Essere cristiano in terra islamica

Intervista a padre Luis Montes

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ALESSANDRIA, mercoledì, 9 maggio 2007 (ZENIT.org).- La fede non si impone, si propone, e viverla in contesti minoritari come in Medio Oriente è “uno stimolo enorme”.

E’ quanto ha affermato a ZENIT padre Luis Montes, provinciale dell’IVE (Istituto del Verbo Incarnato) in Medio Oriente (Provincia “Nuestra Señora del Destierro”), che vive attualmente in Egitto.

La Famiglia Religiosa del Verbo Incarnato è stata fondata dal padre Carlos Buela V.E., in Argentina. Ha missionari in 5 continenti, ed è composta di due rami: uno maschile (l’Istituto del Verbo Incarnato) e uno femminile (l’Istituto Serve del Signore e della Vergine di Matará).

Voi avete missionari in Palestina, Israele, Giordania, Egitto, Tunisia, Etiopia e Sudan. Qual è la vostra impressione sul vivere in Paesi in cui il Cristianesimo è minoritario rispetto all’Islam?

P. Montes: Cristo ci ha inviato in tutto il mondo a predicare il Vangelo. Questo mandato di Nostro Signore non esclude nessun popolo e nessun angolo del mondo. Vivere in un luogo dove il Cristianesimo è una minoranza ci dà modo di toccare con mano la necessità di predicare il Vangelo. È uno stimolo enorme per sforzarci a essere più fedeli alla nostra missione.

Cosa vi induce a dare priorità all’ecumenismo e al dialogo interreligioso?

P. Montes: La fede non può nascere con la forza, ma deve essere proposta. Questo significa che, da un lato, dobbiamo essere rispettosi della coscienza personale di ciascuno e, dall’altro, che abbiamo il dovere di mostrare al mondo il dono gratuito che abbiamo ricevuto perché anche altri possano riceverlo.

Il dialogo interreligioso fa parte della missione perenne della Chiesa e ha come finalità ben precisa la promozione della giustizia, la pace e una migliore comprensione tra gli uomini appartenenti alle diverse religioni.

Si deve creare un clima di comprensione perché la verità possa emergere senza ostacoli, perché, come insegnava Giovanni Paolo II, la verità non si impone se non con la forza della stessa verità.

L’ecumenismo ha due fondamenti biblici saldissimi: “Diventeranno un solo gregge e un solo pastore” e “siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”. La ferita nell’unità è contraria alla volontà di Cristo ed è ostacolo alla predicazione del Vangelo.

Non possiamo che impegnare tutte le nostre forze per lavorare in questi due ambiti che Giovanni Paolo II considerava “priorità della Chiesa per il Terzo Millennio”.

In che misura le opere socio-caritative costituiscono un mezzo privilegiato, nei Paesi musulmani, per la predicazione del Vangelo?

P. Montes: La libertà religiosa nei Paesi islamici è molto ristretta. Neanche in quelli che chiamiamo “Paesi islamici moderati” abbiamo una libertà piena per la predicazione. E in altri Paesi le restrizioni sono molto forti e la persecuzione è continua. La testimonianza della carità apre porte che altrimenti rimarrebbero chiuse.

La carità di Cristo salverà il mondo e le opere di misericordia ne danno una testimonianza eloquente.

In Egitto portate avanti opere in zone marginali e avete anche missioni con bambini di famiglie benestanti, in gran parte musulmane. Qual è la sua valutazione di questi apostolati?

P. Montes: L’aiuto ai più bisognosi è essenziale, come abbiamo accennato prima. Ma non bisogna cadere nella dialettica.

Poter arrivare a coloro che saranno i futuri dirigenti del mondo arabo è di grande importanza per il dialogo interreligioso e per frenare il fondamentalismo. Le scuole cattoliche hanno fatto un lavoro importante in questo senso e noi vogliamo aggiungere il nostro granello di sabbia.

Qual è la missione del Centro “Unus Dominus” ad Alessandria?

P. Montes: Il centro è stato istituito di recente ed è lì che abbiamo iniziato con la formazione all’ecumenismo e al dialogo interreligioso dei nostri missionari (www.dialogoreligioso.org). Molte sono le attività programmate: corsi, conferenze, lezioni, viaggi culturali e religiosi, incontri, ecc.

Purtroppo vi è una cattiva comprensione dell’ecumenismo e ciò produce in molti cattolici una grande confusione. L’incomprensione che esiste sul Magistero della Chiesa è preoccupante. Pensiamo per esempio alla contrapposizione che si fa persino in ambienti ecclesiastici tra la “Ut Unum Sint” e la “Dominus Iesus”.

Nascono vocazioni in questi Paesi di missione?

P. Montes: Dio sceglie chi vuole, quando vuole e dove vuole. In Egitto Dio ci ha benedetti con abbondanti vocazioni: tra seminaristi minori, aspiranti, novizie e novizi, sorelle, fratelli e seminaristi abbiamo 80 giovani arabi che hanno lasciato tutto per seguire Cristo povero, casto e obbediente. E questo in un Paese che ha soltanto 200.000 cattolici! Possiamo dire che sono stati 10 anni molto fruttuosi.

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ZENIT Staff

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