Finanziamenti alla ricerca su staminali embrionali: necessario passare per le aule del Parlamento

L’appello dell’Associazione “Scienza & Vita”

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ROMA, martedì, 11 luglio 2006 (ZENIT.org).- In vista della votazione del VII Programma Quadro comunitario di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007 – 2013), l’Associazione “Scienza & Vita” ha chiesto che la materia venga prima discussa al Parlamento italiano.

In un comunicato inviato la scorsa settimana l’Associazione si è appellata a quanto richiesto dalla normativa vigente ed ha invitato a tenere in considerazione anche la ferma volontà espressa dal popolo italiano in occasione del referendum sulla Legge del 19 febbraio 2004, n. 40, sulla procreazione medicalmente assistita.

“Già a suo tempo – si legge nel comunicato –, nell’esprimere la propria contrarietà al ritiro dell’adesione dell’Italia alla ‘Dichiarazione etica’, tesa a precludere finanziamenti comunitari per progetti di ricerca utilizzanti cellule staminali embrionali, Scienza & Vita ha sottolineato che tale posizione riguardava sia il merito sia il metodo” (cfr. L’Associazione “Scienza e Vita”: scelta del Ministro Mussi, “gravemente lesiva della volontà popolare”).

Successivamente, Scienza & Vita ribadisce “che è inaccettabile la distruzione di embrioni umani per il prelievo di cellule staminali a fronte anche di risultati positivi provenienti solo dalla sperimentazione con cellule staminali adulte e da sangue di cordone ombelicale”.

Per quanto riguarda il metodo, invece, l’Associazione sottolinea che “una materia così delicata merita un preliminare e esauriente dibattito in Parlamento, tenendo presenti anche le mozioni ivi presentate”.

“Tra l’altro, la scelta – per mera iniziativa individuale – di ritiro dell’adesione dell’Italia alla ‘Dichiarazione etica’ contrasta con le regole che lo Stato italiano è tenuto a rispettare in quanto parte dell’ordinamento comunitario”, si legge di seguito.

“Queste regole – si spiega – si evincono dal complesso di norme operanti nell’ambito del diritto dell’Unione Europea e, in particolare, per quanto riguarda la fattispecie in questione, dalla Legge n. 11 del 4 febbraio 2005”.

Tale normativa, prosegue il comunicato, si prefigge di disciplinare “il processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell’Unione europea”, e di assicurare “l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, sulla base dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica”, con la previsione di iniziative concertate e il coinvolgimento decisionale delle Camere e del Governo.

“E’ evidente, invece, che trasparenza e partecipazione democratica sono mancate del tutto nella vicenda iniziata il 30 maggio a Bruxelles”, conclude poi la nota.

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ZENIT Staff

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