Discorso di Benedetto XVI ai Vescovi della Conferenza Episcopale Ungherese

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 11 maggio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questo sabato ricevendo i Vescovi della Conferenza Episcopale d’Ungheria, a Roma per la loro visita quinquennale “ad Limina Apostolorum“.

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Cari e venerati Fratelli nell’Episcopato!

Con grande gioia accolgo tutti voi, Pastori della Chiesa che è in Ungheria, in occasione della vostra Visita ad limina Apostolorum. Vi saluto con affetto e sono grato al Cardinale Péter Erdő per le parole che mi ha rivolto a nome dell’intera Conferenza Episcopale. Oltre a manifestarmi i vostri sentimenti fraterni, di cui vi ringrazio cordialmente, egli ha con chiarezza tratteggiato le caratteristiche salienti della Comunità cattolica e della società nel vostro Paese, riassumendo quanto in questi giorni ho avuto modo di recepire negli incontri con ciascuno di voi. Così, cari Fratelli, il popolo a voi affidato è ora spiritualmente dinanzi a noi, con le sue gioie e i suoi progetti, i suoi dolori, i suoi problemi e le sue speranze. E noi anzitutto preghiamo perché, per intercessione dei Santi Pietro e Paolo, i fedeli possano trovare la forza, anche con l’aiuto di questa Sede Apostolica che presiede alla carità, di perseverare nel loro cammino verso la pienezza del Regno di Dio.

Purtroppo il lungo periodo del regime comunista ha segnato pesantemente la popolazione ungherese, così che ancora adesso se ne notano le conseguenze: in particolare, viene rilevata in molti una certa difficoltà a fidarsi degli altri, tipica di chi ha vissuto a lungo in un clima di sospetto. Il senso di insicurezza è poi accentuato dalla difficile congiuntura economica, che uno sconsiderato consumismo non contribuisce a migliorare. Le persone, compresi i cattolici, risentono in genere di quella “debolezza” di pensiero e di volontà che è assai comune nei nostri tempi. Come voi stessi avete osservato, è oggi spesso difficile impostare un serio approfondimento teologico e spirituale, perché sono non di rado carenti, da una parte, la preparazione intellettuale e, dall’altra, il riferimento oggettivo alle verità della fede. In questo contesto la Chiesa dev’essere certamente maestra, ma mostrandosi sempre e prima di tutto madre, così da favorire la crescita della reciproca fiducia e la promozione della speranza.

La prima realtà che purtroppo fa le spese della diffusa secolarizzazione è la famiglia, che anche in Ungheria attraversa una grave crisi. Ne sono sintomi la notevole diminuzione del numero dei matrimoni e l’impressionante aumento dei divorzi, molto spesso anche precoci. Si moltiplicano le cosiddette “coppie di fatto”. Giustamente voi avere criticato il pubblico riconoscimento delle unioni omosessuali, perché contrario non solo all’insegnamento della Chiesa ma alla stessa Costituzione Ungherese. Tale situazione, unita alla carenza di sussidi per le famiglie numerose, ha portato ad un drastico calo delle nascite, reso ancor più drammatico dalla diffusa pratica dell’aborto. Naturalmente la crisi della famiglia costituisce un’enorme sfida per la Chiesa. Sono in questione la fedeltà coniugale e, più in generale, i valori su cui si fonda la società. E’ evidente perciò che, dopo la famiglia, a risentire di questa difficoltà sono i giovani. Nelle città essi sono attratti da nuove forme di divertimento e nei villaggi sono spesso abbandonati a se stessi. Esprimo pertanto il mio più vivo apprezzamento per le molteplici iniziative che la Chiesa promuove, pur con i mezzi limitati di cui dispone, per animare il mondo dei giovani, con momenti di formazione e di amicizia che stimolino la loro responsabilità. Penso ad esempio all’attività dei cori, che si inserisce nel lodevole impegno delle parrocchie per incentivare la diffusione della musica sacra. Sempre nella prospettiva dell’attenzione alle nuove generazioni, è lodevole il sostegno che offrite alla scuola cattolica, in particolare all’Università Cattolica di Budapest, che auspico sappia sempre custodire e sviluppare la sua identità originaria. Incoraggio a proseguire gli sforzi per la pastorale scolastica e universitaria, come pure, più in generale, per l’evangelizzazione della cultura, che ai nostri giorni si avvale anche dei mezzi della comunicazione sociale, nel cui campo la vostra Chiesa ha fatto ultimamente significativi progressi.

