, n. 39.

31) Cfr. Pastores dabo vobis, n. 35g: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 715.

32) Ibidem, n. 69b: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 778.

33) Cfr. n. 6 di questo documento.

34) Cfr. nota n. 20.

35) Cfr. Pastores dabo vobis, n. 40c: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 725.

36) Cfr. Codex Iuris Canonici, canone 241, § 3; Congregazione per l’Educazione Cattolica, Istruzione alle Conferenze Episcopali circa l’ammissione in Seminario di candidati provenienti da altri Seminari o Famiglie religiose (8 marzo 1996).

37) Pastores dabo vobis, n. 42c: Acta Apostolicae Sedis, 84 (1992), 730.

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ZENIT Staff

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