O'Malley: "Quando dovetti risollevare la diocesi di Boston dagli scandali degli abusi"

Ospite ieri nel Duomo di Milano, il porporato statunitense incontra i laici ambrosiani e racconta il periodo di “buio” della sua Chiesa, superato grazie ad un’opera di supporto delle vittime, controllo del clero e trasparenza finanziaria

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Era affollato ieri sera il Duomo di Milano: sacerdoti, diaconi e laici sono accorsi numerosi ad ascoltare il carismatico cardinale Sean Patrick O’Malley, cappuccino, arcivescovo di Boston, figura di spicco dell’episcopato statunitense nonché membro del C9 istituito dal Papa. Con il solito saio e il suo piglio ironico, il porporato ha svolto il secondo dei due incontri a Milano su invito del cardinale Angelo Scola, che tuttavia ieri era assente per gli impegni del Sinodo. 

In più di un’ora e mezzo, il cardinale – come riferito dal settimanale della Diocesi Ambrosiana – ha condiviso con i presenti i ricordi dei suoi inizi da vescovo e ha raccontato come la sua Diocesi sia rinata dal “buio” degli scandali di abusi sessuali. Momenti tremendi, questi, segnati da cause intentate alla Chiesa, da perdita della credibilità, ma anche da decisioni forti per “ripartire”. Come quella di risarcire le famiglie delle vittime attingendo alle casse dell’arcidiocesi.

“Il mio compito era di condurre la ricostruzione della Chiesa di Boston dopo gli scandali: negli ultimi otto anni mi sono impegnato in questo”, ha affermato O’Malley, succeduto nel gennaio 2002 al discusso cardinale Law. 

L’orrore per quei crimini ebbe infatti forte diffusione, colpendo l’opinione pubblica soprattutto “per il numero dei preti coinvolti” e perché “alcuni di questi avevano potuto continuare a esercitare il ministero”. Tante persone si allontanarono dalla Chiesa: “I cattolici hanno messo in dubbio la loro fede o hanno smesso di praticarla del tutto – ha spiegato l’arcivescovo – molti erano in imbarazzo per la loro appartenenza alla stessa Chiesa che aveva coperto gli abusi. Non sapevano cosa dire. Molte persone venivano derise per la loro fede cattolica dalla cultura contemporanea”.

La tenacia del cardinale tuttavia ha impedito il lento declino della Chiesa nella città americana. In primis il cappuccino ha voluto stare accanto alle vittime degli abusi e i loro parenti, sia attraverso contributi economici  che con la sua personale vicinanza. “È stato per me un privilegio – ha ricordato ieri in Duomo – e una fonte di grande umiltà incontrare centinaia di vittime di abusi e i loro amici. Alcuni dei momenti più toccanti sono stati quelli in cui ho incontrato le famiglie che hanno perso vittime di abusi per suicidi o per overdose”.

Gli abusi – ha proseguito – sono stati infatti un motivo di “non evangelizzazione” che poneva delle “priorità” a un Vescovo: “Avvicinarsi alle vittime aiutandole in ogni modo possibile, incontrare centinaia di loro e le famiglie per comprendere quanto coloro che sono stati abusati siano stati danneggiati. Pregare per il riposo delle anime di chi si era tolto la vita o è morto di overdose per questo, rimarrà sempre nella mia memoria, così come il desiderio di alcuni di perdonare i colpevoli”.

A ciò si sono aggiunte anche alcune iniziative ‘pratiche’, come l’istituzione di politiche per evitare il ripetersi di tali crimini, verifiche sui trascorsi e i costumi dei preti e, soprattutto, procedure affinché “nessuno che avesse abusato di bambini potesse esercitare il ministero”. Poi ci sono state “le scelte ad intra, tra sacerdoti”, a fronte di “uno degli aspetti più devastanti: la demoralizzazione del clero stesso”.

L’attenzione si è quindi concentrata sulla formazione permanente, sullo sviluppo della “regola di vita” e sull’approfondimento di cammini vocazionali e di spiritualità. Inoltre, ha raccontato O’Malley sono state istituite Canoniche regionali, “in modo che nessuno viva da solo, aiutandosi a vicenda”. Specifica da parte dell’arciescovo anche l’attenzione al Consiglio presbiterale, “in cui ciascun membro proviene da ognuno dei nostri 20 vicariati”.

Un processo di connessione tra il vertice ecclesiale e la “base”, quindi, che ha permesso al Consiglio di diventare “cassa di risonanza e strumento utile per le decisioni che dobbiamo affrontare in dilemmi”. Tra questi pure la situazione economica in “caduta libera”, per un disavanzo di oltre 15 milioni di dollari e un debito che era arrivato di oltre 30 milioni, con tremila cause legali per abusi.

“Abbiamo scelto la trasparenza finanziaria – ha detto il cardinale – ogni anno si pubblica sul sito della Diocesi bostoniana il bilancio di diverse centinaia di pagine e ciò ci ha guadagnato nuova fiducia da parte dei benefattori”.

Grazie a tutto questo, l’arcidiocesi di Boston è riuscita a rivedere la luce e superare le tante “sfide per l’evangelizzazione”. Oggi “è considerata una delle città più cattoliche del Paese” – ha detto il prelato –, seppur “vi è molta laicità, tanto che il 25% dei giovani afferma di non avere nessuna convinzione religiosa, credendo genericamente ancora in Dio, ma spesso definendosi ‘spirituali’”.

“Abbiamo bisogno di pregare e di amare – ha concluso O’Malley -. Questo, con le parole del Santo Curato d’Ars, è stato fin dall’inizio, è e continuerà a essere il mio messaggio per la diocesi di Boston, per la mia gente e i preti. Credo che solo così sia possibile continuare in quel cammino di speranza e rinascita che stiamo percorrendo da oltre dieci anni”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione