Con grande meraviglia monsignor Martinelli, che dal 1987 è anche Rettore del Collegio Ecclesiastico Internazionale San Carlo e Primicerio della Basilica di San Carlo al Corso (www.sancarlo.pcn.net), ha constatato che più di 800.000 schede sono state prese dalle persone che sono entrate nella Basilica.

Conscia di questa situazione, Antonia Salzano, Presidente dell’Istituto e delle Edizioni San Clemente I Papa e Martire (www.istitutosanclemente.it) ha voluto raccogliere le 33 schede in un CD, ora in vendita presso le librerie cattoliche con il titolo “Catechesi Dialogica su argomenti di attualità”.

Considerando la qualità, la competenza e l’utilità di queste schede catechistiche, ZENIT ha deciso di pubblicarne una ogni giovedì.

Il tema affrontato questa settimana è: “Come i cristiani si impegnano in politica?”.

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Come sono state, lungo i secoli, le relazioni tra cristiani e politica?

• Le relazioni tra politica e cristiani, tra Stato e Chiesa hanno conosciuto, lungo i secoli e nei diversi paesi, una complessa evoluzione sia a livello dei principi sia a livello delle attuazioni pratiche.
• Il modo di concepire e di realizzare tali relazioni tiene conto dei diversi contesti storici, sociali ed ecclesiali.
• La mia riflessione, qui di seguito esplicitata, si fonda in particolare sui documenti ecclesiali di questi ultimi 50 anni, e soprattutto su: Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II, il Catechismo della Chiesa Cattolica, il Codice di Diritto Canonico, il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa.

Secondo la fede cristiana, quale scopo ha la politica?

La politica, intesa come molteplice e varia azione economica-sociale-legislativa-amministrativa-culturale, deve:
• Nei confronti della persona e della società civile:
- tutelare e promuovere i diritti fondamentali e inalienabili della persona, la dignità e l’uguaglianza di tutti i cittadini
- svolgere i suoi compiti come servizio alle persone e alla società
- promuovere i valori fondamentali e utilizzare i mezzi giusti e idonei per realizzare il bene comune, la giustizia e la pace
- utilizzare le virtù naturali, così bene descritte dall’antichità greca, e cioè le quattro virtù cardinali: la prudenza, la giustizia, la fortezza, la temperanza.

• Nei confronti del potere pubblico:
- usare mezzi onesti per conquistare, mantenere e aumentare tale potere
- esercitare con imparzialità e democrazia il mandato ricevuto dai cittadini
- favorire l’informazione e la partecipazione democratica dei cittadini rispettando il principio della solidarietà soprattutto verso i più poveri
- attuare una limpida trasparenza nella personale e pubblica amministrazione, con uso onesto del pubblico denaro
- salvaguardare in giusto modo i diritti dell’opposizione.

• Nei confronti dell’ umanità:
- promuovere la solidarietà, il benessere e la pace di tutti i popoli
- comporre gli eventuali conflitti col dialogo
- realizzare e consolidare un ordine internazionale, nel rispetto di quei principi che ispirano un ordinamento giuridico in armonia con l’ordine morale
- realizzare il bene comune.

Quali sono le esigenze del bene comune?

• Il bene comune “si concretizza nell’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani, nelle famiglie e nelle associazioni il conseguimento più pieno e più rapido della loro perfezione” (GS 26).
• Il bene comune:
- è “bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo”(Christifideles laici, n.42)
- esige “che siano rese accessibili all’uomo tutte quelle cose che sono necessarie a condurre una vita veramente umana” (GS 26)
- ha a che fare con una concezione integrale dell’uomo e del suo sviluppo, secondo tutta la ricchezza delle sue articolazioni
- comporta l’impegno di tutti e ciascuno, seppure con diversità e complementarietà di forme, di compiti e di responsabilità. Ricerca “il bene di tutti e di ciascuno, perchè tutti siano veramente responsabili di tutti” (Sollecitudo rei socialis, n.38). Il bene comune delle persone non si può realizzare indipendentemente dal bene comune delle comunità alle quali le persone appartengono
- comprende anche la dimensione economica, pur non esaurendosi in essa.

Quando una società è autenticamente democratica, secondo la concezione cristiana?

• Quando la società è fondata su uno Stato legittimamente costituito, ove sovrana è la legge e non la volontà arbitraria degli uomini. Tale Stato richiede:
- libere e universali elezioni
- retta concezione della dignità della persona umana e una tutela dei suoi diritti
- coerente visione e attuazione del bene comune, come fine e criterio regolatore della vita politica
- partecipazione diffusa e corresponsabilità, a vari livelli e secondo le rispettive capacità, di tutti i cittadini
- rispetto per la propria e altrui autonomia politica, culturale, economica, religiosa.

