I laici siano annunciatori della Parola di Dio

Chiede un Arcivescovo brasiliano

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 14 ottobre 2008 (ZENIT.org).- L’Arcivescovo di Belo Horizonte (Brasile) ha difeso davanti al Sinodo dei Vescovi la possibilità che la Santa Sede promuova la missione dei laici come annunciatori della Parola di Dio.

Di fronte a “tante persone che hanno fame e sete di Dio e della sua Parola, mancano apostoli della Buona Novella di Cristo che possano andare incontro alle loro necessità”, ha affermato monsignor Walmor Oliveira de Azevedo nel suo intervento di questo martedì.

In un commento successivo alla “Radio Vaticana”, l’Arcivescovo – che è il responsabile per la dottrina della fede della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) – ha affermato che gli organi competenti della Santa Sede possono studiare il modo di dare ai laici questa nuova attribuzione.

Sarebbero “missioni, ministeri – come il Ministero della Parola, in funzione della catechesi, dei gruppi biblici e, soprattutto, della celebrazione della Parola – con una ufficialità, a livello normativo e rituale, così che possiamo coprire con una grande rete di ministri tutti gli spazi in cui si trovano le persone”, ha spiegato all’emittente pontificia.

Il presule ha affermato che questa è una possibilità da considerare specialmente nel contesto dell’avanzata delle sette in America Latina, fenomeno che rappresenta “un’enorme sfida”.

Nel suo intervento al Sinodo, ha citato il Documento di Aparecida (n. 225), in cui si osserva che molte persone abbandonano la Chiesa cattolica “non per ragioni dottrinali, ma di vita; non per motivi strettamente dogmatici, ma pastorali; non per problemi teologici, ma metodologici della nostra Chiesa”.

I contributi dell’assemblea del Sinodo devono sottolineare “la necessità di uno stretto legame tra il mistero celebrato e quello testimoniato, tra la Parola proclamata e ascoltata e la Parola ascoltata e fatta fruttificare”.

“Si noti che le persone che affollano le varie sette nei diversi contesti sono quasi sempre originarie del cattolicesimo”, ha esortato.

L’Arcivescovo ha notato che, passando alle sette, queste persone cambiano spesso il loro modo di comportarsi, assumendo “i degni comportamenti morali, abbandonando ciò che considerano indegno della loro nuova vita di credenti”.

“In questo modo, la Parola diventa performativa nella loro vita, alimenta la loro spiritualità e il loro ascolto per una testimonianza dei valori religiosi che ora interiorizzano”.

“Perché la performatività non li toccava quando erano cattolici?”, ha chiesto. “Cos’hanno scoperto in queste sette che non hanno trovato nella nostra comunità?”.

Ricordando che la Costituzione Dogmatica Dei Verbum (n. 22) afferma che i fedeli devono avere ampio accesso alla Sacra Scrittura, l’Arcivescovo ha auspicato che questo sia un obiettivo da raggiungere.

“I laici non devono essere semplicemente ricettori della Parola, ma suoi ascoltatori fedeli e anche preparati annunciatori”.

Con la lettura orante della Bibbia, ha aggiunto, “daremo una grande risposta missionaria nel nostro contesto e realizzeremo un cambiamento e una presenza significativa”.

Ciò, ha concluso, “non solo per affrontare o rispondere alle sfide di quanti lasciano la Chiesa, ma per dare una risposta al relativismo e ai problemi morali e, soprattutto, coscienza sociale e politica alla luce del Vangelo che troviamo nella Parola di Dio”.

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ZENIT Staff

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