Tra le proposizioni del Sinodo, aprire il "lettorato" alle donne

Un “ministero” istituito, non “ordinato”

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di Anita S. Bourdin

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 27 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Tra le sue 55 proposizioni presentate a Benedetto XVI, il Sinodo dei Vescovi ha suggerito che il ministero non “ordinato” del lettorato si possa aprire alle donne.

Si tratta della proposizione numero 17, il cui titolo è “Ministero della parola e donne”, in cui si fa riferimento alle disposizioni date da Papa Paolo VI dopo il Concilio Vaticano II sui ministeri “istituiti”, non “ordinati”.

La proposizione dice: “I Padri sinodali riconoscono e incoraggiano il servizio dei laici nella trasmissione della fede. Le donne, in particolare, hanno su questo punto un ruolo indispensabile soprattutto nella famiglia e nella catechesi. Infatti, esse sanno suscitare l’ascolto della Parola, la relazione personale con Dio e comunicare il senso del perdono e della condivisione evangelica”.

“Si auspica che il ministero del lettorato sia aperto anche alle donne, in modo che nella comunità cristiana sia riconosciuto il loro ruolo di annunciatrici della Parola”, aggiungono i Padri sinodali.

Per essere approvata, una proposizione del Sinodo deve contare su almeno due terzi dei voti dei Padri sinodali.

Nella Chiesa cattolica i ministeri dell’accolito e del lettore non sono ministeri “ordinati”, a differenza del diaconato, del presbiterato e dell’episcopato. Si tratta di ministeri “istituiti” che ricevono i candidati al sacerdozio.

Dopo il Sinodo dell’Eucaristia, in alcuni Paesi, come in Italia, esistono donne che sono state istituite come “ministri straordinari” dell’Eucaristia per portare la Comunione ai malati, con un mandato ufficiale, dopo una formazione liturgica, teologica e pastorale adeguata.

Nel suo motu proprio “Ministeria Quaedam“, del 15 agosto 1972, Paolo VI ha riformato quelli che prima si chiamavano “ordini minori”, conservando solo il lettorato e l’accolitato.

Il Papa spiegava che non si tratta di “ordinazione”, ma di “istituzione”, spiegando il significato della parola “chierici”, attribuita soltanto a coloro che hanno ricevuto il diaconato.

“In tal modo risalterà anche meglio la distinzione fra chierici e laici, fra ciò che è proprio e riservato ai chierici e ciò che può essere affidato ai fedeli laici; così apparirà più chiaramente il loro vicendevole rapporto, in quanto il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo propri modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo”.

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ZENIT Staff

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