• In una società democratica, il soggetto dell’autorità politica è il popolo, considerato nella sua totalità di detentore della sovranità. La comunità politica è costituita per essere al servizio della società civile, dalla quale deriva, e in ultima analisi quindi delle persone e dei gruppi che la compongono. All’autorità politica spetta pertanto:
- garantire la vita ordinata e retta della comunità, promovendo il bene comune
- rispettare il principio di sussidiarietà, e cioè non deve sostituirsi alla libera attività dei singoli e dei gruppi, ma piuttosto disciplinarli e sostenerli in caso di necessità
- lasciarsi guidare dall’ordine morale, “il quale si fonda in Dio, che ne è il primo principio e l’ultimo fine” (Giovanni XXIII, Pacem in terris, n. 270). Proprio da questo ordine l’autorità trae la propria legittimità morale e la virtù di emettere obblighi, non dall’arbitrio o dalla volontà di potenza
- riconoscere, rispettare e promuovere i valori umani e morali essenziali
- emanare leggi giuste, cioè conformi alla dignità della persona umana e ai dettami della retta ragione. Pertanto il cittadino non è obbligato in coscienza a seguire le prescrizioni delle autorità civili se sono contrarie alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo
- comminare pene proporzionate alla gravità dei delitti, e finalizzate a riparare il disordine introdotto dalla colpa, garantire l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone, contribuire alla correzione e al recupero personale e sociale del colpevole.

In quale modo la Chiesa è impegnata in politica?

• La Chiesa, in quanto tale, non s’impegna, non si identifica, non si confonde, non è legata a nessun sistema o partito politico: rispetta e promuove la sana e giusta laicità dello Stato.
• La Chiesa non propone concrete decisioni da prendere, programmi da attuare, campagne politiche da condurre, persone da votare. Tutte queste realtà sono “cose tecniche per le quali il Magistero non possiede i mezzi proporzionati nè missione alcuna” (Pio XI, Quadragesimo anno). “La Chiesa rispetta la legittima autonomia dell’ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l’una o l’altra soluzione istituzionale o costituzionale” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 47).
• La Chiesa e la comunità politica, pur esprimendosi ambedue con strutture organizzative visibili, sono di natura diversa sia per la loro configurazione sia per le finalità che perseguono.
• È ben vero che le finalità della Chiesa e dello Stato sono di ordine diverso e che ambedue sono società perfette, dotate quindi di mezzi propri, e sono indipendenti nella rispettiva sfera di azione. Ma è anche vero che l’una e l’altra agiscono a beneficio di un soggetto comune: l’uomo. La loro separazione non esclude la loro collaborazione. “La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane” (GS 76).
• La Chiesa, proprio perché a servizio di ogni persona e della crescita integrale della persona può e deve :
- evangelizzare l’ordine politico (politico qui inteso nel suo più alto valore sapienziale)
- avere il riconoscimento giuridico della propria identità e realizzare forme stabili di rapporti e strumenti (ad es. concordati) idonei a garantire relazioni armoniche
- giudicare i comportamenti politici in quanto hanno una dimensione etica. Essa dunque rivendica la libertà di esprimere il suo giudizio morale su ogni realtà umana ogniqualvolta ciò sia richiesto dalla difesa dei diritti fondamentali della persona o dalla salvezza delle anime
- aiutare i laici, attraverso i Pastori, a formarsi una retta coscienza cristiana e ad animare cristianamente le realtà temporali (compito questo che scaturisce nativamente, per i laici, dal loro essere battezzati e cresimati)
- istruire e illuminare, come è suo proprio compito, la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all’impegno nella vita politica, perché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune.

Quali doveri ha il cristiano nei riguardi della politica?

Ogni cristiano:
• ha il dovere-diritto di interessarsi e di impegnarsi, secondo le proprie possibilità e capacità, nella politica per promuovere una società a servizio della persona, principio-centro-fine di ogni sua azione nella luce del Vangelo. Dalla persona umana scaturisce tale diritto di prendere parte attiva alla vita pubblica e addurre un apporto personale all’attuazione del bene comune.
• non disprezza o non considera irrilevante l’attività politica, ma invece la ritiene fondamentale per il perseguimento del bene comune, e sostiene pertanto l’attenzione e la convinta partecipazione di ogni cittadino, compreso l’esercizio del voto
• agisce a nome proprio (e non della Chiesa in quanto tale) nelle sue opzioni politiche, e nello stesso tempo:
- offre una coerente testimonianza cristiana
- rispetta la legittima molteplicità delle opzioni temporali
- ricerca e promuove, in determinate situazioni, l’unità politica dei cristiani, a salvaguardia di particolari valori e per il bene comune

• sa distinguere tra impegno politico e scelta partitica. Se i principi etici sono assoluti e immutabili, l’azione partitica, che pure deve ispirarsi ai principi etici, non consiste di per sé nella realizzazione immediata dei principi etici assoluti, ma nella realizzazione del bene comune concretamente possibile nel quadro di un ordinamento democratico. Nel fare ciò non è mai possibile ammettere un male morale. In concreto, tuttavia, può accadere che, quando non sia possibile ottenere di più, proprio in forza del principio della ricerca del miglior bene comune concretamente possibile, si debba o sia opportuno accettare un bene minore o tollerare un male minore rispetto a un male maggiore
• non aderisce né appoggia forze politiche e sociali che si oppongano o non prestino sufficiente attenzione ai principi e ai contenuti qualificanti della dottrina sociale della Chiesa
• evita i peccati di astensionismo, di rifugio nel privato, di delega in bianco.

