CASTEL GANDOLFO, martedì, 26 settembre 2006 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questa domenica da Benedetto XVI ad introduzione della preghiera mariana dell’Angelus, recitata con i fedeli ed i pellegrini radunatisi nella residenza pontificia di Castel Gandolfo.
* * *
Cari fratelli e sorelle,
nel Vangelo di questa Domenica, Gesù annuncia per la seconda volta ai discepoli la sua passione, morte e risurrezione (cfr Mc 9,30-31). L’evangelista Marco mette in risalto il forte contrasto tra la sua mentalità e quella dei dodici Apostoli, che non solo non comprendono le parole del Maestro e rifiutano nettamente l’idea che Egli vada incontro alla morte (cfr Mc 8,32), ma discutono su chi tra loro si debba considerare “il più grande” (cfr Mc 9,34). Gesù spiega ad essi con pazienza la sua logica, la logica dell’amore che si fa servizio fino al dono di sé: “Se uno vuol essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti” (Mc 9,35).
Questa è la logica del Cristianesimo, che risponde alla verità dell’uomo creato a immagine di Dio, ma al tempo stesso contrasta con il suo egoismo, conseguenza del peccato originale. Ogni persona umana è attratta dall’amore – che ultimamente è Dio stesso – ma spesso sbaglia nei modi concreti di amare, e così da una tendenza all’origine positiva, inquinata però dal peccato, possono derivare intenzioni e azioni cattive. Lo ricorda, nella liturgia odierna, anche la Lettera di san Giacomo: “Dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. La sapienza che viene dall’alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia”. E l’Apostolo conclude: “Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace” (3,16-18). Queste parole fanno pensare alla testimonianza di tanti cristiani che, con umiltà e nel silenzio, spendono la vita al servizio degli altri a causa del Signore Gesù, operando concretamente come servi dell’amore e perciò “artigiani” di pace. Ad alcuni è chiesta talora la suprema testimonianza del sangue, come è accaduto pochi giorni fa anche alla religiosa italiana Suor Leonella Sgorbati, caduta vittima della violenza. Questa suora, che da molti anni serviva i poveri e i piccoli in Somalia, è morta pronunciando la parola “perdono”: ecco la più autentica testimonianza cristiana, segno pacifico di contraddizione che dimostra la vittoria dell’amore sull’odio e sul male.
Non c’è dubbio che seguire Cristo è difficile, ma, come Egli dice, solo chi perde la propria vita per causa sua e del Vangelo la salverà (cfr Mc 8,35), dando senso pieno alla propria esistenza. Non esiste altra strada per essere suoi discepoli, non c’è altra strada per testimoniare il suo amore e tendere alla perfezione evangelica. Ci aiuti Maria, che quest’oggi invochiamo come Beata Vergine della Mercede, ad aprire sempre più il nostro cuore all’amore di Dio, mistero di gioia e di santità.
[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]
Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Monasterolo e Palizzi, come pure le associazioni “Insieme per crescere” e “Nuovi Castelli Romani”. A tutti auguro una buona domenica.