Da una pastorale biblica a un'animazione biblica della pastorale

Un primo frutto del Sinodo secondo Ricardo Grzona, uditore all’assemblea

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di Jesús Colina

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 29 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Con il Sinodo dei Vescovi sulla Parola, celebrato in Vaticano dal 5 al 26 ottobre, si passa da una pastorale biblica a un’animazione biblica di tutta la pastorale, constata uno degli uditori all’assemblea episcopale.

Ricardo Grzona, presidente della Fondazione Ramón Pané dell’Honduras, ha tracciato con ZENIT un bilancio del Sinodo, in cui ha dato voce ai catechisti, delegati della Parola e laici animatori della “Lectio divina” nel “continente della speranza”.

Grzona è anche consultore cattolico delle Società Bibliche Unite degli Stati Uniti.

E’ servito a qualcosa il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio?

Ricardo Grzona: Siamo passati da una pastorale biblica, che in alcuni Paesi è ancora recente, a un’animazione biblica di tutta la pastorale.

Questo è il frutto più chiaro. La Chiesa vuole che tutta la pastorale e tutti gli studi, in particolare quelli teologici – si è detto che una teologia senza Bibbia è destinata a ritirarsi –, abbiano una base biblica.

In secondo luogo, credo che ci sia stata l’esperienza del fatto che contiamo sulla ricchezza della Costituzione del Concilio Vaticano II “Dei Verbum” sulla Divina Rivelazione, che non è stata conosciuta. La “Dei Verbum” non ha perso la sua attualità. Molti, anche seminaristi e persone dedite alla Chiesa, non conoscono questa Costituzione e ovviamente non la applicano. Un Sinodo di questa natura ci aiuta a concentrarci su qualcosa di specifico della fede cattolica, esposto in questo documento, che è dogmatico, e non tutti quelli del Concilio sono dogmatici.

Il Sinodo ha presentato 55 proposizioni al Papa. Secondo lei quali avranno maggior impatto?

Ricardo Grzona: Innanzitutto è chiaro che tutta la formazione per i ministri ordinati o non ordinati deve avere un substrato biblico.

Il Sinodo sta poi dicendo che non bisogna aver paura della Bibbia, perché di Bibbia si parla molto, ma si conosce poco. Credo che questo offra grandi possibilità. Bisogna iniziare a conoscere un po’ di più le Sacre Scritture, non solo con corsi e laboratori biblici, ma anche con tutto ciò che la Bibbia implica per la vita e la missione della Chiesa.

In questo senso, un aspetto fondamentale che è emerso nei gruppi di lavoro è che la Parola di Dio è la base per l’orazione. Insisto su questo: noi cattolici sappiamo pregare ma non sappiamo orare; non abbiamo la pratica dell’orazione. Le comunità contemplative sono molto poche. In generale, la maggioranza si è conformata a una religiosità popolare.

Un aspetto che ha attirato potentemente l’attenzione al Sinodo è stato l’interesse per le rivelazioni private. Con Internet a volte si sta provocando molta confusione. Ci sono presunti veggenti che inviano messaggi di posta elettronica a liste di diffusione con ogni tipo di “rivelazioni”. E alcuni danno a questo lo stesso valore che danno alla Parola di Dio. Questo Sinodo ha aiutato a sottolineare la differenza tra rivelazione privata (propria delle apparizioni) e la rivelazione pubblica, presente in Cristo, la Parola, nella Scrittura.

La preghiera è la risposta a Dio che oggi comunica con me, con noi, ora. Essendo un dialogo, una risposta di Dio deve portare necessariamente a un cambiamento di vita. In ogni dialogo deve cambiare la visione precedente, perché altrimenti non c’è dialogo, ma un monologo. E la preghiera è dialogo. Dio prende l’iniziativa. Per questo motivo, il metodo che è stato favorito dal Sinodo è la “Lectio divina”, la meditazione orante della Parola di Dio. Senza esagerare, è stata menzionata in aula circa 800 volte.

Volevo chiederle proprio questo. Perché si è parlato tanto della “Lectio divina”?

Ricardo Grzona: Perché le poche esperienze esistenti sono state del tutto trasformatrici per le comunità. Io sono testimone a livello personale di questo tra i giovani. Nei luoghi in cui siamo arrivati con il progetto “Lectionautas”, si sono riuniti per meditare le letture bibliche della liturgia della domenica e poi vediamo realmente come vogliono andare a celebrare la Parola che rimane tra noi con l’Eucaristia. La Parola non solo ci parla, ma ci alimenta.

La relazione tra Eucaristia e Parola della quale si è tanto parlato nel corso del Sinodo si scopre con la “Lectio divina”. Non è l’unico metodo, ma è uno dei principali per lavorare a una conoscenza vissuta della Bibbia.

In questo Sinodo si è verificato anche un avvenimento storico: è stato firmato un accordo di collaborazione tra le Società Bibliche Unite e la Federazione Biblica Cattolica.

Ricardo Grzona: E’ un accordo che avrà grande rilevanza per le persone. Dobbiamo ricordare che le società bibliche sono nate più di duecento anni fa in un mondo più protestante che cattolico, quando nella Chiesa cattolica c’erano alcune perplessità ad avere una Bibbia. Da sessant’anni, tuttavia, c’è stato un avvicinamento delle Società Bibliche Unite alla Santa Sede e c’è stata la presenza di Vescovi e altri rappresentanti cattolici in queste Società. Da un po’ di tempo le traduzioni in molti luoghi si fanno in forma interconfessionale.

Cosa significa?

Ricardo Grzona: Che biblisti cattolici, ortodossi e protestanti si mettono d’accordo perché la traduzione possa essere letta da tutti. Nel mondo ci sono più di 6.000 lingue riconosciute e la Bibbia è stata tradotta solo in poco più di 400.

Per questo, dobbiamo pensare a tutte quelle persone che non possono leggere la Scrittura nella propria lingua. Questo è ciò che cerca di promuovere l’accordo a cui faceva riferimento. Il settore originale delle Società Bibliche Unite è quello della traduzione e diffusione della Bibbia. Nel continente americano so che le Società Bibliche hanno più di sessanta progetti di traduzione. Un esempio: in un Paese come il Guatemala esistono 23 lingue ufficiali, riconosciute dallo Stato. Ci sono persone che comprendono molto poco lo spagnolo, che è la lingua più ufficiale.

Questo della traduzione e diffusione della Bibbia è un servizio di carità: è portare loro la Parola di Dio tradotta nella lingua del loro cuore, nella loro madrelingua. Sarebbe un grande segno di egoismo, come cristiani, non pensare ai nostri fratelli che parlano lingue minoritarie. E’ nostro dovere aiutare a tradurre la Parola nella lingua che capiscono.

In questo senso, nel tema della collaborazione con le comunità che normalmente chiamiamo “protestanti”, è stata molto importante la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, firmata il 31 ottobre 1999 in particolare grazie al lavoro del Cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Martin Lutero non ha mai pronunciato le parole che si dice abbia detto: la “sola Scrittura” non doveva essere riduzionista. Per questo motivo, in America questa Dichiarazione ha avuto forti ripercussioni, per la rappresentatività delle comunità della Riforma.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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