CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 23 maggio 2008 (ZENIT.org).- Affidarsi completamente a Dio: è questo il compito principale delle Università cattoliche, indicato da Benedetto XVI questo venerdì ricevendo in udienza i partecipanti all’incontro sul tema: “L’identità e la missione di una Facoltà di Comunicazione nell’Università Cattolica. Uno sguardo al futuro delle comunicazioni insieme a tutta la Chiesa!”.

L'evento, promosso dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, è in svolgimento dal 22 al 24 maggio presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma.

Le Università cattoliche, ha osservato il Papa, devono offrire “un'accurata educazione a tutti, indipendentemente dalla razza, dalla condizione sociale o dal credo”.

L'identità dell'Università cattolica, afferma, “non è semplicemente una questione di numero di studenti cattolici; è soprattutto una questione di convinzione: si tratta cioè di credere veramente che solo nel mistero del Verbo fatto carne diventa chiaro il mistero dell’uomo”.

L’identità cattolica, quindi, risiede in primo luogo “nella decisione di affidare se stessi - intelletto e volontà, mente e cuore - a Dio” e nella consapevolezza di svolgere “un ruolo privilegiato non solo nella vita dei vostri studenti, ma anche nella missione delle vostre Chiese locali e dei loro Pastori per far conoscere la Buona Novella dell'amore di Dio a tutte le genti”.

Le varie forme di comunicazione e i loro diversi strumenti, ha proseguito il Papa, sono tutti “manifestazioni della fondamentale natura della persona umana”.

È infatti la comunicazione “che rivela la persona, che crea rapporti autentici e comunità, e che permette agli esseri umani di maturare in conoscenza, saggezza e amore”.

“La comunicazione, tuttavia, non è il semplice prodotto di un puro e fortuito caso o delle nostre umane capacità”, ha osservato; “alla luce del messaggio biblico, essa riflette piuttosto la nostra partecipazione al creativo, comunicativo ed unificante Amore trinitario che è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”.

Dio, infatti, “ci ha creati per essere uniti a Lui e ci ha dato il dono ed il compito della comunicazione, perché Egli vuole che noi otteniamo questa unione, non da soli, ma attraverso la nostra conoscenza, il nostro amore ed il nostro servizio a Lui e ai nostri fratelli e sorelle in un rapporto comunicativo e amorevole”.

Alla base di ogni seria riflessione “sulla natura e sullo scopo delle comunicazioni umane”, ha osservato Benedetto XVI nella parte del suo discorso pronunciata in inglese, deve esserci “un impegno con le questioni della verità”.

Un comunicatore, infatti, può cercare di “informare, educare, intrattenere, convincere, confortare”, ma “il valore ultimo di ogni comunicazione risiede nella sua veridicità”.

Alla luce di questo, il Papa ha esortato i presenti “a nutrire e ricompensare quella passione per la verità e la bontà che è sempre forte nei giovani”.

Parlando in francese, il Papa ha esortato a “dare maggiore attenzione ai programmi accademici nell'ambito dei media, nella fattispecie alle dimensioni etiche della comunicazione tra le persone, in un'epoca in cui il fenomeno della comunicazione occupa un posto sempre più importante in tutta la società”.

Per il Pontefice, l'informazione non deve mai essere affrontata come “un semplice esercizio tecnico” o “il mero desiderio di fornire dati”, rappresentando piuttosto “un invito a promuovere la verità nell'informazione e a far riflettere i nostri contemporanei sugli eventi”, per “essere educatori degli uomini d'oggi e costruire un mondo migliore”.

Allo stesso modo, ha ricordato, è necessario “promuovere la giustizia e la solidarietà” e “rispettare in ogni circostanza il valore e la dignità di ogni persona, che ha il diritto di non essere ferita in ciò che concerne la sua vita privata”.

Continuando il suo discorso in spagnolo, Benedetto XVI ha affermato che “sarebbe una tragedia per l'umanità se i nuovi strumenti di comunicazione, che permettono di condividere la conoscenza e le informazioni in modo più rapido ed efficace, non fossero accessibili a quanti sono emarginati a livello economico e sociale”.

Altrettanto grave, commenta, sarebbe l'ipotesi in cui “la tendenza globalizzante nel mondo delle comunicazioni indebolisse o eliminasse i costumi tradizionali e le culture locali, soprattutto quelle che sono riuscite a rafforzare i valori familiari e sociali, l'amore, la solidarietà e il rispetto per la vita”.

In questo contesto, il Papa ha espresso il suo apprezzamento per le comunità religiose che nonostante gli alti costi hanno aperto università cattoliche nei Paesi in via di sviluppo.

“I loro sforzi – ha concluso – assicureranno ai Paesi in cui si trovano il beneficio della collaborazione di uomini e donne giovani che ricevono una formazione professionale profonda, ispirata all'etica cristiana, che promuove l'educazione e l'insegnamento come un servizio a tutta la comunità”.