CITTA' DEL VATICANO, domenica, 4 maggio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ricevuti in udienza sabato mattina.

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Cari Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio,

Signore e Signori,

Sono lieto di avere l'occasione di incontrarvi mentre vi riunite nella quattordicesima sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Negli ultimi venti anni, l'Accademia ha offerto un contributo prezioso all'approfondimento e allo sviluppo della dottrina sociale della Chiesa e alla sua applicazione nelle aree del diritto, dell'economia, della politica e di varie altre scienze sociali. Ringrazio la professoressa Margaret Archer per le cortesi parole di saluto che mi ha rivolto ed esprimo sincero apprezzamento a tutti voi per l'impegno profuso nella ricerca, nel dialogo e nell'insegnamento affinché il Vangelo di Gesù Cristo possa continuare a fare luce sulle situazioni complesse di questo mondo in rapido mutamento.

Nella scelta del tema «Perseguire il bene comune: come solidarietà e sussidiarietà possono operare insieme» avete deciso di esaminare l'interrelazione fra quattro principi fondamentali della dottrina sociale cattolica: la dignità della persona umana, il bene comune, la sussidiarietà e la solidarietà (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 160-163). Queste realtà chiave, che emergono dal contatto diretto fra il Vangelo e le concrete circostanze sociali, costituiscono una base per individuare e affrontare gli imperativi dell'umanità all'alba del XXI secolo, come la riduzione delle ineguaglianze nella distribuzione dei beni, l'estensione delle opportunità di educazione, la promozione di una crescita e di uno sviluppo sostenibili e la tutela dell'ambiente.

In che modo la solidarietà e la sussidiarietà possono operare insieme nella ricerca del bene comune in un modo che non solo rispetti la dignità umana, ma le permetta anche di prosperare? Questo è il fulcro del problema che vi interessa. Come hanno già dimostrato i vostri dibattiti preliminari, una risposta soddisfacente potrà emergere solo dopo un attento esame del significato dei termini (cfr Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, capitolo 4). La dignità umana è un valore intrinseco della persona creata a immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo. L'insieme delle condizioni sociali che permettono alle persone di realizzarsi collettivamente e individualmente, è il bene comune. La solidarietà è la virtù che permette alla famiglia umana di condividere in pienezza il tesoro dei beni materiali e spirituali e la sussidiarietà è il coordinamento delle attività della società a sostegno della vita interna delle comunità locali.

Tuttavia, queste definizioni non sono che l'inizio e possono essere comprese adeguatamente solo se vengono collegate organicamente le une alle altre e considerate di sostegno reciproco. All'inizio possiamo tratteggiare le interconnessioni fra questi quattro principi ponendo la dignità della persona nel punto di intersezione di due assi, uno orizzontale, che rappresenta la «solidarietà» e la «sussidiarietà», e uno verticale, che rappresenta il «bene comune». Ciò crea un campo su cui possiamo tracciare i vari punti della dottrina sociale cattolica che formano il bene comune.

Sebbene questa analogia grafica ci offra un'immagine approssimativa di come questi principi siano imprescindibili gli uni dagli altri e necessariamente interconnessi, sappiamo che la realtà è più complessa. Infatti, le profondità insondabili della persona umana e la meravigliosa capacità dell'umanità di comunione spirituale, realtà queste pienamente dischiuse solo attraverso la rivelazione divina, superano di molto la possibilità di rappresentazione schematica. In ogni caso, la solidarietà che unisce la famiglia umana e i livelli di sussidiarietà che la rafforzano dal di dentro devono essere posti sempre entro l'orizzonte della vita misteriosa del Dio Uno e Trino (cfr Gv 5, 26; 6, 57), in cui percepiamo un amore ineffabile condiviso da persone uguali, sebbene distinte (cfr Summa Theologiae, I, q. 42).

Amici, vi invito a permettere a questa verità fondamentale di permeare le vostre riflessioni: non solo nel senso che i principi di solidarietà e di sussidiarietà sono indubbiamente arricchiti dal nostro credere nella Trinità, ma in particolare nel senso che tali principi hanno la potenzialità di porre uomini e donne lungo il cammino che conduce alla scoperta del loro destino ultimo e soprannaturale. La naturale inclinazione umana a vivere in comunità è confermata e trasformata dalla «unità dello Spirito» che Dio ha conferito alle sue figlie e ai suoi figli adottivi (cfr Ef 4, 3; 1 Pt 3, 8). Di conseguenza, la responsabilità dei cristiani di operare per la pace e per la giustizia e il loro impegno irrevocabile per il bene comune sono inseparabili dalla loro missione di proclamare il dono della vita eterna, alla quale Dio ha chiamato ogni uomo e ogni donna.