Venerati Fratelli, per tenere viva la fede del popolo voi giustamente cercate di valorizzare e aggiornare iniziative tradizionali, quali i pellegrinaggi e le espressioni di devozione ai Santi ungheresi, in particolare a Santa Elisabetta, a Sant’Emerico e, naturalmente, a Santo Stefano. A proposito di pellegrinaggi, mentre apprezzo il perdurare della consuetudine del pellegrinare alla Sede di Pietro (significativamente, nella Basilica dell’Apostolo esiste una suggestiva Cappella Ungherese), ho appreso con piacere che sono sempre più frequenti i pellegrinaggi a Mariazell, Częstochowa, Lourdes, Fatima, e al nuovo Santuario della Divina Misericordia a Cracovia, dove la vostra Conferenza Episcopale ha pure eretto recentemente una “Cappella Ungherese”. Nel XX secolo non sono mancati nella vostra Comunità eroici testimoni della fede: vi esorto a custodire la loro memoria, affinché le sofferenze da essi affrontate con spirito cristiano continuino ad essere di stimolo al coraggio e alla fedeltà dei credenti e di quanti si impegnano per la verità e la giustizia.

C’è un’altra preoccupazione che condivido con voi: la mancanza di sacerdoti e il conseguente sovraccarico di lavoro pastorale per gli attuali ministri della Chiesa. E’ un problema che si riscontra in molti Paesi d’Europa. Occorre tuttavia far sì che i sacerdoti alimentino adeguatamente la propria vita spirituale, affinché, malgrado le difficoltà e il lavoro pressante, non smarriscano il centro della loro esistenza e del loro ministero e, di conseguenza, sappiano discernere l’essenziale dal secondario, individuando le giuste priorità nell’agire quotidiano. E’ doveroso ribadire che la gioiosa adesione a Cristo, testimoniata dal sacerdote in mezzo ai suoi fedeli, resta lo stimolo più efficace per risvegliare nei giovani la sensibilità per l’eventuale chiamata di Dio. In particolare, è fondamentale che i sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza siano praticati con la massima assiduità e devozione anzitutto dagli stessi sacerdoti e siano poi da loro amministrati con generosità ai fedeli. Indispensabile è altresì l’esercizio della fraternità presbiterale, per evitare ogni pericoloso isolamento. Ugualmente importante è incoraggiare positivi e rispettosi rapporti tra i presbiteri e i fedeli laici, secondo l’insegnamento del Decreto conciliare Presbyterorum ordinis. Anche le relazioni tra il clero e i religiosi, già buone, meritano di essere ulteriormente incrementate. A tal proposito desidero rivolgere il mio incoraggiamento alle Congregazioni religiose femminili, che con umile discrezione svolgono preziose attività in mezzo ai più poveri.

Venerati Fratelli, nonostante la secolarizzazione, la Chiesa Cattolica rimane per moltissimi ungheresi la Comunità religiosa di appartenenza o, per lo meno, un significativo punto di riferimento. E’ perciò quanto mai auspicabile che i rapporti con le Autorità statali siano caratterizzati da rispettosa collaborazione, grazie anche agli Accordi bilaterali, sul cui corretto adempimento veglia un’apposita Commissione Paritetica. Ciò non mancherà di recare beneficio all’intera società ungherese, in particolare nel campo dell’istruzione e della cultura. E poiché la Chiesa, grazie al suo impegno nelle scuole e nel servizio sociale, reca un notevole contributo alla comunità civile, come non auspicare che le sue attività siano sostenute dalle pubbliche Istituzioni, a vantaggio soprattutto dei ceti sociali meno abbienti? Da parte ecclesiale, nonostante le difficoltà economiche generali dell’attuale momento, non verrà meno l’impegno a servizio di chi si trova in situazioni di bisogno.

Venerati Fratelli, come infine non dire che l’unità che
vi caratterizza nel seguire gli insegnamenti della Chiesa è per me motivo di serenità e di conforto? Possa essa sempre mantenersi e svilupparsi! Mi compiaccio inoltre perché ultimamente avete incrementato i contatti con le Conferenze Episcopali dei Paesi vicini, soprattutto con la Slovacchia e la Romania, dove c’è una presenza di minoranze ungheresi. Plaudo di cuore a questa linea d’azione, animata da sincero spirito evangelico e al tempo stesso da saggia preoccupazione per l’armoniosa convivenza. Le tensioni non sono certo facili da superare, ma la strada intrapresa dalla Chiesa è giusta e promettente. Per questo e per ogni altra vostra iniziativa pastorale assicuro il mio sostegno; in particolare, penso in questo momento all'”Anno della Bibbia”, che molto opportunamente avete promosso nel 2008, in accordo con la prossima Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Questa è anche per voi un’ottima occasione per approfondire i già buoni rapporti con i fratelli cristiani delle altre confessioni. Nel rendere grazie a Dio per la sua costante assistenza, invoco su voi e sul vostro ministero la materna protezione di Maria Santissima. Da parte mia vi accompagno con la preghiera, mentre con affetto vi imparto la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle vostre comunità diocesane e all’intera Nazione ungherese.

[© Copyright 2008 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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