Secondo quali criteri il cristiano sceglie un partito?

Nello scegliere e nel votare un partito, il cristiano compie una seria valutazione morale:
• circa la comunità nazionale e internazionale: valuta il complesso dei beni materiali, morali, spirituali che le animano e le dirigono
• circa il partito: esamina se i programmi-fini-mezzi-scelte operative di quel partito sono coerenti con il Vangelo. Non tutto infatti è compatibile con la Fede. Nello stesso tempo, occorre ricordare che il cristianesimo è un messaggio religioso e, in quanto tale, rivolto a tutti gli uomini indistintamente. E’ capace pertanto di ispirare programmi diversi, scelte concrete, che possono essere diverse eppure tutte ugualmente coerenti con la medesima ispirazione ideale
• circa i candidati da votare: valuta la loro onestà, competenza politica e professionale, capacità di dialogare con tutti, la loro testimonianza cristiana nella vita personale, familiare, professionale, sociale.

Quali sono i requisiti per il cristiano eletto in un partito?

Un cristiano, eletto in un partito, deve avere i seguenti requisiti:
• rispetto e promozione dei cardini dottrinali cristiani, in particolare dei principi della dottrina sociale cristiana
• esercizio del mandato, ricevuto democraticamente, come servizio alla società come servizio di tutto l’uomo e di ogni uomo, e come esercizio della carità: la carità, come virtù teologale, può e deve investire anche la politica con la propria forza di illuminazione, con la propria energia di dedicazione, con la propria capacità di servire e amare tutto l’uomo e tutti gli uomini
• corretta concezione della vita sociale e politica che egli è chiamato a servire
• deontologia professionale e competenza specifica nella gestione degli affari pubblici
• formazione ed educazione civile e politica permanente
• esercizio delle virtù che favoriscono l’impegno politico come servizio (integrità morale, lealtà, sincerità, pazienza, modestia, moderazione…)
• distacco dall’interesse e dal prestigio personale: il cristiano che fa politica deve agire con disinteresse, cercando non l’utilità propria, né del proprio gruppo o partito, ma il bene di tutti e di ciascuno
• ascolto delle sane e giuste esigenze del popolo prima, durante e dopo le elezioni
• onestà cristiana nella sua vita personale, familiare, sociale: tra “vita buona” e “buon governo” c’è un nesso inscindibile.

Quale deve essere il comportamento del Clero nei riguardi della politica?

I sacerdoti:
• non utilizzano la loro posizione e la loro missione nella Chiesa per appoggiare un qualunque partito, essendo super partes, a servizio di tutti e promovendo il bene di ciascuno e di tutti
• non possono essere eletti in alcun partito, a meno che ‘in circostanze concrete ed eccezionali, lo esiga il bene della comunità’ (Codice di Diritto Canonico, n. 280)
• offrono il proprio contributo costruttivo e coerente nel campo ‘pre-politico’ e politico (non partitico), annunciando i valori fondamentali della persona e del Vangelo e offrendo indirizzi e orientamenti riguardanti i valori ai quali si deve ispirare l’attività socio-politica
• promuovono buoni rapporti con le amministrazioni politiche in aperta e cordiale collaborazione per il bene dei cittadini, nella chiarezza dei ruoli e nel rispetto delle competenze specifiche, evitando posizioni di compromesso e accordi dai quali non risulta chiara la posizione autonoma della Chiesa
• si impegnano:
- a non mettere, durante il periodo elettorale, sedi e strutture (le parrocchie, gli istituti religiosi, le scuole cattoliche e le altre realtà ecclesiali) a disposizione delle iniziative di singoli partiti o formazioni politiche
- a non programmare, in vicinanza delle votazioni, iniziative di formazione, di riflessione, di preghiera e accompagnamento spirituale che coinvolgano persone già impegnate a livello sociale e politico e candidate in partiti.


Il Primicerio della Basilica dei SS.Ambrogio e Carlo in Roma
Mons. Raffaello Martinelli

NB Per approfondire l’argomento, si leggano i seguenti documenti pontifici:
* GIOVANNI XXIII:
- Mater et magistra, 1961
- Pacem in terris, 1963;
* CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes (GS), 1966, nn. 74-76;
* GIOVANNI PAOLO II:
- Sollecitudo rei socialis, 1988
- Evangelium vitae, 1995
- Centesimus annus, 1991;
* CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, nn. 1897-1901; 2212-2213; 2244-2246;
* CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 2002;
* PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2004, pp. 206-232.