A questo proposito, la tranquillitas ordinis di cui parla sant'Agostino si riferisce a «tutte le cose», sia alla «pace civile», che è «concordia fra i cittadini», sia alla «pace della città celeste» che è «godimento armonioso e ordinato di Dio, e reciproco in Dio» (De Civitate Dei, XIX, 13). Gli occhi della fede ci permettono di vedere che le città terrena e celeste si compenetrano e sono intrinsecamente ordinate l'una all'altra in quanto appartengono entrambe a Dio, il Padre, che è «al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4, 6). Al contempo, la fede evidenzia maggiormente la legittima autonomia delle realtà terrene che hanno ricevuto «la propria stabilità, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine» (Gaudium et spes, n. 36).

Quindi, siate certi che i vostri dibattiti saranno al servizio di tutte le persone di buona volontà e contemporaneamente ispireranno i cristiani a compiere con maggiore prontezza il loro dovere di migliorare la solidarietà con i propri concittadini e fra di loro e ad agire basandosi sul principio di solidarietà, promuovendo la vita familiare, le associazioni di volontariato, l'iniziativa privata e l'ordine pubblico che facilita il corretto funzionamento delle comunità basilari della società (cfr Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 187).

Quando esaminiamo i principi di solidarietà e di sussidiarietà alla luce del Vangelo, comprendiamo che non sono semplicemente «orizzontali»: entrambi possiedono un'essenziale dimensione verticale. Gesù ci esorta a fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi (cfr Lc 6, 31), ad amare il nostro prossimo come noi stessi (cfr Mt 22, 35). Questi comandamenti sono iscritti dal Creatore nella natura stessa umana (cfr Deus caritas est, n. 31). Gesù insegna che questo amore ci esorta a dedicare la nostra vita al bene degli altri (cfr Gv 15, 12-13). In questo senso la solidarietà autentica, sebbene cominci con il riconoscimento del pari valore dell'altro, si compie solo quando metto volontariamente la mia vita al servizio dell'altro (cfr Ef 6, 21). Questa è la dimensione «verticale» della solidarietà: sono spinto a farmi meno dell'altro per soddisfare le sue necessità (cfr Gv 13, 14-15), proprio come Gesù «si è umiliato» per permettere agli uomini e alle donne di partecipare alla sua vita divina con il Padre e lo Spirito (cfr Fil 2, 8; Mt 23, 12).

Parimenti, la sussidiarietà, che incoraggia uomini e donne a instaurare liberamente rapporti donatori di vita con quanti sono loro più vicini e dai quali sono più direttamente dipendenti, e che esige dalle più alte autorità il rispetto di tali rapporti, manifesta una dimensione «verticale» rivolta al Creatore dell'ordine sociale (cfr Rm 12, 16, 18). Una società che onora il principio di sussidiarietà libera le persone dal senso di sconforto e di disperazione, garantendo loro la libertà di impegnarsi reciprocamente nelle sfere del commercio, della politica e della cultura (cfr Quadragesimo anno, n. 80). Quando i responsabili del bene comune rispettano il naturale desiderio umano di autogoverno basato sulla sussidiarietà lasciano spazio alla responsabilità e all'iniziativa individuali, ma, soprattutto, lasciano spazio all'amore (cfr Rm 13, 8; Deus caritas est, n. 28), che resta sempre la «via migliore di tutte» (1Cor 12, 31).

Nel rivelare l'amore del Padre, Gesù ci ha insegnato non solo come vivere da fratelli e sorelle qui, sulla terra, ma anche che egli stesso è la via verso la comunione perfetta fra noi e con Dio nel mondo che verrà, poiché è per mezzo di Lui che «possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito» (cfr Ef 2, 18). Mentre vi adoperate per elaborare modi in cui uomini e donne possano promuovere al meglio il bene comune, vi incoraggio a sondare le dimensioni «verticale» e «orizzontale» della solidarietà e della sussidiarietà. In tal modo, potrete proporre modalità più efficaci per risolvere i molteplici problemi che affliggono l'umanità alla soglia del terzo millennio, testimoniando anche il primato dell'amore, che trascende e realizza la giustizia in quanto orienta l'umanità verso la vita autentica di Dio (cfr Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2004). Con questi sentimenti, vi assicuro delle mie preghiere e estendo di cuore la mia Benedizione Apostolica a voi e ai vostri cari quale pegno di pace e di gioia nel Signore Risorto.

[Traduzione a cura de L'Osservatore Romano]